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Roma, la Dia sequestra beni per 20 milioni di euro

Di redazione il . Calabria, Lazio

Nuovo colpo alla ‘ndrangheta nella Capitale. Dall’alba di questa mattina gli uomini della Dia stanno portando a compimento il sequestro di beni per il valore di 20 milioni di euro. Tra questi l’Antico Caffè Chigi, nell’omonima piazza romana, e l’Adonis, holding del gruppo con sedi nei quartieri Parioli e Coppedè. Inoltre sono stati sequestrati 90 rapporti bancari, una villa con 29 stanze e un mega yacht. Il dispositivo è stato disposto dal Tribunale di Roma su richiesta della Procura antimafia della Capitale.

Dalle inchieste e dagli accertamenti patrimoniali condotti dalla Dia emergerebbe un giro di operazioni finanziarie per gestire il grande patrimonio riconducibile, a detta degli investigatori, ai Gallico di Palmi, in provincia di Reggio Calabria. Ad attirare gli investigatori la differenza tra quanto dichiarato e quanto effettivamente speso dagli esercizi commerciali posti sotto sequestro. Quella di oggi non è la prima operazione che interessa Roma e il suo circondario. Nel luglio del 2009 una vasta operazione condotta dal Gico della Guardia di Finanza e dallo Scico della Polizia ha portato al sequestro di oltre 200 milioni di euro di beni. Tra questi il famoso Cafè de Paris in via Veneto, simbolo della “Dolce vita” romana, finito nella disponibilità degli Alvaro di Cosoleto.

Roma e tutto il basso Lazio negli ultimi anni hanno visto consolidarsi la presenza delle organizzazioni criminali. Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra hanno di fatto penetrato il tessuto economico della regione. Lo dimostra il caso del Comune di Nettuno, in provincia di Roma, sciolto per infiltrazioni mafiose nel 2007, e il mancato scioglimento del Comune di Fondi, Latina, per mafia. Proprio Fondi, lo scorso anno, è stata teatro di una vasta operazione, coordinata dalla Dda di Napoli sulla presenza, stabile, delle tre mafie italiane nel Mercato ortofrutticolo. A Roma, invece, la presenza delle cosche è concentrata nel settore della ristorazione e in quello commerciale in generale. Scrivono gli investigatori della Dia che le ‘ndrine hanno interessi: «Verso i contesti economici ed imprenditoriali della Capitale e del Sud Pontino, attraverso l’acquisizione di imprese commerciali talvolta sfociate in gestioni quasi monopolistiche di taluni settori». Inoltre: «Gli interessi economici delle cosche si sono via via evoluti nella Capitale concentrandosi nel multiforme e diffuso settore commerciale della ristorazione».

Le cosche ‘ndranghetiste più attive in questi ambiti sono gli Alvaro, i Palamara, i Mancuso, i Bonavota e i Fiarè. E i Gallico di Palmi. «Gli investimenti – si legge ancora nella relazione della Dia – hanno consentito ai citati sodalizi di acquisire gli esercizi commerciali dissimulando l’origine dei capitali tramite sofisticate formule di pagamento diluite nel tempo e con alcune innovative tecniche finanziarie». Una mafia imprenditrice, quella calabrese, capace di muoversi con disinvoltura nel mondo della finanza e degli affari, imponendo il proprio dominio economico. Non solo in Calabria, ma anche nella Capitale, a due passi dai palazzi della politica. Una penetrazione, quella mafiosa, che necessita un risposta continua ed adeguata. 

gaetano liardo

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