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Mafia a Milano

Di Lorenzo Frigerio il . Lombardia, Recensioni

«Contrariamente a quel che si pensa, la zona della neutralità è meno ampia di una volta. Oggi la mafia ha a Milano più amici di prima. Ma anche più nemici. Si profila un aspro confronto civile, non guardie contro ladri, ma culture contro culture, ambienti sociali contro ambienti sociali. E in questo conflitto, il libro, come ogni libro ben informato e sorretto da autentica passione, può svolgere un importante ruolo di orientamento». Sono queste le lusinghiere parole con cui Nando dalla Chiesa chiude la sua introduzione al testo di Mario Portanova, Giampiero Rossi e Franco Stefanoni, intitolato “Mafia a Milano”.

Sicuramente il miglior viatico per l’assicurato successo di pubblico, l’indicazione sicura della strada da battere per arrivare alla sconfitta delle mafie: non solo repressione ma anche prevenzione, non solo processi ma soprattutto cultura. Il bel libro già edito nel 1996 – opera di tre giornalisti cresciuti alla scuola del mensile da combattimento “Società Civile” e uscito nel deserto editoriale e culturale che all’epoca accompagnava colpevolmente la presenza delle cosche al nord – viene riproposto ai lettori di oggi e di ieri non in una semplice riedizione aggiornata, ma in una ben più complessa riscrittura che offre spunti interessanti e approfondimenti degni di nota.

Il sottotitolo chiarisce l’equivoco di fondo al quale il dibattito sulla presenza delle mafie al nord è soggetto ancora oggi: “Sessant’anni di affari e delitti”. Il lasso temporale prescelto per la narrazione, infatti, sgombra il campo da ogni possibile distinguo sulla persistente presenza delle mafie in città e in regione. Prima ancora che nell’istituto del soggiorno obbligato – una scellerata scelta che si è rivelata essere anziché una cura per contrastare le mafie, un formidabile volano per il loro contagio delle regioni immuni – gli autori individuano nella forte attrattiva della metropoli una delle ragioni del loro arrivo, prima svoltosi in sordina poi esercitato platealmente. Un’attrattiva che, in termini di business e complicità, ha finito con il far maturare la piena consapevolezza negli uomini delle mafie, prime fra tutte la siciliana e la calabrese, delle enormi possibilità di crescita, anche lontano dai territori di origini. Joe Adonis, Gerlando Alberto, Giacomo Zagari: questi i pionieri criminali, al seguito dei quali le cosche hanno piantato solidi radici in città e in regione.

Gli anni dell’Anonima sequestri – la Lombardia è stata la regione più colpita dalla terribile piaga – segnati dalla presenza ingombrante di un boss come Luciano Liggio lasciano spazio ad una stagione frenetica, vissuta tra bische clandestine e il nuovo business della droga, dove i nomi più ricorrenti sono quelli di Francis “Faccia d’Angelo” Turatello e Angiolino Epaminonda, con il bel Renè Vallanzasca a fare da guastatore. Che fossero semplici gangsters o affiliati regolari delle cosche non importa più di tanto, perché furono comunque il comodo alibi per società e istituzioni che, nel silenzio colpevole, lasciarono che affari e mentalità criminali entrassero a contatto con loro e isolassero uomini come Giorgio Ambrosoli. Ricordare il coraggioso “eroe borghese” introduce la ricostruzione delle vicende dei banchieri delle cosche, Sindona e Calvi, al soldo di interessi criminali, come i “colletti bianchi” Monti e Virgilio: figure chiave finite nelle cronache e negli atti processuali e che segnano il degrado progressivo di economia e finanza in quella che è la piazza più importante d’Italia.

Gli autori seguono con dovizia di particolari le tante storie di boss e gregari per arrivare dal passato a raccontare anche del presente del nostro paese, con la strana storia di uno “stalliere” come Vittorio Mangano, uomo d’onore della famiglia di Porta Nuova a Palermo, finito al servizio dell’imprenditore rampante Berlusconi. I presunti rapporti mai chiariti dell’attuale primo ministro e del suo allora segretario, oggi senatore, Dell’Utri, finiscono sotto esame. Ampio spazio viene dedicato dai tre giornalisti al racconto di quartieri di Milano e di paesi dell’hinterland finiti sotto il controllo militare delle organizzazioni mafiosi: da Ponte Lambro allo Stadera, da Quarto Oggiaro a Bruzzano, da Corsico a Buccinasco. Analoga attenzione è poi riservata all’imponente attività di contrasto messa in campo da forze dell’ordine e da una magistratura sempre attenta e capace di lavorare in silenzio, per sferrare colpi mortali alle cosche. Dalla Duomo Connection all’ultima operazione Infinito, passando per le decine di maxiprocessi che si tennero nella metà degli anni Novanta e portarono alla sbarra quasi tremila mafiosi, ricavando condanne per la maggior parte di loro, i giudici di Milano hanno dimostrato di saper leggere affari e alleanze delle mafie, aggredendone anche gli ingenti patrimoni.

Il libro di Portanova, Rossi e Stefanoni dedica, in finale, un giusto riconoscimento alle tante associazioni, ai molti cittadini e ai non moltissimi rappresentanti istituzionali che, nel corso dei decenni, si sono battuti contro la violenza delle mafie. E non è un caso se è proprio in questa nuova consapevolezza collettiva che gli autori indicano il possibile rimedio contro la metastasi mafiosa. 

Mario Portanova, Giampiero Rossi, Franco Stefanoni
MAFIA A MILANO
Sessant’anni di affari e delitti
Melampo Editore, Milano 2011
pp. 496 € 18,50

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