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La rivoluzione in casa nostr@

Di Norma Ferrara il . L'analisi

Dopo le rivoluzioni che hanno interessato il Maghreb e sono ancora in corso in gran parte del mondo, gli esperti di comunicazione e scienze politiche guardano al web come motore di questi ed altri possibili  cambiamenti. L’hanno ribattezzata la rivoluzione di “fame e internet” e  adesso soprattutto in Tunisia e Egitto si guarda con attenzione al ruolo che possono giocare anche nel “post“.  Questa “lezione” nordafricana si inserisce come catalizzatore di processi sparsi a macchia di leopardo già in buona parte del mondo. E’ internet che ha dato immediata consistenza alla rivolta tunisina, ad esempio, provocando l’effetto domino negli altri Paesi, accelerando la conoscenza e il riconoscimento internazionale, rivelando che: la rivoluzione non è necessariamente islamista e forse nemmeno islamica ma è una rivoluzione in mano ai giovani in nazioni dalla demografia particolarmente giovane. Sarà molto complesso e incerto il destino di queste rivoluzioni nate dalla “libertà del bisogno” – come l’avrebbe definita Franklin Delano Roosevelt (freedom from want). 

Mentre guardiamo questi scenari internazionali che stanno cambiando il mondo, la mente vola alla “rivoluzione” di casa nostra. E non solo di casa nostra ma di tutti quei Paesi in cui la democrazia è messa a rischio dall’esistenza di una criminalità organizzata di stampo mafioso in grado di eleggere uomini in Parlamento, fare affari per le forniture di beni primari, dalle energie, all’acqua, alla gestione dei rifiuti. Solo per citarne alcuni. Paesi, in sostanza, a sovranità limitata, nei quali a governare non è solo lo Stato. In Italia, in particolare, internet silenziosamente da decenni rappresenta ormai il luogo privilegiato della resistenza antimafia, sotto il profilo culturale. E’ il Duemila il decennio in cui si consolida il ruolo della Rete e dei suoi cittadini nel ritorno ad un contrasto continuo e frontale alla cultura mafiosa, alle battaglie per la legalità e contro le mafie e la corruzione. Nel nostro Paese questi movimenti dal basso hanno contribuito anche a scalfire il monopolio della stampa tradizionale, dei canali ufficiali, attraverso i quali, consapevolmente o meno, dopo le stragi e le prime sentenze su via d’Amelio e Capaci, si è posto il sigillo del silenzio sulla mafia “sommersa”, quella che non spara più come negli anni ’80 per le strade di Palermo, o nella Campania raccontata dal giornalista, poi vittima della violenza criminale, Giancarlo Siani. Il meccanismo ad “imbuto” che filtra l’informazione nazionale ha spesso determinato la sottovalutazione o disinformazione nel racconto del fenomeno mafioso e della reazione, istituzionale e sociale, a questa continua aggressione ai diritti della persona e al territorio, al suo funzionamento democratico. 
Già dai primi anni novanta (non prima, a causa della lentezza con la quale il nostro Paese si è aperto ai “nuovi media”) la Rete in Italia ha utilizzato parametri differenti, ospitato inchieste scottanti, inchiodato politici alle loro responsabilità, raccolto il dissenso e spinto verso la manifestazione del proprio pensiero. Accompagnando il lavoro, in buona parte puntuale e coraggioso, di validi cronisti radiotelevisivi, giornalisti d’inchiesta della carta stampata, delle radio spontanee e piccole emittenti televisive locali. Internet non è ancora, per molti, considerato luogo di ricavi economici: una notizia on line non è ancora un prodotto economicamente sicuro su cui investire per gli editori. Questo ha rallentato sino a oggi la nascita di un mercato editoriale digitale che si impegnasse su questi temi, aggirando i costi della carta stampata e scommettendo, non tanto e non solo sui lettori di oggi, ma su quelli di domani. 
Lentamente anche nel panorama on line dell’altra informazione, però, qualcosa sta cambiando, e questo rinnovamento complessivo potrà portare al rovesciamento “dell’imbuto” che filtra le notizie di mafia e antimafia. Secondo le ultime rilevazioni di Audiweb, in febbraio gli utenti attivi su web sono stati 12 milioni 827mila, l’8,6% in più rispetto allo stesso mese del 2009. Fra questi alcuni portali rinnovati, come quello de “L’Unità” e molti portali “verticali”, cioè indirizzati a target specializzati. Accanto a queste realtà in crescita nascono nuovi portali come “L’inkiesta.it”, “Lettera43.it” ma anche l’interfaccia on line del Fatto quotidiano “Ilfattoquotidiano.it”; si inaugurano nuove sezioni che si occupano di legalità e mafie, come ad esempio, il portale legalità di Ansa.it e la sezione interna del Corriere della Sera.it nell’edizione di Milano. Nello stesso periodo grazie ad un finanziamento di tre milioni di euro, Luca Lani (già inventore di Studenti.it) potrà realizzare un progetto che prevede la nascita di 40 quotidiani on line entro l’anno in altrettante città italiane. Il mercato più interessante sarà proprio quello delle città del centro sud soffocate dalle mafie, molte delle quali vivono in regime di monopolio editoriale da decenni. 
Oggi più di ieri sembrano crearsi le condizioni per investire economicamente sull’editoria on line. In questa direzione si spera possano trovare maggiore cittadinanza non solo il racconto dell’Italia che resiste all’aggressione mafiosa e le connessioni fra mafia, economia e politica, ma anche le notizie e i progetti editoriali dei tantissimi portali on line già operativi in questa direzione. Dall’ampia rete dal basso coordinata dal giornalista Riccardo Orioles, ai tanti blog di resistenze antimafia sparsi dalla Sicilia, alla Campania, dal Piemonte, all ‘Emilia Romagna. Ma anche le tante web tv e le web radio. Infine, un mercato editoriale on line, potrebbe valorizzare il lavoro silenzioso e costante di portali che custodiscono documentazione e sono diventati “archivi mobili e fruibili”della memoria nella lotta alle mafie. 
Come ad esempio, il progetto di comunicazione alternativa “Terrelibere.org” che oggi è diventato anche una casa editrice di e-book e ha ospitato analisi e inchieste che altrove non hanno trovato né direttori disposti a pubblicarle, né editori pronti a diffonderle. Tutto ad una condizione: che i signori dell’editoria impura non mettano le mani sul mercato dell’on line creando le stesse distorsioni, limitazioni e i paradossi, che si registrano in quello tradizionale.

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