Gela, operazione Tetragona
Una vasta operazione, coordinata dalla Dda nissena ed eseguita dagli uomini della polizia di stato di Gela, Caltanissetta, Varese e Genova, è stata conclusa ai danni di sessantatré affiliati ai gruppi di stidda e cosa nostra gelese. L’indagine “Tetragona”, durata tre anni, ha avuto quale obiettivo primario lo sradicamento dei pilastri economici innalzati da diversi esponenti della criminalità gelese in Lombardia e Liguria. I provvedimenti, firmati dal giudice delle indagini preliminari di Caltanissetta, hanno raggiunto non solo soggetti già detenuti, per alcuni dei quali stavano per scadere i termini di custodia, ma anche ventisette persone in libertà.
Al centro dell’attenzione degli investigatori, il business strutturato in alcune regioni settentrionali da presunte teste di ponte della mafia gelese. In manette, infatti, sono finiti alcuni dei presunti protagonisti del nuovo organigramma mafioso di Gela. In Lombardia, soprattutto nella provincia di Varese, gli affari sarebbero stati retti dall’imprenditore Rosario Vizzini, assai vicino a Crocifisso Rinzivillo, fratello del boss dell’omonima famiglia Antonio. Il vero affare del gruppo Rinzivillo, legato alla famiglia Madonia di Gela, stando al risultato delle indagini, sarebbe stato il traffico internazionale di droga.
Da Santo Domingo grossi quantitativi di cocaina giungevano in Italia, sulla piazza di Busto Arsizio e non solo, per essere poi smerciati in altre aree. Tra le basi operative del gruppo, anche Genova: nel capoluogo ligure i veri referenti dell’affare sarebbero stati Vincenzo Morso ed Emanuele Monachella, da anni trapiantati nel nord ovest. I profitti generati dal traffico di stupefacenti e dalle estorsioni, condotte, senza particolari distinzioni, a Gela come al nord, sarebbero stati investiti in diverse imprese, con in testa il settore dell’edilizia, ed in proprietà immobiliari.
Il tribunale di Varese, su indicazione del questore della stessa città, ha disposto il sequestro di proprietà immobiliari e quote societarie nella disponibilità di Salvatore Fiorito, Massimo Crocifisso Incorvaia, Fabio Nicastro, Crocifisso Rinzivillo, Nunzio Orazio Tallarita e Rosario Vizzini. Si tratta di strutture presenti nella provincia di Varese ma anche di una lussuosa villa romana nella disponibilità di Crocifisso Rinzivillo. L’operazione condotta dagli investigatori, inoltre, ha messo in luce un’estesa ragnatela fatta di quote azionarie in diverse aziende edili.
Già in marzo, sia Rosario Vizzini che Fabio Nicastro erano stati fermati dagli uomini della squadra mobile di Varese perché accusati di aver costituito un gruppo in grado di porre sotto scacco, attraverso minacce, attentati incendiari ed estorsioni, molti imprenditori del varesotto.
Ma gli interessi delle famiglie non trascuravano neanche Gela: gli uomini della polizia di stato hanno bloccato Angelo Camiolo, un dipendente comunale, ritenuto il contatto fra il gruppo Emmanuello e la burocrazia interna al municipio della città nissena. Proprio il dipendente comunale, infatti, avrebbe sistematicamente inoltrato informazioni riservate agli affiliati sugli appalti più importanti banditi dall’ente, incaricandosi di riscuotere il pizzo imposto alle società appaltatrici.
Neanche i familiari dei detenuti sarebbero mai state abbandonate: parte dei guadagni incassati dall’organizzazione sarebbero stati trasferiti a copertura delle spese legali.
Stando agli investigatori, l’indagine è stata possibile anche a seguito delle denunce presentate da più di dieci imprenditori gelesi costantemente sottoposti a ricatti e delle dichiarazioni rilasciate da importanti collaboratori di giustizia, fino a poco tempo fa ai vertici delle famiglie Rinzivillo ed Emmanuello. Quello che emerge dall’indagine “Tetragona” è l’ennesimo spaccato di una mafia gelese capace di operare non solo all’interno dei classici mercati illegali ma anche di quelli leciti, approfittando di capitali mai in crisi.
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