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Calabria, maxi-sequestro della Dia

Di Gaetano Liardo il . Calabria

E’ accusato di essere collegato alle cosche Longo-Versace di Polistena, ma vanta anche legami di parentela con la cosca Ierinò di Gioiosa Jonica. Salvatore Domenico Tassone è incappato nuovamente nelle maglie della giustizia. Questa mattina la Dia, su disposizione del Tribunale di Reggio Calabria, ha sequestrato beni per il valore di 50 milioni di euro riconducibili all’imprenditore. In carcere dal 2007 Tassone è stato coinvolto, tra l’altro, nell’operazione “Arca” che ha messo in luce gli interessi della ‘ndrangheta sui lavori di ammodernamento della Salerno-Reggio Calabria, e per questo è stato condannato in primo grado a 8 anni e 3 mesi. Proprio dagli sviluppi di “Arca” il Tribunale del capoluogo dello Stretto ha emesso la decisione che ha portato ai sequestri di oggi.

Nel dispositivo si legge che: «La pericolosità qualificata del Tassone si è costantemente manifestata a partire dagli anni ’80 nell’essersi avvalso della finalità della cosca mafiosa di appartenenza per accaparrarsi il controllo delle attività inerenti la movimentazione dei materiali inerti». I Longo-Versace di Polistena, recentemente, sono stati colpiti dalle forze dell’ordine con l’operazione “Scacco Matto”, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria. Nell’ordinanza di custodia cautelare molti passaggi sono dedicati proprio alla figura di Tassone. I pm reggini lo considerano: «Coinvolto nell’attività d’infiltrazione e controllo di attività  economiche, di concessioni di autorizzazioni e di appalti pubblici, attraverso la società  COSTRUZIONI GENERALI, allo stesso di fatto riconducibile
». Società di cui Tassone non è titolare, ma che di fatto controlla e per questo motivo è stata oggetto del sequestro del patrimonio aziendale.

Il Commissariato di Polizia di Polistena in una nota del 2009, inserita agli atti dell’ordinanza “Scacco Matto”, parla di intestazione fittizia di beni, riferendosi alla “Costruzioni Generali”, alla “Edil Moviter” e alla “Facep”. Imprese i cui titolari sono i figli di Tassone, ma che – si legge nella nota – «Erano gestite dal Tassone Salvatore Domenico, socio ed  amministratore occulto, peraltro in posizione gestoria dominante (se non esclusiva)
». Un modo per eludere la legislazione antimafia per potere, quindi, partecipare alle gare di appalto. Un settore di notevole interesse per la ‘ndrangheta, a cui non fanno eccezione i Longo -Versace di Polistena. Anzi. Il boss Vincenzo Longo, capo dell’omonima famiglia, è considerato un vero e proprio imprenditore, che si serve di persone di fiducia per mettere la mani sulle ricche commesse pubbliche. I contatti telefonici tra Longo e Tassone sono continui. Tanto da far scrivere ai magistrati reggini che Tassone è: «Un imprenditore  “colluso” ed assolutamente intraneo al sodalizio».

Utile “strumento” in mano alla cosca per entrare nel business della Salerno-Reggio Calabria. In che modo? Aggiudicandosi appalti o subappalti, oppure, in modo ancora più subdolo, costringendo le imprese aggiudicatrici a rifornirsi dei materiali per le costruzioni da determinate ditte. Che è poi lo scenario delineato dall’inchiesta “Arca”. «Un controllo assoluto – scrivono i magistrati – ed una gestione  diretta dell’imponente appalto pubblico attraverso l’affidamento dei  lavori ad imprese “gradite” perché organiche alla cosca mafiosa  imperante in Polistena, lucrando così su forniture, noli ed assunzioni  di maestranze: in pratica un sistema ‘ndrangheta che è  diventata essa stessa imprenditrice, creando una vera e  propria situazione di monopolio». Il processo che ha avvelenato l’economia legale del Sud del nostro Paese e che, irrimediabilmente, si sta spostando anche al Nord.

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