Bob, cronista di razza
“Come è andata l’iniziativa per l’apertura dello sportello a tutela dei giornalisti minacciati dalle mafie? Come andranno le prossime elezioni? Avete parlato con i ragazzi di Liberainformazione? Non lasciateli soli, fatemi sapere, e mi raccomando coraggio...”, con queste parole ci aveva salutato Roberto Morrione, detto Bob, quando, appena pochi giorni fa, eravamo andati a trovarlo in ospedale con Roberto Natale e Franco Siddi, il presidente ed il segretario della federazione della stampa, il suo sindacato.
Lo avevamo trovato stremato dalla lunga battaglia condotta contro il devastante tumore che aveva contrastato per anni, con la stessa determinazione e con la stessa grinta che avevano animato tutta la sua vita professionale, politica, civile. Per l’ennesima, volta, persino in questa ultima occasione, respirando a fatica, era stato lui a farci coraggio, a trasmetterci quella carica che non gli era mai mancata , tanto che veniva scherzosamente soprannominato “Il Samurai”, a significarne la forza interiore, ma anche la sua laica fede nell’etica della responsabilità e dell’impegno civile.
Roberto era un capoccione, un testardo, uno di quelli che non rinunciavano mai alle sue convinzioni profonde, che non era disposto a compromessi quando si trattava di difendere una dignità lesa, un principio violato, un notizia essenziale che non poteva e non doveva essere piegata all’interesse particolare.
Eppure Morrione era un uomo di parte, cresciuto nel PCI di Enrico Berlinguer, fiero della sua identità, ma proprio per questo, e non nonostante questo, aperto ad ogni novità, rispettoso delle identità altrui, capace di ascoltare i più lontani e di intrecciare amicizie indistruttibili anche con chi non condivideva le sue convinzione, anche per questo Veltroni, amico di sempre, lo aveva voluto come coordinatore della campagna elettorale del 1996.
Era tra quelli che credeva che ad un cronista, perchè Morrione è stato un cronista di razza, spettasse il compito di cercare la notizia, anzi di” cacciare la notizia”, di verificarla e poi di darla, a costo di scontentare amici e compagni.
Non a caso più di una volta si trovò a contrastare la Rai delle censure, delle omissioni, dei timori e della prudenza. Il suo cammino iniziò con Enzo Biagi e gli fu al fianco quando fu cacciato e mentre molti, troppi si piegavano al nuovo padrone e fingevano di non vedere.
Fu lui, con Ennio Remondino e con l’aiuto del direttore di allora del tg1 Nuccio Fava, a volere a tutti i costi la prima inchiesta sulla loggia P2, sul traffico d’armi, sui servizi deviati, e per quel servizio furono messi sotto accusa, vilipesi, oltraggiati, minacciati, ma avevano ragione loro, anche se nessuno si è mai scusato… Aveva ancora ragione lui, per fare solo un altro esempio, quando , divenuto direttore di Rainews, decise di acquistare da due giornalisti francesi l’ultima intervista al giudice Borsellino, quella nella quale il magistrato delineava il devastante quadro dei rapporti tra mafia e politica, quella vecchia e quella nascente del berlusconismo. Tentarono di bloccare la messa in onda dell’eccezionale documento, ma lui non accettò, per questo, subì un’altra campagna di tentata delegittimazione. Si scatenarono gli ascari di ogni colore, ma aveva ragione lui e avevano invece, torto i servi travestiti da giornalisti e da dirigenti della Rai, alcuni dei quali sono ancora in servizio permanente effettivo.
La storia di Morrione non è legata solo alla Rai, perchè quando andò in pensione, e alcuni si dimenticarono persino di salutarlo, decise di mettersi a disposizione di Don Ciotti e di Libera e realizzarono Libera informazione, una straordinaria redazione di ragazze e di ragazzi che è diventata il punto di riferimento per chi si batte contro le mafie, per chi crede nella legalità repubblicana, per chi non vuole piegarsi al triste spirito dei tempi. In pochi giorni il Morrione direttore si trasformò nell’animatore di mille iniziative, sempre pronto, persino quando era ormai piagato dalla malattia, a prendere la valigetta e a recarsi nel più sperduto borgo a parlare di libertà di informazione, di legalità, a promuovere azioni positive a dare voce a realtà cancellate ed oscurate; senza di lui non ci sarebbe stata neanche l’associazione articolo 21, della quale è stato non solo uno dei fondatori, ma una delle anime più autentiche e generose.
Noi Morrione lo vogliamo ricordare così e lunedì, nella sala della provincia di Roma, alle ore 14, quando lo ricorderemo, proporremo di dedicargli una iniziativa legata al giornalismo d’inchiesta, una borsa di studio dedicata ai giovani cronisti che vogliono onorare i fatti e raccontarli, e chiederemo alla Rai una sola cosa; di trasmettere i lavori che saranno scelti, di dare spazio alle inchieste di quei cronisti che sapranno, e non sarà facile raccogliere il testimone lasciato da Roberto Morrione..
Nel film ” Il giorno della Civetta” c’è la celebre distinzione tra uomini, ominicchi e quaquaraqua’, ecco Roberto Morrione era un uomo , una persona nel senso pieno della parola e di questi tempi ci sembra davvero l’omaggio più bello che gli si possa tributare.
Un abbraccio alle figlie a Gaia e Irene, e a Mara, la sua coraggiosa compagna che ha davvero condiviso, sino all’ultimo istante, le battaglie private e pubbliche di Bob.
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