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Salento: Operazione “Coriolano”

Di Antonio Nicola Pezzuto il . Puglia

Operazione “Coriolano” nel Salento. Estorsioni, armi, droga e molto probabilmente anche soldi falsi grazie alle amicizie con la Camorra. Tanto è stato appurato dall’ indagine dei carabinieri che ha portato all’arresto di nove persone. Dietro le sbarre sono finiti i presunti componenti di un’organizzazione pronta a fare il salto di qualità e che ormai aveva creato una rete commerciale per la vendita di cocaina e marijuana. Il clan malavitoso aveva anche studiato una strategia del terrore per estorcere denaro ai commercianti di Corigliano, mirando ad estendersi fino a Maglie, Cutrofiano, Melpignano, Sogliano, senza trascurare Galatina e Galatone.  A far saltare i progetti del gruppo criminale il blitz dei carabinieri della Compagnia di Maglie comandata dal maggiore Andrea Azzolini. Gli arresti sono stati eseguiti su ordine del giudice delle indagini preliminari Ines Casciaro alla quale erano stati chiesti dal sostituto procuratore Giuseppe Capoccia.

Tra gli arrestati spicca il nome di Leonardo Costa, 48 anni, di Corigliano, ritenuto dagli investigatori il capo del gruppo, ex sorvegliato speciale antimafia e ritenuto vicino alla Scu, preso lo scorso ottobre dopo aver riscosso i soldi di un’estorsione. L’indagine parte da via Coriolano (da qui il nome dell’operazione), ovvero dall’attentato allo studio professionale del commercialista Pierluigi Giannachi di Corigliano avvenuto nella notte del 27 settembre 2010. In quell’occasione un ordigno esplosivo fu piazzato sul davanzale della finestra. L’esplosione devastò il locale danneggiando l’immobile e gli arredi. Il fatto suscitò subito forti preoccupazioni considerato che il professionista si occupa anche di procedure immobiliari per conto del Tribunale. Roba incandescente. Furono così predisposte le intercettazioni ambientali. Dalle microspie piazzate dagli investigatori arrivò la svolta. Dai colloqui intercettati dai carabinieri si scoprì che Costa chiese al commercialista 30mila euro (poi scesi a 20mila e quindi a 18mila divisi in due tranches) per la sua sicurezza. L’11 ottobre scorso Costa venne arrestato mentre usciva dallo studio del professionista con una busta piena di soldi.

Da allora sul caso si spengono le luci dei riflettori. Leonardo Costa trascorre in carcere il periodo previsto dalla custodia cautelare e ad aprile viene rimesso in libertà. Nell’ordinanza di custodia cautelare si ricostruisce l’attività del gruppo che, secondo gli inquirenti, Leonardo Costa avrebbe continuato a dirigere dal carcere, mantenendo i contatti esterni grazie alla moglie Cosima Maria Baccaro di 47 anni. Gli investigatori intercettano i colloqui tra i coniugi. A tal proposito il gip Ines Casciaro dichiara: «Si tratta di semplici conversazioni, ma che rappresentano un chiaro e dettagliato rendiconto di attività di ricezione e cessione di sostanze stupefacenti e dei relativi guadagni».

Ma oggetto delle conversazioni è anche la bomba al commercialista. Così si appura che la bomba sarebbe stata fatta esplodere da Renato Puce, 34enne, pure lui di Corigliano, su ordine di Costa. Quale sarebbe stato il presunto movente? Il commercialista aveva inviato a Paolo Puce, 48enne di Corigliano, titolare del bar “De Monti”, fratello di Renato, una raccomandata con la quale lo esortava al pagamento di 6mila euro quale onorario per l’attività fiscale prestata negli ultimi dieci anni e rimasta insoluta. Il professionista inoltre aveva cercato di recuperare dalla moglie di Paolo Puce altri duemila euro. Richieste considerate assurde dagli uomini del clan, secondo quanto affiora dalle indagini, visto che in passato il commercialista non avrebbe mai preteso denaro come compenso delle proprie prestazioni professionali svolte anche per la tenuta della contabilità di Leonardo Costa, titolare di un’attività artigiana per il montaggio di gazebo.

«Almeno che mi dia una mano su questo fatto qua Renato, capito?…Non dico che sto dentro per lui…». Questo dice Leonardo Costa alla moglie inguaiando Renato Puce. E ancora: «…se prendevamo spartivamo, se stiamo cacciando io non ti dico no, di pagarmi tutto l’ avvocato», riferisce in un’ altra circostanza sempre a proposito dell’ attentato al commercialista e dei rapporti con Renato Puce. Le indagini, a partire dall’ attentato contro lo studio del commercialista, sono state coordinate dal sostituto procuratore Giuseppe Capoccia. Le hanno condotte i carabinieri del Nucleo operativo della Compagnia di Maglie, guidati dal tenente Rolando Giusti coadiuvato dal luogotenente Massimo Vanzanelli e dal maresciallo Adriano Leo che hanno fornito la loro esperienza investigativa. Preziosa, anche, la collaborazione dei militari della stazione di Corigliano.

All’ operazione hanno preso parte più di 70 carabinieri del Comando provinciale, unità cinofile ed un elicottero. Nel corso dell’operazione i carabinieri hanno sequestrato anche una missiva che Leonardo Costa aveva inviato dal carcere all’ amico Renato Puce. Un semplice messaggio di auguri, non un pizzino, in occasione delle feste natalizie, scritto sul retro di un biglietto contenente l’immagine di un paesaggio innevato.

I militari, nel notificare l’ordinanza di custodia cautelare a Ugo Donno, hanno eseguito anche una perquisizione domiciliare. All’interno del cassetto di un tavolo sono state trovate 34 pasticche di anfetamine, subito sequestrate e inviate nei laboratori dell’ arma per verificarne la natura.  

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