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Ciao, «guerriero»

Di redazione il . Roberto

«Come mai ci sono tanti giovani oggi?» – chiede una signora bionda, vestita di nero con un mantello rosso, seduta nella seconda fila della sala del Consiglio comunale della Provincia di Roma dove  – nella mattinata di ieri  – è stata allestita la camera ardente per il nostro direttore, Roberto Morrione. «Sono i giovani che ha incontrato in tutta Italia, nelle scuole, nei dibattiti pubblici, per i quali si è battuto nelle redazioni centrali del Servizio pubblico» – rispondiamo, mentre intorno a noi la sala si prepara a dare l’ultimo saluto a Roberto Morrione. Sono le 13.30 e in tutta Italia i Tg  raccontano il XIX° anniversario della morte del giudice, Giovanni Falcone, ucciso da Cosa nostra a Capaci il 23 maggio del 1992. “Si faccia chiarezza sulle stragi”, l’aveva chiesto proprio Morrione, ripetutamente – con forza – in questi anni attraverso Libera informazione.   

 «Lo vedi quel ragazzo?» – continua la signora bionda della seconda fila  – indicandoci Walter Veltroni. «Aveva sedici anni, ed era per noi, il “ragazzo dei panini”. Ce li portava mentre facevamo dibattiti, riunioni del partito. Lui frequentava la sezione Mazzini, dove anche Roberto, già giornalista, si “appoggiava”, lavorando in Rai a pochi passi dalla sede».  Così mentre guardiamo la sala riempirsi velocemente, abbiamo la sensazione che con Roberto se ne stia andando un pezzo di storia di questo Paese. I compagni di scuola (dove fondò il primo giornalino) e quelli del Partito comunista. L’avventura in Rai, segnata da quell’inizio al fianco di Enzo Biagi. L’esperienza di capo cronista in tutte le testate giornalistiche della Rai. L’inchiesta che gli costò il posto al Tg1: quella sui finanziamenti della Cia alla loggia massonica  P2, condotta insieme al collega, Ennio Remondino. E poi ancora Rai International e l’intuizione illuminata del primo canale satellitare della Rai, una All news, con il vizio dell’inchiesta e dell’approfondimento: Rainwes24. L’impegno civile che ne ha contraddistinto tutte le stagioni lavorative. Infine Libera per realizzare l’Osservatorio Libera informazione.  

C’erano tutte le vite di Roberto, ieri alla cerimonia laica con la quale familiari (le due figlie Gaia e Irene e la straordinaria compagna di viaggio, Mara), i colleghi, gli amici di sempre, i compagni di quel Pci guidato da Berlinguer, ma anche tanti, tantissimi, semplici cittadini, hanno salutato, il “giornalista – giornalista” (come hanno sottolineato in molti), Roberto Morrione. «Mi hai lasciato la straordinarietà per sempre – ricorda la figlia, Gaia Morrione – io ti ringrazio per avermi insegnato a giocare in squadra, ad andare avanti, con il cuore alto e sempre aperto. E ancora una volta – continua Gaia – mi avresti detto: “Si fa quel che si deve, accada quel che può” E io farò così, sempre».  Sulla sua bara, adagiata, la bandiera della Pace arrivata da Perugia (dal nostro animatore di Libera e suo caro amico Walter)  e al centro, un disegno realizzato dalla nipote, Agata: una stella con i baffi.  

I colleghi e compagni di viaggio, tutti in fila, hanno salutato Roberto come lui avrebbe voluto: impegnandosi a continuare il suo lavoro. Come si stesse trattando di una riunione fatta insieme a Roberto per decidere il da farsi: i prossimi impegni con la Federazione nazionale della stampa, il direttivo dell’associazione Articolo 21 (ah, sappilo, Roberto, il 9 giugno hanno già scelto di ricordarti in una grande serata qui a Roma con tanto tempo a disposizione per parlare di te e con te ...) lo sportello antiquerele, per il quale s’era battuto tanto,  in difesa dei cronisti intimiditi da richieste milionarie per diffamazione.  Esponenti della politica, dell’informazione nel servizio pubblico, del sindacato e dell’associazionismo, hanno raccontato il “loro” Roberto, coordinati dall’amico e collega, Santo Della Volpe, giornalista del Tg3. 

Walter Veltroni ha ricordato i suoi esordi come cameraman nel partito, in una tv diretta da Roberto ma anche la comune militanza dentro quel Pci guidato da Enrico Berlinguer, quel radicamento a valori profondi e condivisi, quell’amore per la Rai, che per motivi diversi, li aveva sempre legati. Poi la campagna di comunicazione gestita per L’Ulivo guidato da Prodi nel ’96, l’ultima vera vittoria della sinistra nel Paese ebbe il contributo determinante di Morrione.  Poi la parola passa  al compagno di avventure, collega di “baffo” –  quel celebre baffo sotto il quale Roberto nascondeva timidamente sorrisi e approvazioni – Ennio Remondino. Ennio parla con Roberto, scherza con lui, come lui avrebbe ampiamente gradito: ricorda la loro avventura in Rai, al Tg1 «quella  confusione – sottolinea Remondino – caro Roberto, che riuscisti a fare con quel codice che avevamo deciso di usare per parlare di argomenti scottanti dei quali ci stavamo occupando. Adesso, caro mio amico, te lo devo dire: che casino, finimmo per non capirci per niente!!». Remondino strappa sorrisi profondi ai tanti presenti in sala, segno di una amicizia vera, silenziosa, radicata in un passato intenso e pieno di esperienze che li ha segnati profondamente. 
Poco dopo, la parola passa all’attuale direttore della Rai, Lorenza Lei, visibilmente emozionata ricorda i suoi esordi a Rai international e poi la lunga strada fatta insieme, anche negli anni in cui Roberto, per raggiunti limiti di età, aveva lasciato il Servizio pubblico. E’ anche nelle sue mani, oggi, il futuro dell’azienda Rai, quella stessa Rai cui Roberto ha dedicato la vita, incarnando in pieno, la missione del giornalista del Servizio pubblico – come ricordano i tanti colleghi intervenuti.  «Con la morte di Roberto – ricorda Roberto Natale, presidente della Fnsi – se ne va una parte non solo del mondo del giornalismo ma anche di questo Paese». Non solo un giornalista, un uomo per bene, onesto e dalla parte dei cittadini e della verità. «L’ultima volta che ci siamo visti  – continua – abbiamo parlato di tutti gli obiettivi da raggiungere, dei percorsi da portare avanti e  ci ha ricordato che dalle riunioni si esce sempre con degli impegni, così oggi da questa ultima riunione con lui vogliamo uscire con un impegno su tutti: continueremo a lavorare al fianco di Libera informazione».  

E poi Libera. Lorenzo Frigerio, coordinatore del progetto “Libera informazione” e Luigi Ciotti. Frigerio, fra le tante esperienze vissute insieme sin dalla nascita di Libera informazione, ricorda Roberto con un messaggio che si erano scambiati solo qualche mese prima, in un momento importante per la Fondazione. «L’impresa cui stiamo dedicando tanto della nostra vita è superiore ad ogni altra questione  – scriveva Roberto –  purché tutto sia condotto con rispetto, dignità e fiducia reciproca. Lo faremo spalla a spalla, come sempre e guardando in avanti. Secondo quella mia antica visione da “studi regolari” che ormai conosci bene e che in modo più prosaico e meno colto i biliardisti riassumono nel detto “calma e gesso». «Roberto era laico, ma da laico aveva la spiritualità – dice Luigi Ciotti –  il senso dell’infinito, di tutte le persone che s’impegnano per la giustizia. Lo avevano colpito quelle parole del giudice Livatino, ucciso dalla mafia: «alla fine della vita non ci sarà chiesto se siamo stati credenti ma se siamo stati credibili». Di lui mi porto dentro le cose costruite insieme, la sua generosa umanità, ma anche la grande dignità con cui ha affrontato la malattia, protetto dall’affetto di Mara e della sua famiglia».

A chiudere la “riunione” di questo gruppo di amici e colleghi con Roberto, Beppe Giulietti. Compagno di strada, come giornalista in Rai e al suo fianco in molte battaglie condotte all’interno del sindacato d
ei giornalisti. A lui lo legano tanti ricordi ma anche il futuro. Si, perchè l’intervento del portavoce di Articolo 21, di cui Roberto era fra i fondatori, è proiettato al futuro. A domani. In punta d’ironia, Giulietti, ci lascia alcune immagini di Roberto, alcuni episodi divertenti che raccontano di una vera e propria “squadra” che ha condotto battaglie lunghe e faticose senza mai perdere l’ottimismo e il sorriso. Entra a gamba tesa, Giulietti.  «Vorrei raccogliere subito la proposta arrivata dal collega Rossi: che la Rai si decida a fare una scuola di giornalismo d’inchiesta e la dedichi a Roberto. E’ una cosa del tutto naturale. Come – continua Giulietti –  quella di programmare subito una iniziativa per ricordare Roberto. Infine porteremo avanti l’impegno assunto con la Fnsi e e Libera sul versante da lui tracciato: Libera informazione».  

«Non si esce mai da una riunione senza precisi impegni» – dicevi. Così è stato anche per l’ultima riunione con te. Ciascuno con il suo compito, ancora come una grande squadra. Guardando in avanti, con ottimismo. Al lavoro e alla lotta, avresti detto. E ancora una volta: Faremo ciò che dobbiamo, accada quel che può.   

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