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Omicidio Garofalo, la seconda udienza

Di Marika Demaria il . Calabria, Lombardia

«Signor giudice, noi siamo qui, oltre che per scagionare i nostri assistiti, per cercare la verità». Le parole della difesa stridono con i capi d’imputazione che, a vario titolo, riguardano i sei imputati: sequestro di persona, omicidio, dissolvimento nell’acido del cadavere di Lea Garofalo. Parole pronunciate venerdì 8 nel corso della seconda udienza per il processo della giovane donna che ha pagato con la vita la decisione di ribellarsi alla sua famiglia d’origine e al suo compagno Carlo Cosco. Un dibattimento nel corso del quale sono state esaminate le liste dei testimoni presentate dalla difesa, liste che sono state contestate in alcuni punti dal pm Marcello Tatangelo.

La parte più significativa riguarda il teste Salvatore Sorrentino il quale, recluso per spaccio di stupefacenti presso il carcere meneghino, aveva raccolto la confidenza-confessione di Massimo Sabatino, accusato di aver aggredito Lea Garofalo con l’intento di sequestrarla. Il fatto era avvenuto nel maggio 2009 a Campobasso, dove Carlo Cosco, ex compagno della donna, aveva affittato una casa asserendo che in questo modo la figlia Denise avrebbe avuto modo di concludere l’anno scolastico. Unico neo dell’appartamento: la lavatrice non funzionante. L’uomo aveva però già “premurosamente” allertato un “idraulico” affinché il giorno dopo si recasse presso l’appartamento per provvedere alla “riparazione”.

In realtà l’indomani arrivò Massimo Sabatino: l’obiettivo era di trascinare la donna con lui a viva forza per portarla in un luogo segreto e farle confessare ciò che aveva detto ai magistrati. Fu proprio Denise – che quella mattina non era andata a scuola – a salvare la madre, intervenendo durante l’aggressione. Lea Garofalo il 4 maggio 2009 denunciò il fatto ai Carabinieri certa che Sabatino fosse stato assoldato da Carlo Cosco. Nelle sue rimostranze il pm Tatangelo ha evidenziato che Salvatore Sorrentino «è già stato sentito nel corso dell’incidente probatorio e dunque non si comprende la volontà della difesa di volerlo riascoltare. Si tratterebbe di una replica della deposizione che abbiamo già acquisito agli atti».

Il rischio maggiore è dato dal fatto che Sorrentino è stato nel frattempo raggiunto da delle minacce di morte e dunque una sua seconda deposizione rischierebbe di essere inquinata da questa situazione. Di fatto, la Corte ha accolto l’accezione legale del pm Tatangelo e dunque Salvatore Sorrentino non sarà riascoltato. L’accusa ha identificato in Sabatino l’aggressore di quella mattina non solo attraverso la denuncia di Lea Garofalo, ma anche grazie ad un evidente segno di riconoscimento dell’imputato: un tatuaggio sul lato sinistro del collo che l’uomo sfoggia con orgoglio anche quando esce dall’aula e passa a fianco del pubblico presente. Peccato che alla vista di una troupe televisiva entrata in aula per riprendere l’udienza, questo pavoneggiarsi sia stato soffocato dalla rabbia di tutti gli imputati – Sabatino compreso –  che hanno chiesto di impedire che loro fossero ripresi. Prima della chiusura dibattimentale, la Corte ha dato disposizioni affinché un perito, entro 90 giorni  a partire da martedì 12, trascriva le intercettazioni ambientali registrate tra Sorrentino e Sabatino, i quali interloquivano fra loro in dialetto napoletano. Il processo per l’omicidio di Lea Garofalo riprenderà alle 9.30 del 20 settembre con le audizioni dei primi testi.

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