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Un’antimafia senza retorica

Di Vito Lo Monaco* il . Lazio

Gli anniversari delle vittime di mafia, se riescono a sfuggire alla retorica, diventano utili momenti di memoria e riflessione. Il 29° anniversario dell’uccisione (30 aprile 1982) di Pio La Torre e Rosario Di Salvo sicuramente lo è stato, sia con la manifestazione di venerdì mattino tenuta al Teatro Biondo di Palermo dal Centro Studi nella quale sono stati presentati il Cd di Libere Note, i risultati dell’indagine sulla percezione del fenomeno mafioso e l’interpretazione di venti studentesse di Castelvetrano del dramma “Fango” di Montemagno, sia nel pomeriggio del 29 e il mattino del trenta quando, assieme alla Fillea nazionale, si è discusso di aziende edili confiscate alla mafia. Nel corso della manifestazione al Biondo è stato annunciato inoltre il prelievo d’istanza per il ricorso presso il Tar di Catania contro la cancellazione del nome di Pio La Torre dall’aeroporto di Comiso, l’avvio della digitalizzazione degli atti processuali relativi ai delitti politici di La Torre, Mattarella, Reina e lo scambio stabile dei rispettivi link tra le testate on line Ansa Legalità, Articolo 21, Libera informazione, Sicilia informazioni, Quaderni de L’Ora e A Sud’Europa del Centro Studi La Torre.

I vari momenti, legati dal filo della memoria, sono serviti a registrare progressi, pericoli, contraddizioni nel contrasto alle mafie. Infatti, se da un lato la maggior visibilità mediatica e giudiziaria dell’espansione delle mafie a livello nazionale e delle loro reti transnazionali ha accresciuto la sensibilità delle opinioni pubbliche, dall’altro continuano a costatarsi, dietro fumose dichiarazioni antimafie, i tentativi governativi di demolizione delle politiche e degli strumenti giuridici e giudiziari antimafia. Tutto questo fa parte di un processo generale in atto nel Paese d’indebolimento della democrazia costituzionale. Direbbe Gramsci: una “rivoluzione passiva”, una trasformazione diretta da chi è al potere fingendo di soddisfare istanze sociali di rinnovamento. Infatti, la richiesta sociale di cambiamento esistente nel Paese è stata trasformata, invocando demagogicamente il popolo, in distorsione della rappresentanza con una legge elettorale che permette alle oligarchie dei partiti, di nominarla e di generare personalizzazione e commistione tra politica e affari. Sul versante della giustizia: i cittadini invocano più risorse umane, mezzi tecnici, tempi brevi e procedure trasparenti per renderla più giusta e celere, allora la loro sacrosanta aspirazione è rovesciata e strumentalizzata per assicurare impunità ai potenti e ai corrotti, proponendo la prescrizione breve, la limitazione delle intercettazioni, la subordinazione al potere politico degli inquirenti, l’abolizione dell’obbligatorietà costituzionale dell’azione penale. D’altra parte, di fronte la “rivoluzione passiva” pilotata da chi è al potere, risalta la difficoltà di “egemonia” delle forze che gli si oppongono, perché divise e non disponibili a collaborare tra di loro.  L’egemonia, scriveva Gramsci in carcere riflettendo sul fascismo vittorioso, presuppone la collaborazione, consenso attivo e volontario cioè partecipazione. Nel suo piccolo il Centro Studi fa la sua parte diffondendo cultura critica e costruttiva, come gli ha riconosciuto il Presidente della Repubblica con il suo messaggio in occasione della manifestazione del 29°anniversario, sollecitando partecipazione e consapevole indignazione soprattutto delle nuove generazioni. Sono tra i giovani che si indignano quelli di Libere Note che con il canto e le musiche d’impegno civile ricordano le vittime della mafia, da La Torre a Li Puma a De Mauro, autore di un testo inedito sugli eccidi del luglio ’60 quando gli italiani manifestarono contro il governo Tambroni eletto con i voti missini. Anche a Palermo la polizia, per ordine del governo, sparò e uccise tre edili – Vella, Gangitano, Melleo.

Dirigeva la Cgil regionale Pio La Torre. Si sono indignate le venti studentesse che con passione civile hanno interpretato il dramma didattico antimafia scritto, per il Centro La Torre, da Gabriello Montemagno. Con il testo “Fango”, egli ha voluto proseguire il lavoro teatrale “Pio La Torre, orgoglio di Sicilia” che l’anno scorso aveva scritto Vincenzo Consolo. Le ragazze provengono dai licei di Castelvetrano, città citata dai media come quella del latitante Matteo Messina Denaro. Esse, con orgoglio, hanno voluto ricordare che Castelvetrano, antico luogo di formazione democratica nel Risorgimento, durante l’epopea garibaldina, i Fasci siciliani, nel dopoguerra, è la loro città, è il luogo del loro futuro e delle loro speranze per una democrazia compiuta nella quale non ci sarà posto per la mafia.  Queste giovani, assieme agli altri che hanno seguito il Progetto Educativo Antimafia e partecipato all’indagine sulla percezione del fenomeno mafioso, sono convinte che la lotta antimafia unifichi il Paese, ne rafforza l’unità e la democrazia. Contestualmente esse segnalano che l’Italia è in crisi, avvertono il distacco della sua classe dirigente, che ritengono corrotta e verso la quale hanno totale sfiducia.

Sembra che ripetano quanto disse Benedetto Croce vedendo nascere il fascismo, “se c’è contrasto tra etica e politica, tra società civile e Stato-Governo, c’è crisi”.

Scarica qui la  ricerca del Centro studi Pio La Torre su giovani e mafie:

http://www.piolatorre.it/asudeuropa/rivista.asp?id=175

* Centro studi Pio La Torre (www.piolatorre.it)

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