Liste pulite, lavori in corso
Se ne continua a parlare ad ogni tornata elettorale. Ma di “liste pulite” nemmeno l’ombra. Anche queste elezioni amministrative si sono svolte con poca trasparenza e molti “impresentabili” giunti nelle liste dei partiti, che trasversalmente, ancora una volta, mostrano di non riuscire a fare pulizia al proprio interno. Anche la Commissione parlamentare antimafia, presieduta da Giuseppe Pisanu, in questi primi anni di attività, ha puntato più volte il dito contro gli “indegni” – come li chiamò in occasione delle ultime elezioni regionali, lo stesso Pisanu. All’epoca in ottemperanza al codice etico già fatto approvare nella passata legislatura dal presidente uscente, Francesco Forgione, da Palazzo San Macuto, Pisanu aveva dichiarato: «Dal lavoro dell’Antimafia sulle ultime elezioni amministrative emerge una certa disinvoltura nella formazione delle liste. Gremite di persone che non sono certe degne di rappresentare nessuno».
Anche di fronte alle ultime elezioni amministrative, la Commissione antimafia sta dando il via ad un lavoro che – in continuità con il precedente – porti avanti questa operazione “trasparenza” a partire dai piccoli Comuni, sino ai governi regionali e infine, al Parlamento. Oggi, poche ore dopo il voto, nella sua relazione sull’attività’ dell’organismo parlamentare relativa al 2009-2010, Pisanu apre alla “questione settentrionale” e afferma: «c’è un progressivo spostamento delle pratiche e degli interessi mafiosi ben oltre i confini del Mezzogiorno». Un fenomeno, quest’ultimo, non recente, «perché da almeno 40 anni le mafie hanno risalito la penisola ed hanno esteso via via i loro tentacoli in altri paesi europei e nel resto del mondo». Anche quello delle “liste pulite” continua a restare un monito inviato ai partiti che i partiti continuano, in larga parte, ad ignorare. Secondo una prima mappatura, infatti, anche queste elezioni si sono svolte all’ombra degli interessi politico – economici dei boss.
Secondo una prima stima, che verrà vagliata oggi in un primo incontro a Palazzo San Macuto, sarebbero un centinaio i candidati coinvolti in inchieste. Mentre sono una decina i candidati indagati o sotto processo per vicende di mafia. Alcuni parametri, in merito, ai requisiti dei candidati sono fissati dall’articolo 58 del Testo Unico degli Enti Locali (decreto legislativo 267/2000). Ma anche di fronte allo screenig messo in atto dalle prefetture, molti “impresentabili” sono ancora presenti. Un esempio su tutti, che incrocia le ultime cronache dalla Campania. Il 3 maggio scorso sono stati arrestati due candidati del Pdl al Consiglio Comunale Salvatore Camerlingo cugino del boss della camorra Salvatore Licciardi, accusato di detenzione di droga e di armi Armando Chiaro, coordinatore del Pdl di Quarto; secondo un collaboratore di giustizia sarebbe anche stato intestatario della casa dove ha svolto parte della latitanza in Spagna il boss Giuseppe Polverino. Chiaro si sarebbe recato da Polverino in Spagna mentre era latitante. E’ uno stretto collaboratore di Cesaro, Presidente della Provincia e coordinatore Provinciale del Pdl.
Rimaniamo sempre sulla cronaca e troviamo una situazione abbastanza delicata anche nelle fila del Partito democratico a Savona. Qui Roberto Drocchi candidato del Pd è stato arrestato il 12 maggio per corruzione e false fatturazioni, nell’inchiesta è coinvolto anche Fotia, ritenuto un possibile riciclatore o prestanome per conto di boss calabresi. Parenti, figli/e, cognomi noti e appoggi indiretti. Tante le “falle” del sistema attuale. Anche il codice etico rimane un passo indietro alla rapidità e la disinvoltura con la quale i clan ragionano, organizzano e infiltrano la politica locale.
Così si ritorna a parlare del “tema della responsabilità politica”, nel Pd come nel Pdl. Alla Commissione antimafia, dunque, il compito di portare avanti il lavoro di trasparenza verso il quale sono impegnati da tempo, fra gli altri, politici come Laura Garavini (Pd), Angela Napoli (Fli), Fabio Granata (Fli), Beppe Lumia (Pd).
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