Catania, chiuse le indagini dell’inchiesta “Iblis”
E’ ufficiale. La Procura di Catania ha reso nota la conclusione delle indagini a carico di 56 persone, fra le quali l’attuale presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo e il fratello, Angelo, deputato nazionale del Mpa. Per il governatore della regione l’ipotesi di reato è concorso esterno in associazione mafiosa. Un’accusa che sembra ormai coincidere con la poltrona di Palazzo D’Orleans. Il precedente inquilino del palazzo, Salvatore Cuffaro, per tutti “Totò Vasa Vasa” è in carcere a Rebibbia dove da pochi mesi sconta la condanna a 14 anni per favoreggiamento alla mafia (emersa nell’ambito dell’inchiesta “Talpe alla Dda”). Cambiano le epoche ma non tutto cambia. Non c’è solo l’accusa di aver avuto il sostegno elettorale delle “famiglie”, la “Iblis” coinvolge nomi importanti dell’establishment economico – politico della Sicilia orientale, culla del bacino elettorale dei fratelli Lombardo.
Tra gli indagati ci sono, infatti, anche il deputato regionale del Pid ed ex sindaco di Palagonia, Fausto Fagone, per il quale la Cassazione ha rigettato ieri una richiesta di scarcerazione; il consigliere della Provincia di Catania dell’Udc, ma prossimo a passare al Pid, Antonino Sangiorgi; l’ex assessore del Comune di Ramacca, Giuseppe Tomasello; il consigliere dello stesso ente, Francesco Ilardi e il deputato regionale ex Pdl Sicilia e adesso Gruppo misto, Giovanni Cristaudo. L’accusa per Lombardo è di aver avuto contatti con i boss dal 1999 al 2008. Nel fascicolo confluiscono le indagini dei carabinieri del Ros di Catania, culminate con decine di arresti nella notte tra il 2 e il 3 novembre 2010.
L’inchiesta svela una Cosa nostra al passo con i tempi, che mostra anche qui lontana da Palermo, il suo volto imprenditoriale e moderno. Gli appalti, le aziende prima taglieggiate e poi “conquistate”, la sua scelta di collocare gli uomini giusti al posto giusto. Imprenditoria, politica e fondi pubblici. Ancora una volta, se i reati ipotizzati dovessero essere confermati, il circolo vizioso del sistema mafioso ha funzionato alla perfezione. Le indagini del Ros nascono mirate a “scovare” gli affari della famiglia Santapaola e Ercolano. Ma è dalle intercettazioni telefoniche e ambientali che emergono i contatti con “i colletti bianchi”, talvolta imprenditori e i politici. Gli affari della mafia, esattamente come un’azienda, erano secondo le carte dell’inchiesta, diversificati: dall’eolico-fotovoltaico al commercio, dalla metanizzazione al comporto edile, senza dimenticare i supermercati. Il presidente Lombardo, in questi giorni, si dice sereno perché adesso, concluse le indagini, potrà rispondere punto per punto all’inchiesta. In realtà, il presidente della Regione Siciliana, alcune risposte ai cittadini le ha già date durante una conferenza stampa a Palazzo D’Orleans nel novembre scorso.
Nella conferenza Lombardo confermò di conoscere Giovanni Barbagallo, il geologo amico dei boss, secondo gli inquirenti e anche Rosario Di Dio, arrestato nel blitz catanese per mafia, ma ha affermato che «nessun patto con i boss è avvenuto». Sull’imprenditore Barbagallo in particolare, afferma, «Magari andava dicendo in giro “sono amico di Lombardo” per realizzare dei lavori, ma quanta gente lo fa a mia insaputa?». La sindrome Scajola ha ormai contagiato tutti, anche in Sicilia.
Governo Lombardo, il Pd lascia o raddoppia? «Su Lombardo c’è un avviso di conclusione delle indagini, non c’è altro, non ci sono ulteriori novità. Non c’è un rinvio a giudizio, non c’è una richiesta di rinvio a giudizio». Ha detto il 15 aprile scorso il segretario regionale del Pd, Giuseppe Lupo, riferendosi alla vicenda giudiziaria del governatore Raffaele Lombardo. Il Pd nazionale oppone alcune riserve. «Il presidente Raffaele Lombardo è accusato di un reato gravissimo. Si dimetta immediatamente. Se non lo farà, il Pd, nel momento in cui ci sarà il rinvio a giudizio dovrà togliere un secondo dopo, l’appoggio a questo Governo» – commenta il senatore del Pd, Ignazio Marino. Anche il segretario nazionale del Partito democratico e Walter Veltroni, sostengono che sia ora per il Pd di togliere l’appoggio all’esecutivo o comunque rimettere questa scelta agli elettori nell’Isola.
E’ chiaro che – da Roma – nessuno ci vede chiaro. Così ci pensa proprio il senatore Lumia a ricordare il perché di un sostegno al governo Quater di Lombardo e ad agitare lo “spauracchio” del ritorno dei berluscones (post cuffariani: i vari Alfano, Miccichè…) – che oggi sono impegnati in una guerra per la successione, ma non sono meno forti. E’ un esperimento – quello siciliano – e tutti sanno che può fallire. Il prossimo banco di prova della maggioranza sarà il voto delle prossime settimane sul bilancio. Intanto trapelano (secondo i legali dei Lombardo – “ad orologeria”) stralci dei verbali dell’inchiesta “Iblis”, del pentito Gaetano D’Aquino, esponente della cosca Cappello che collabora con la giustizia. All’interno, come riportato dalle agenzie stampa, si legge che il pentito avrebbe assicurato di sapere che «Angelo Lombardo, deputato nazionale Mpa, è amico di tutta la malavita di Catania».
L’ex boss fa una distinzione tra il presidente della Regione Siciliana e suo fratello Angelo: «Si faceva sempre il nome di Angelo Lombardo e il Mpa» e che «per deduzione, per logica – precisa il pentito – si pensava di fare un favore anche a Raffaele». Il pentito ricostruisce anche un incontro elettorale, «una mangiata in un agriturismo» nel catanese, al quale partecipò «un centinaio di persone», tra «malavitosi e gente per bene», prima delle Regionali al quale prese parte il boss Rosario Di Dio che parlò della «necessità di appoggiare il Mpa, di votare Raffaele Lombardo, senza spiegare il perché». Della stessa si legge anche nelle carte dell’inchiesta “Iblis”.
In una conversazione fra il geologo catanese e imprenditore, Giovanni Barbagallo – secondo gli investigatori “a disposizione“di Vincenzo Aiello e delle famiglie catanesi, si legge: «Barbagallo: no, vabbè io…. Con il fratello parliamo, Enzo, la stessa cosa […] Barbagallo: Angelo è stato a mangiare da me domenica scorsa in campagna». E infine dopo uno scambio di battute, sempre Barbagallo ricorda: «E compare, alle regionali ha acchiappato 19mila voti. Aiello: E ci sono anche i miei voti». Questo è solo uno stralcio piccolo di una inchiesta molto ampia che racconta, per i fratelli Lombardo, soprattutto gli ultimi dieci anni di attività politica, che segnano la carriera politica fra la Regione e il Parlamento nazionale.
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