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‘Ndrangheta e politica dopo gli arresti di Marina di Gioiosa

Di Toni Mira* il . Calabria

«Queste inchieste sono l’ennesima dimostrazione che c’è un’intima connessione tra mafia e certa politica. La mafia vota e fa votare. E non è né di destra né di sinistra». È molto duro il commento del procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri. «Ora spero – aggiunge – che i politici siano scoraggiati da chiedere i voti ai mafiosi».

Procuratore, è la politica che cerca la mafia o la mafia che cerca la politica?

 Tutte e due. Ma negli ultimi anni è più la politica a cercare la mafia. Col sistema elettorale attuale, soprattutto nelle elezioni comunali, dove ci sono un blocco di centrodestra e uno di centrosinistra, anche dove la mafia è minoranza e controlla solo il 20 per cento dei voti, questo basta per spostare il risultato da una parte all’altra. Determina chi vincerà le elezioni e quindi chi farà il sindaco e, a cascata, chi sarà il capo dell’ufficio tecnico o il segretario comunale. Quindi questo pacchetto di voti, anche se di minoranza, è determinato e determinante.

E quindi…?

Per i candidati è assolutamente necessario rivolgersi alla cosca per avere questo pacchetto di voti.

Pur sapendo che poi bisognerà dare qualcosa in cambio?

Pur sapendo che poi la conduzione dell’amministrazione del comune, nella più favorevole delle ipotesi, sarà una gestione comune tra politica e mafia. Nella peggiore il capocosca detta le regole e l’agenda politica del comune.

Ma l’attuale sistema elettorale che mette tutte le scelte sulle candidature in mano ai partiti, non dovrebbe evitare infiltrazioni?

No, assolutamente no. Non c’è più una base di partito, una sede dove ci si riunisce per decidere i candidati. Sono i poteri forti, che hanno un potere reale e contrattuale nel contesto del comune, a decidere i candidati. In prima fila la mafia ma non solo.

Lei spera che questa inchiesta “svegli” i partiti?

Più che svegliare, che impaurisca un po’ i candidati e li dissuada dal chiedere o dal ricevere i suffragi mafiosi. Ma la mia è una pia illusione.

Perché?

Perché per queste elezioni ormai i giochi sono fatti. Le liste sono già confezionate e non penso che ci sia un cambiamento di indirizzo rispetto all’andazzo degli ultimi anni.

Voi avete di fatto monitorato, quasi in diretta, l’elezione a Marina di Gioiosa del 2008.

Abbiamo visto come si organizzavano. La famiglia Mazzaferro che cerca i voti, che fa la campagna elettorale, poi discute sugli assessorati e a chi darli, e poi interviene nella gestione degli appalti e, più in generale, della cosa pubblica.

Tutto questo lo avete scoperto grazie alle intercettazioni.

Sono state anche questa volta fondamentali. Si immagini se dovesse passare quel principio che vuole considerare l’intercettazione non più come prova ma come mezzo per la ricerca della prova. Sarebbe la fine della lotta alle mafie. Oggi le indagini si possono fare solo con le intercettazioni perché, tra l’altro, non ci sono i soldi per fare altro, come pagare gli straordinari agli uomini che devono pedinare i mafiosi.

È impressionante l’intercettazione del sindaco che va a ringraziare il boss dopo le elezioni.

È il “giorno del ringraziamento”. Un’immagine di totale asservimento.

Il seguito è prevedibile…

Ripeto, è il totale asservimento al capo mafia.

Dopo la vostra inchiesta, ma anche quella a Napoli, i partiti degli arrestati prendono subito le distanze dai loro amministratori coinvolti.

Che altro potevano fare? Ci potevano pensare prima. Purtroppo quando si fanno le liste sembra che si perda la testa, si va a destra e a manca a chiedere consensi. Poi quando si è scoperti con le mani nella marmellata ci si indigna. Purtroppo neanche questa volta la politica ha dimostrato di aver imparato la lezione di altre vicende. La paura passa troppo presto.

E i codici di autoregolamentazione che tutti i partiti approvano?

Restano solo sulla carta. Sono solo proclami.

*tratto da L’Avvenire

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