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Le tre aliquote e il campo dei miracoli

Di Rocco Artifoni il . L'analisi

Domenica 12 giugno, mentre la maggioranza degli italiani maggiorenni si recava alle urne per abrogare alcune leggi inique su acqua, energia e giustizia, il ministro dell’economia Tremonti a Levico Terme davanti ad una platea di sindacalisti della Cisl ha annunciato di avere pronta la riforma del fisco, ma che restava il problema di reperire gli 80 miliardi di euro necessari a coprire ogni anno i costi dovuti per gli interessi sul debito pubblico italiano. Tremonti nell’occasione è stato molto esplicito: «Non si può andare al bar a dire “da bere per tutti” e alla domanda chi paga rispondere pagate voi. Sono tentato di dire: vi faccio la riforma e voi mi trovate 80 miliardi».

Due giorni dopo, davanti all’assemblea di Confartigianato il Ministro Tremonti ha dichiarato di ritenere «giusto un sistema con 3 aliquote» Irpef (il 20, il 30 e il 40%). Dato che le attuali aliquote sui redditi delle persone vanno dal 23 al 43%, è evidente che si tratterebbe tendenzialmente di una diminuzione delle tasse per tutti. Il che significa che bisognerebbe trovare altre decine di miliardi per compensare la diminuzione delle entrate fiscali.  A quel punto il ministro Tremonti ha aggiunto: «Le aliquote più basse possibili sono il miglior investimento per ridurre l’evasione fiscale». Non è più logico e sicuro l’opposto? La riduzione dell’evasione fiscale è il miglior sistema per ridurre le aliquote. Combattere l’evasione fiscale è relativamente semplice: basterebbe rendere deducibili o detraibili tutte le spese (seppure con percentuali diversificate). Esattamente quello che è consentito fare alle imprese e che le persone possono fare soltanto in misura molto ridotta.

Lo stesso Tremonti dice che il prelievo fiscale «Può essere modificato in funzione di tre logiche fondamentali: i figli, il lavoro e i giovani». Quindi bisognerebbe aumentare le detrazioni o le possibilità di deduzioni per famiglie, giovani e lavoratori.  Ma l’aumento delle detrazioni implicherebbe un aumento delle aliquote, a parità di gettito. Invece, per  aumentare le detrazioni e contemporaneamente diminuire le aliquote bisognerebbe trovare altri soldi. È il caso di ricordare che recentemente dall’Europa ci è giunta la richiesta di trovare altri 40 miliardi, se vogliamo raggiungere il pareggio di bilancio nel 2014, che potrebbero rivelarsi insufficienti se aumentassero i tassi di interesse. Infine, il ministro Tremonti dovrebbe spiegare come sia possibile raggiungere il pareggio di bilancio se la pressione fiscale, pur avendo raggiunto il livello record del 43,5%, è nettamente inferiore alla spesa pubblica, che è oltre il 47% del Pil.

In altre parole noi italiani spendiamo più di quello che incassiamo, cerchiamo qualche benefattore che ci paghi gli interessi sul debito, aspettiamo qualche filantropo che ci aiuti a portare in pareggio il bilancio annuale e – già che ci siamo – vorremmo diminuire le tasse per tutti. Più che la metafora del bar usata dal ministro Tremonti, sembra adeguata quella del gatto e della volpe che sono riusciti a convincere Pinocchio dell’esistenza di un campo dei miracoli, dove il denaro si moltiplica per tutti quelli che ci credono …

Ritornando a Tremonti, stupisce come possa utilizzare il termine “giusto” in relazione al preannunciato progetto di riforma fiscale. Basta rileggere l’art. 53 della Costituzione per capire quanto sia improprio parlare di “giustizia” per un sistema di tassazione basato soltanto su 3 aliquote, mentre dovrebbe essere “informato a criteri di progressività”. Anche un alunno della scuola primaria può capire che più sono le aliquote più si concretizza il criterio della progressività. Giustizia è tener conto il più possibile delle diversità. Fare parti eguali tra diseguali è la più odiosa delle ingiustizie, diceva don Lorenzo Milani. Dubitiamo che il ministro Tremonti l’abbia letto.

Mentre Tremonti faceva queste dichiarazioni, la Banca d’Italia ci informava che il debito pubblico alla fine di aprile ha superato i 1.890 miliardi di euro (record assoluto). Non possiamo lasciare in eredità alle prossime generazioni una zavorra di oltre 30mila euro a testa. È da irresponsabili continuare per questa deriva. È urgente cambiare radicalmente prospettiva, applicando con coerenza e determinazione – anche nella politica economia e fiscale – la Costituzione. Persino Pinocchio al campo dei miracoli ci ha creduto per una sola notte.

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