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“Infinito”, alla sbarra i boss della Lombardia

Di Lorenzo Frigerio il . Lombardia

Ha preso il via ieri mattina a Milano il primo filone processuale che scaturisce dall’operazione “Infinito”, il versante lombardo della maxi inchiesta “Il Crimine” condotta congiuntamente dalla Dda di Milano e di Reggio Calabria che, nel luglio del 2010, ha portato all’arresto di oltre trecento affiliati alla ‘ndrangheta operanti in Lombardia e in Calabria. E’ iniziato il processo per i trentanove imputati che hanno scelto il rito ordinario – di loro circa una trentina era presente in aula – mentre per gli altri 119 presunti mafiosi il rito abbreviato per cui hanno optato prenderà il via il prossimo 9 giugno. 
Tra i volti diventati più noti, loro malgrado, e presenti in aula oggi perché chiamati a difendersi dalle contestazioni mosse dai pubblici ministeri, in primis dalla pesante accusa di associazione mafiosa, l’imprenditore Ivano della Asl di Pavia e Vincenzo Novella, figlio del boss “separatista” Carmelo, freddato a San Vittore Olona nel 2008 dai killer, mandati dalle locali calabresi per soffocare sul nascere ogni istanza secessionista delle cosche operanti al nord. 
L’imprenditore, il manager, il rampollo del boss. Potrebbe bastare questa istantanea di gruppo per raffigurare plasticamente l’intima essenza della “Lombardia”: così era chiamata la struttura di vertice della ‘ndrangheta in quella che è la regione da sempre motore economico del Paese, prosperata nel silenzio per importanza strategica e per volume di affari, cresciuta così tanto al punto da coltivare l’ipotesi – eversiva e inaccettabile per la secolare cabina di regia della ‘ndrangheta – di staccarsi dal controllo della casa madre, ben radicata in Calabria.
In aula a sostenere l’accusa il procuratore aggiunto Ilda Boccassini e il sostituto procuratore Alessandra Dolci. Tra le istituzioni che hanno chiesto di costituirsi come parti civili per il momento si registrano i soli comuni di Pavia e di Bollate (MI) e la Regione Calabria. Per Banca d’Italia pare ci sia stato un difetto di notifica e quindi ci sarà ancora tempo per la costituzione di parte civile di questa come di altri soggetti istituzionali e associativi, ma intanto è da registrare come significativa l’assenza della Regione Lombardia in avvio del procedimento. Proprio in queste ore – complice anche l’infuocata campagna elettorale per il Comune di Milano che ha subito una brusca impennata dei toni con lo scontro al calor bianco tra il sindaco uscente Moratti e il candidato del centrosinistra Pisapia – i partiti si stanno scontrando sulle ragioni di questo ritardo, ma ogni vicenda è buona ora per accendere gli animi già surriscaldati. Vedremo cosa succederà nelle prossime udienze a tale riguardo.
Grande folla assiepata nei pressi dell’aula, presenti anche i giovani del movimento “Ammazzateci tutti” in compagnia di alcuni studenti delle scuole milanesi.
 Molti i giornalisti di tv e di carta stampata ma le telecamere sono state invitate a rimanere all’esterno: per il proseguimento delle udienze, vista la rilevanza pubblica del procedimento, il presidente del collegio Maria Luisa Balzarotti si è riservata di dare una risposta successiva alle tante richieste delle tv che chiedono di riprendere le diverse sedute del dibattimento.
Con l’avvio del processo, iniziano anche le schermaglie difensive e le richieste degli imputati, mediate dai loro legali. Tra queste, da segnalare la giustificazione addotta dall’avvocato del presunto boss Pino Neri, il quale ha chiesto di poter conciliare la sua partecipazione al processo con le sedute di dialisi che deve sostenere: «Non posso sopportare lo stress del viaggio e dell’udienza, prima della seduta di dialisi a cui mi devo sottoporre». Ogni commento, anche ironico, sulla pretestuosità delle motivazioni addotte sembra superfluo. I diritti dei malati vanno rispettati, ci mancherebbe e non ci sarebbe nulla da ridere, se non fosse tutto dannatamente serio.
Stabilito il calendario delle prossime udienze (23 e 30 giugno, 7, 12 e 19 luglio) il processo è stato aggiornato al 14 giugno presso l’aula bunker di via Ucelli di Nemi. È stata quest’aula bunker la sede in cui si sono svolti i più importanti processi contro le cosche istruiti dalla Dda milanese che si svolsero nella seconda metà degli anni Novanta e che, si pensava allora forse troppo ingenuamente, con quasi tremila condanne avrebbero definitivamente decapitato la piovra mafiosa in Lombardia. 
La ‘ndrangheta, in particolare, ha dimostrato in quest’ultimo decennio di non aver allentato la presa sugli affari e sul territorio lombardo e, c’è sicuramente da scommettere, che gli affiliati e i loro sodali che sono rimasti immuni dagli ultimi provvedimenti cautelari stiano riorganizzando le file delle cosche, in accordo con le locali calabresi, una volta passata la sbornia secessionista di Novella.

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