Salento: operazione “Bamba”
Operazione “Bamba” nel Salento (evidente il riferimento alla cocaina). Un blitz che ha visto all’opera circa 150 carabinieri del Comando provinciale di Lecce, coadiuvati dalle compagnie di Chiari e di Luino, dal sesto elinucleo di Bari, dal nucleo cinofili di Modugno e dalla squadra mobile di Lecce. Droga e armi che dalla Svizzera giungevano nel Salento a rifornire il clan al cui vertice ci sarebbe Massimo Donadei, trentaduenne di Parabita, figura emergente della criminalità salentina, già ritenuto affiliato alla Sacra Corona Unita e detenuto presso il carcere di Borgo San Nicola.
Un’operazione che ha portato all’esecuzione di ventisei ordinanze di custodia cautelare, firmate dal gip Carlo Cazzella, su richiesta del sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce Giovanni De Palma. A carico di tutti le accuse, a vario titolo, sono di associazione per delinquere finalizzata a traffico, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, e traffico internazionale di armi e munizioni. I territori in cui l’organizzazione avrebbe esteso i suoi tentacoli sono quelli di Parabita, Matino, Tuglie, Alezio, Taviano, Scorrano, Taurisano e Collepasso.
L’operazione “Bamba” è il risultato di una lunga e articolata indagine diretta dai carabinieri del nucleo investigativo di Lecce e della compagnia di Casarano, che hanno monitorato con la massima attenzione i vari movimenti del clan. Indagini certosine che già il 15 dicembre 2009 portarono all’arresto per detenzione abusiva ed alterazioni di armi, presso il valico di frontiera di Como-Brogeda, di Piero Stefanelli, sessantacinquenne originario di Tuglie ma residente in Svizzera. Un sequestro molto importante che permise di sventare un omicidio. Gli inquirenti, infatti, ritengono che le armi trasportate da Stefanelli (un fucile a pompa Remington, un fucile monocolpo e oltre cento cartucce) fossero state ordinate da Massimo Donadei tramite uno dei suoi più fidati collaboratori: Salvatore De Maria.
Armi con le quali si doveva uccidere Biagio Toma, quarantatreenne di Parabita, rivale in affari del clan. Omicidio che era già sfumato una volta con l’arresto di Giorgio Pio Bove al quale Donadei aveva già commissionato il delitto. Il vero business dell’organizzazione era rappresentato dalle ingenti quantità di sostanze stupefacenti che venivano smistate sulla base di precise e perfette gerarchie e strutture organizzative spesso di natura familiare.
«Si è trattata – dichiara il colonnello Maurizio Ferla, comandante provinciale dei carabinieri di Lecce -, di una brillante operazione che dimostra, ancora una volta, la perfetta sinergia tra Procura e forze dell’ordine e che è frutto del lungo e approfondito lavoro sul campo dell’Arma, in particolare della compagnia di Casarano. Un risultato che ci ripaga di tanti sforzi e che sottolinea anche l’importanza della cooperazione internazionale giudiziaria e di polizia».
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