Il redazionale è del 15 marzo 1988. L’autore fu Mauro Rostagno, prendeva di mira i lavori all’aeroporto «Vincenzo Florio», 10 miliardi di lire finiti nelle mani delle imprese dei famosi «cavalieri» di Catania. Ditta che eseguiva i lavori la «Recogra», «dove Re – spiegò Rostagno – sta per Rendo, Co per Costanzo e Gra per Graci». Rostagno fece le pulci a quell’appalto, indicò i rapporti esistenti tra i mafiosi di Trapani e quelli di Catania, il capo mafia di Trapani Totò Minore che si occupava con i suoi «uomini» della guardiania dei cantieri delle imprese catanesi, i cavalieri già avevano costruito altre opere come un gruppo di case popolari a Cappuccinelli. Rostagno, come altri, è all’oscuro però che all’epoca dell’editoriale Totò Minore non è più il capo mafia di Trapani, lui come altri, anche investigatori, non sapeva che Minore era stato fatto fuori nel novembre del 1982 duranta una cena organizzata a Partanna Mondello. La sua morte era per consentire anche a Trapani la «scalata» della mafia corleonese di Totò Riina.
Torniamo all’editoriale di Rostagno. Non fa il nome del nuovo capomafia, Vincenzo Virga, come processualmente accertato essere lui già a quell’epoca capo del mandamento di Trapani, ma in quell’editoriale fa un altro nome che all’esito delle indagini più recenti può avere fatto «tremare» i polsi dei boss. Tra gli imprenditori vicini a Cosa nostra che operano con i Costanzo, Rostagno fece quello del pacecoto Ciccio Pace, colui il quale nel 2001 divenne il nuovo padrino della mafia trapanese, successore di Virga. Rostagno ne aveva percepito nel 1988 il «calibro»: «Ciccio Pace è un imprenditore inventato dal nulla come costruttore pare grazie ai Minore». Pace è quell’imprenditore che intercettato dalla Polizia nei primi anni 2000 fu sentito dire che il prefetto (Fulvio Sodano, ndr) era tinto e testa di minchia e doveva andare via, come il questore e il capo della Mobile, Giuseppe Linares. Pace è stato condannato a quasi 20 per essere stato capo del mandamento trapanese di Cosa Nostra. Ha subito anche una condanna perintestazione fittizia di beni (la gestione di un impianto di calcestruzzi) e per avere corrotto l’ex vice presidente della Regione, Bartolo Pellegrino. Pace in quest’ultimo processo ha avuto inflitti 5anni, Pellegrino ha beneficiato della prescrizione. L’ex leader del movimento autonomista siciliano, Nuova Sicilia durante il processo ha ammesso la conoscenza di Pace, l’on. Pellegrino si è difeso dicendo che non sapeva che era un mafioso, Rostagno nel 1988 lo disse in tv che Pace era un uomo della mafia trapanese.
Tutto qui? No. Perchè passato qualche giorno Rostagno indicò il nuovo organigramma della mafia trapanese, «comandano i mazaresi di don Mariano Agate, i più vicini ai corleonesi di Riina. La mafia trapanese comincia a crescere e Rostagno lo percepiì benissimo, «qui non siamo dinanzi ad un fenomeno provinciale». E nel 1988 non parlava di una mafia diversa quella che c’è ancora oggi. Il suo delitto ha permesso a Cosa nostra trapanese di completare un ciclo di trasformazione. Tutto qui? Niente affatto. Perchè Rostagno «accusato» quasi di avere«coperto» lo scandalo trapanese della massoneria deviata, parlando di aeroporti cominciò anche a parlare da quel marzo 1988 in poi di logge segrete, di capi massoni che facevano anche i responsabili dello scalo aereo.
Infine l’attacco alla politica dell’epoca, chiamando in causa il leader socialista Bettino Craxi, guarda caso molto amico dell’ex guru e «amico» a sua volta di Rostagno, Francesco Cardella. Fu Craxi che nell’aprile del 1982 col suo arrivò determinò l’apertura del’aeroporto civile. Il processo per il delitto di Mauro Rostagno riprende frattanto il oggi, 4 maggio, è prevista la testimonianza dinanzi alla Corte di Assise di Monica Serra, la ragazza che la sera del 26 settembre 1988 accompagnava Mauro in auto e fu salvata dal fuoco dei killer dallo stesso Mauro. Lei raccontò che lui la fece accovacciare sotto il cruscotto dell’auto, gli disse di non preoccuparsi, lo vide morire sotto il fuoco dei sicari mafiosi.