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Gli impresentabili

Di Gianluca Ursini il . Calabria

«Di questo passo, non c’è futuro per la Calabria»; le parole di Angela Napoli, alla vigilia di una sessione della Commissione antimafia in San Macuto, sono improntate allo sconforto più assoluto. Le liste elettorali nel reggino sono stracolme di personaggi tangenziali alla politica ideale, gente da sottobosco affaristico, o a mezza via tra affari e politica, che più che “impresentabili”, come usa definire certe candidature il presidente della Commissione Beppe Pisanu, sono semplicemente “indecenti”, come ama ripetere il vicepresidente finiano Granata. Tra Reggio Calabria e la sua provincia, si leggono dei nomi che non avrebbe osato presentare nemmeno Cetto Laqualunque.

E dire che l’ex sindaco reggino da 300 milioni di debiti, eletto trionfalmente Governatore un anno or sono, Peppe Scopelliti, lo scorso 18 aprile alla presentazione delle liste, si era sbilanciato: «Presenteremo le nostre liste in prefettura; se per un malaugurato errore materiale, abbiamo candidato dei nomi impresentabili, casseremo senza mezzi termini la candidatura». Ahi, Governatore, che guaio prendere questi impegni. Soprattutto quando nel collegio della Locride si trova tuttora candidato un carcerato! E dal coordinamento provinciale Pdl tutto tace. Ma il signor Rocco Agostino è in manette da 17 giorni come politico venduto al clan Mazzaferro in quel di Giojosa Jonica, dove fungeva da assessore all’Ambiente. Non solo: se il candidato in appoggio a Giuseppe Raffa a presidente provinciale, Agostino, venisse eletto, nessuno ha intenzione di sospenderlo.

Riferisce ancora Angela Napoli: «C’è stato un dibattito acceso in Antimafia sul “caso Agostino” con il membro in Commissione del Pdl che ha invitato tutti a non dare giudizi affrettati e a non emettere nessun atto ufficiale del nostro organo di ammonimento, prima di un rinvio a giudizio». «Nel Pdl si è persa una ottima occasione con il caso Agostino – ribatte Laura Garavini, democrat in Antimafia – di assumere posizioni forti, chiare e impegnate sul terreno dell’inquinamento mafioso del voto. D’altronde, qualora venisse eletto il candidato carcerato, nel nostro Codice Etico e nelle leggi vigenti, non è prevista l’automatica decadenza; almeno, non prima di un giudizio definitivo. Come gruppo parlamentare Pd, abbiamo infatti proposto un disegno di legge che preveda la decadenza automatica per ogni politico sotto arresto, anche prima di un rinvio a giudizio o di una condanna in primo grado, che sono i criteri fissati nella legge Lazzati (approvata lo scorso anno, ma non applicata a questa tornata di amministrative)». Anche il Coordinatore Pdl per Reggio città metropolitana Luigi Tuccio aveva promesso un «codice etico molto rigido». Ma alla proposta della associazione “Reggio non tace” di un codice per non presentare candidati di familiari di mafiosi seppur mai inquisiti, o le cui posizioni al termine di una indagine siano state archiviate o siano risultati assolti, ha replicato: «No grazie, non c’è da fare i giacobini, il nostro Codice di autoregolamentazione basta e avanza».

E dire che pur se – ribadiamolo – i seguenti signori non sono indagati o condannati o rinviati a giudizio, i loro nomi dovrebbero far rizzare i peli. Gente come Tonino Serranò, candidato in provincia, filmato dai Carabinieri mentre prova una P38, sparando a un randagio, in compagnia di un killer del clan Serraino. Mai indagato però. Sempre in provincia, l’ex consigliere comunale di Scopelliti, il Pdl Michele Marcianò, amicone del boss latitante Cosimo Alvaro, che portò il Governatore a un pranzo di nozze con i prestanome dei clan De Stefano e Tegano, gli imprenditori Barbieri. C’è Roy Biasi, ex rinviato giudizio (poi assolto) per peculato. C’è Gaetano Rao in Rosarno, nipote del mammasantissima deceduto Don Peppino Pesce. Per Rao anche una denuncia per 416 bis nel 1983. Sempre in provincia col Pdl Enzo Sidari, ex assessore Turismo e Spettacoli di Fenice dello Stretto. Il politico che portò a Reggio Lele Mora, con la mediazione del boss Paolo Martino, uno che a 16 anni ne aveva già stirati tre a colpi di lupara, per poi diventare il referente dei De Stefano per la colonizzazione ‘ndranghetista della Lombardia.

E a proposito di Paolo Martino, arrestato a marzo con l’operazione “Redux Caposaldo”, in una intercettazione della Procura di Milano con la sorella suora e vicedirettrice in Roma di un ospedale della Curia, si scambiano parole carine su Alberto Sarra, vice di Scopelliti nel governo regionale. «Quello sta a cantà, e so guai pe tutti», riferisce la religiosa al fratello capomafia. «Io mi sono fatto 20 anni ‘i galera per ddu porcu di Sarra, e adesso la deve pagare», replica il boss. Uno a cui la giura un killer tanto spietato da essere diventato capocosca. E che se ne strafrega ampiamente, tanto da girare senza scorta, e continuare a dare ordini in seno al Governo Regionale. Chissà che ne pensa l’ex giornalista Francesco Pionati con la sua Alleanza di Centro, del fatto che Alberto Sarra abbia costruito da zero la sua lista per le comunali reggine? O che dire dei due nomi che capeggeranno nelle liste del Pdl e di ‘Scopelliti presidente’? Ad una, trionferà Demetrio Berna.

Certo; non è indagato. Mai stato condannato. E’ stato solo coinvolto nella inchiesta “mafia del Mattone” della procura antimafia nel 2007. L’inchiesta non è stata archiviata, ma Berna ha sempre querelato i giornalisti che tiravano fuori questa macchia sul curriculum del costruttore edile numero uno in città, nonché collettore numero uno di voti nei paesi di Cannavò e Mosorrofa, dove imperano le cosche Libri. Lui che è cresciuto gomito a gomito con don Pasquale Libri e con l’attuale reggente Chirico. E nella lista intitolata al Governatore ex sindaco, stravincerà l’avvocato Pasquale Morisani. Mai indagato, ma il suo nome è il secondo più citato nelle inchieste “Eremo”, “Pietra Storta” e “Pietra Storta 2”; dove il nome più citato è quello del boss Santo Crucitti, da un mese agli arresti, che con Morisani aveva un rito: andare a prendere il caffè delle tre ogni pomeriggio. Insieme.

In auto, chiacchierando come vecchi amici del più e del meno. Forse ha ragione Angela Napoli ad essere disperata. Finchè Candeloro Imbalzano, assessore uscente in Comune con Scopelliti e volato con lui in Regione come consigliere, può presentare il figlio Pasquale a raccogliere la sua stessa messe di voti per il Pdl. Peccato che i pentiti Iannò e Fracapane lo abbiano indicato 6 anni or sono come il loro collettore di voti preferito. Ma Iannò era capo locale a Gallico, sul Tirreno, mentre Imbalzano è una ruspa elettorale in quel di Pellaro, sullo Jonio. Non spargiamo veleni su questi galantuomini. Soprattutto se a raccogliere le confidenze dei boss pentiti era un magistrato come Francesco Mollace, di recente tirato in ballo da un pentito di mafia come colluso.

Peccato che Mollace avesse disposto indagini su mezzo Polo delle Libertà reggino nel 2005 per associazione mafiosa, arrivando fino ai sottosegretari. Ma tutto finì in primo grado, senza una condanna. Quindi, si riempiano le liste di nuovo.

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