Doveva giocare la schedina. Disse alla fidanzata: “Vai avanti, ti raggiungo fra poco”. Enza lo attese invano. Ma il suo corpo fu ritrovato due giorni dopo in un tunnel ferroviario. Accadde nel 1960 a Termini Imerese, un paesino in provincia di Palermo. Lui era Cosimo Cristina, 25 anni, brillante cronista de L’Ora di Palermo e collaboratore di numerose testate nazionali dalla Sicilia. Il suo delitto lo fecero passare per un suicidio e invece lui fu il primo giornalista italiano ucciso dalle mafie in questo Paese. La sua storia è stata portata in scena alla Biblioteca nazionale di Roma, grazie ad un intenso recital scritto, sceneggiato e diretto da Luciano Mirone, anche lui giornalista siciliano, con il “vizio” della memoria e dell’inchiesta. Il suo ricordo, attento e puntuale, riporta in vita una storia poco nota al grande pubblico e contenuta nel suo libro “Gli insabbiati” edito da Castelvecchi. Cosimo Cristina è solo degli otto giornalisti uccisi in Sicilia per mano di Cosa nostra.
Vite rubate: quelle di Mauro De Mauro (1970), Giovanni Spampinato (1972), Giuseppe Impastato (1978), Mario Francese (1979), Giuseppe Fava (1984), Mauro Rostagno (1988), Beppe Alfano (1993). A Napoli è stato ucciso dalla camorra nel 1984, il giovane Giancarlo Siani. A Torino dai terroristi Carlo Casalegno (1977) e a Milano Walter Tobagi (1980). Molti altri colleghi sono morti all’estero, 27 in tutto il mondo. L’ultimo è stato Vittorio Arrigoni, pacifista, attivista e cronista dalla striscia di Gaza, ucciso il 15 aprile scorso. A lui ieri è stata dedicata la serata scelta per celebrare la “Giornata mondiale della libertà dell’informazione” che si inserisce all’interno delle celebrazioni della “Giornata della memoria ei giornalisti italiani uccisi nel dopoguerra dalla mafie e dal terrorismo” (quest’anno si terrà Genova il 28 maggio prossimo, per iniziativa dell’Unci). Il recital in memoria di Cosimo Cristina racconta la sua storia ma anche quella degli altri otto giornalisti uccisi in Sicilia. «Per tutti – ricorda Mirone – vale soprattutto la strategia delle delegittimazione. Questi giornalisti sono morti due volte. Cosa nostra li ha uccisi fisicamente e poi è stata costretta a infangarne la memoria».
Anche per Cristina è stato così. Soprattutto per lui. Troppo giovane, troppo in gamba, troppo scomodo. La delegittimazione seguì anche canali “ufficiali”. I due magistrati che si occuparono del corpo ritrovato esanime all’uscita di una galleria ferroviaria di Termini Imerese (Pa) il 5 maggio del 1960, scrissero che il giovane giornalista era sull’orlo del fallimento – infatti era stato appena licenziato su pressioni mafiose dalla ditta che gli dava uno stipendio – e in crisi per essere colpito da «troppe querele». E invece Cosimo non aveva intenzione di morire, voleva sposarsi con Enza, la sua ragazza che viveva a Roma e voleva far crescere il suo giornale “Prospettive siciliane” con il quale negli anni ’60 si era messo in testa di portare avanti una battaglia civile e morale in una cittadina crocevia di traffici, delitti e che di lì a poco avrebbe scoperto, grazie alle dichiarazioni di pentiti, che la mafia sedeva comodamente nel Consiglio comunale. Luciano Mirone, oggi direttore del periodico “L’Informazione”, scrittore e collaboratore di Repubblica a Palermo, entra in questa storia in punta di piedi e scopre che a distanza 40 anni che la giustizia non è riuscita a fare il suo corso.
Nonostante il “rapporto Mangano” dal nome del commissario che riaprì le indagini, l’autopsia fatta solo decenni dopo con la riesumazione delle ossa, confermò il suicidio. E il caso fu insabbiato. Nonostante le dichiarazioni rese da mafiosi di primo rango che raccontano come Cristina fosse stato eliminato perché scomodo. Strettamente legata a questa storia, Mirone nella sua inchiesta ritrova una storia d’amore. Quella con Enza, la fidanzata di Cosimo Cristina. Una donna bella, minuta, dai capelli scuri, oggi donna sessantenne che vive a Roma e custodisce ancora al dito, l’anello che Cosimo le aveva regalato. Un ricordo gelosamente conservato «perché almeno questo – scrive Mirone – possa vivere per sempre».
Il nome di Cosimo Cristina (come quelli di Giovanni Spampinato, Peppino Impastato, Mauro Rostagno) il 16 maggio prossimo saranno aggiunti al “Journalist Memorial” di Washington.