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Quella direttiva rimasta inapplicata

Di Bruna Iacopino* il . L'analisi

Il reato di immigrazione clandestina e la successiva detenzione come
stabilito dalle modifiche introdotte al Testo unico sull’immigrazione,
dall’attuale Governo ( e fortemente volute dalla Lega) confliggono in
maniera palese con la direttiva emanata in materia, da parte dell’Unione
Europea. Questa volta non è semplicemente un monito quello che giunge
da Oltralpe, ma una sentenza della Corte di giustizia europea, in grado
di scardinare la norma italiana contenuta nel tanto discusso ( e a
ragione) “pacchetto sicurezza”.
La sentenza in questione è relativa,
naturalmente, a un caso singolo, quello di un cittadino
extra-comunitario condannato, lo scorso anno, dal Tribunale di Trento ad
un anno di reclusione per non ottemperanza al decreto di espulsione. La
Corte d’appello di Trento, dinnanzi alla quale egli aveva impugnato la
sentenza, tira allora in ballo la Corte di giustizia europea e… la
conclusione è quasi scontata.

La normativa italiana è in netto
contrasto con quanto stabilito nella direttiva rimpatri emanata
dall’Europa il16 dicembre 2008  recante norme e procedure comuni
applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi  terzi
il cui soggiorno è irregolare , con particolare riferimento agli art.
16 e 17, dove si legge: “ Il ricorso al trattenimento ai fini
dell’allontanamento dovrebbe essere limitato e subordinato al principio
di proporzionalità con riguardo ai mezzi impiegati e agli obiettivi
perseguiti. Il trattenimento è giustificato soltanto per  preparare il
rimpatrio o effettuare l’allontanamento e se  l’uso di misure meno
coercitive è insufficiente; I cittadini di paesi terzi che sono
trattenuti dovrebbero  essere trattati in modo umano e dignitoso, nel
pieno  rispetto dei loro diritti fondamentali e in conformità  del
diritto nazionale e internazionale. Fatto salvo l’arresto  iniziale da
parte delle autorità incaricate dell’applicazione  della legge,
disciplinato dal diritto nazionale, il trattenimento dovrebbe di norma
avvenire presso gli appositi centri di permanenza temporanea.”

Direttiva
a cui peraltro ( ricorda la Corte stessa) l’Italia avrebbe già dovuto
conformarsi entro la data del 24 dicembre 2010… e che cambierebbe
completamente gli scenari concessi dalla legislazione vigente: la
direttiva infatti predilige, tra l’altro, il rimpatrio “volontario” a
quello coatto, con termini certi che vengono fissati in un massimo di 30
giorni e un minimo di 7, mentre il rimpatrio coatto e immediato può
essere messo in atto solo qualora persistano pericoli per l’ordine
pubblico o per la sicurezza dello stato.
L’introduzione del reato di
immigrazione clandestina aveva provocato già a suo tempo lo scaturire di
un grosso dibattito e la reazione da parte della società civile non si
era fatta attendere con la promozione di campagne, appelli, iniziative
moltiplicate in tutte le piazze d’Italia. Da lì era nato lo slogan che
ancora oggi campeggia quasi ad ogni manifestazione di piazza: “ Siamo
tutti clandestini”. Ma non era servito.

Anche la Corte
Costituzionale, pur non giudicando la norma in toto come
incostituzionale tuttavia si era espressa sfavorevolmente almeno in due
occasioni: a luglio dello scorso anno, bocciando l’aggravante di pena
per chi commetteva reato in condizione di clandestinità, e a dicembre
dichiarando non punibile l’immigrato indigente che non lascia l’Italia
nonostante ne abbia ricevuto l’ordine, vista la mancanza di mezzi.

Ora
con l’ulteriore bastonata europea viene segnato un bel punto di non
ritorno, che giustifica l’ira del Ministro dell’interno (che del
pacchetto sicurezza aveva fatto il suo fiore all’occhiello). Il
pronunciamento della Corte europea, infatti, pur non potendo intervenire
direttamente sulla questione vincola tuttavia i Giudici dello stato
membro a “risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte
stessa”. Decisioni che, come hanno riguardato gli articoli 15 e 16 della
suddetta direttiva potrebbero toccare di volta in volta anche gli
altri… Non c’è che dire: un bel nuovo grattacapo per la fronda leghista.

* da Articolo21.org

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