La bandiera, la Costituzione, i referendum
Cari amici,
non so se ve ne siete accorti: è successo che, almeno a Milano (ma immagino anche altrove), parte di coloro che avevano esposto il tricolore il 17 marzo lo hanno lasciato esposto anche dopo e fino ad oggi. Altri, che lo avevano ritirato, guardandosi intorno hanno percepito una sorta di passaparola silenzioso e lo hanno esposto di nuovo. L’ho fatto anch’io. Altri ancora, sempre guardandosi attorno, hanno registrato una certa coazione a emulare… e così ne è spuntato fuori uno qui, uno là, uno lì eccetera… Nella mia strada – che è piuttosto corta – ne sono spuntati fuori due in più solo nell’ultima settimana. Io ne ho visto anche uno, che pendeva da un terrazzo a mo’ di bavaglino, con scritto “w la Costituzione” sulla fascia bianca.
Evidentemente è stato un segnale. E’ stato ed è un appello alla difesa della Costituzione della Repubblica e di tutto ciò che essa rappresenta in termini di Stato di diritto e dignità del Paese; è stato ed è il segnale di una volontà precisa di non lasciare solo Giorgio Napolitano nella difesa della legalità repubblicana così spesso ferita. Ed è stato anche una premonizione di quello che sarebbe successo ieri e l’altro ieri. Proporrei di rendere esplicito questo passaparola. Esponiamo il tricolore come simbolo di questo nuovo patriottismo costituzionale.
E lasciamo che rimanga esposto il 29 e 30 maggio, giorni di ballottaggio, il 2 giugno, festa della Repubblica, e poi il 12 e 13 giugno, giorni di votazione dei referendum. Un’altra cosa: i referendum dovremo pubblicizzarli noi, perché pare che il Governo farà di tutto perché i cittadini non vengano informati e il quorum non venga raggiunto.
* Ex magistrato, si è occupato per molti anni di criminalità mafiosa e di criminalità economica. Insegna tecniche dell’investigazione all’Università Cattolica di Milano. Il suo libro più recente è “Il caffè di Sindona” (Garzanti, 2009) scritto con Gianni Simoni.
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