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Da Peppino a Vittorio: restiamo umani

Di Lorenzo Baldo* il . Sicilia

E’ dal balcone della casa di Gaetano Badalamenti, sequestrata e confiscata, che Andrea Bartolotta, compagno di lotta di Giuseppe Impastato e membro dell’associazione Peppino Impastato, pronuncia il suo appello guardando la folla che riempie buona parte della lunga via di Cinisi.
Si chiudono così le manifestazioni iniziate il 5 maggio per l’anniversario dell’omicidio Impastato avvenuto il 9 maggio del 1978. “Da Peppino a Vittorio: restiamo umani” scandisce lentamente Andrea citando il giovane Arrigoni che sarebbe dovuto intervenire a Cinisi e che invece è stato trucidato solo poche settimane fa, la gente applaude, parte un coro spontaneo che unisce tutti i partecipanti: “Peppino è vivo e lotta insieme a noi, le sue idee non moriranno mai!”.

Un insolito freddo primaverile non dà tregua ai partecipanti. Poco prima dal balcone della casa di Peppino Impastato, divenuta ormai “Casa Memoria Peppino e Felicia Impastato” è lo stesso Giovanni Impastato, fratello di Peppino, a concludere le iniziative intraprese insieme al Centro Impastato appellandosi alla responsabilità delle coscienze per continuare a lottare. Quest’anno in contemporanea si sono svolte due organizzazioni per ricordare la figura del fondatore di Radio Aut ucciso dalla mafia per la forza ed il coraggio delle sue denunce. Sono stati quattro giorni di incontri, dibattiti, musica, arte e denuncia, così come era solito fare Peppino. Tra i vecchi compagni che stringono il pugno con il braccio alzato non c’è Salvo Vitale, amico fraterno di Peppino, rimasto a casa per problemi di salute. E’ un’assenza che pesa, soprattutto per la sua passione civile, la grande sensibilità e profonda apertura mentale che lo caratterizzano. Ed è anche tempo di bilanci. Dall’anniversario dello scorso anno la notizia più importante riguarda l’esposto presentato qualche settimana fa da Giovanni Impastato alla procura di Palermo per far riaprire le indagini sull’omicidio di Peppino.

L’obiettivo dell’esposto riguarda propriamente l’individuazione dei responsabili del depistaggio messo in atto nell’immediatezza della sua morte. Al suo interno vi è racchiusa tutta la pretesa di verità da parte della sua famiglia, sempre più determinata a capire “chi ha coperto i mandanti e i referenti politici e chi ha premiato personaggi che hanno fatto carriera su quel sangue”. La questione è tutt’altro che nuova. Il procuratore aggiunto dell’epoca, Gaetano Martorana, nel primo fonogramma sull’omicidio registrava il fatto come “attentato alla sicurezza dei trasporti mediante esplosione dinamitarda”. Per non parlare del maggiore Giuseppe Subranni, nel cui rapporto del 10 maggio 1978 sotto l’intestazione “decesso di Impastato Giuseppe” scriveva “in conseguenza di un attentato terroristico compiuto dallo stesso”. Veri e propri segnali di un inquietante depistaggio che per altro era già stato individuato nella relazione della commissione parlamentare antimafia approvata nel 2000, in seguito alla costituzione nel 1998 (su input del Centro Impastato) del comitato di indagine sul depistaggio.

A distanza di 33 anni la strada è tutta in salita. Il nostro Paese è tristemente noto per indagini che sfociano faticosamente in processi dopo interi decenni dal reato commesso. E soprattutto il clima politico-sociale attuale è di quelli più bui e difficili che la storia ricordi. Nello sguardo dei vecchi compagni che osservano i giovani ragazzi dei centri sociali venuti a Cinisi da diverse parti d’Italia c’è tutta la disillusione di chi ha perduto i punti di riferimento di una sinistra che appare sempre più sfocata e lontana da quegli ideali che animavano profondamente Peppino. Nel frattempo si continuano a ripetere gli errori del passato: divisioni, polemiche, sterili attacchi di “tutti contro tutti”, anche all’interno degli stessi movimenti. Tutto questo mentre l’obiettivo di un fronte unito nella lotta alla mafia appare sempre più fragile, sotto il peso di errori e incomprensioni meramente umani. E quindi superabili. Sui muri, nelle vetrine, ad ogni angolo di Cinisi, lo sguardo intenso di Peppino Impastato impresso nei manifesti sembra osservare con rara saggezza lo scenario che si prospetta. Ed è guardando quel volto, sentendo ancora nell’aria la vibrazione della sua rabbia, della sua sete di giustizia e di tutto il suo Essere che un senso di riscatto supera qualsiasi divisione, stanchezza o rassegnazione per continuare a vivere dentro chiunque raccolga quel grido. 

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* Antimafia duemila

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