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Cuffaro: Cassazione, sapeva di aiutare Cosa Nostra

Fonte: Ansa il . Sicilia

È «accertata» la «sussistenza di ripetuti contatti» fra l’ex governatore della Sicilia, Salvatore Cuffaro, e «vari esponenti» di Cosa Nostra il che «spiega» quale sia stato «l’atteggiamento psichico» dello stesso Cuffaro nel rivelare al boss di Brancaccio, Guttadauro, «con il quale aveva stipulato un accordo politico mafioso», la notizia che c’erano indagini sul capomandamento. Lo sottolinea la Cassazione, che ha appena depositato le motivazioni della sentenza con la quale lo scorso 22 gennaio ha confermato la condanna a sette anni di reclusione, a carico di Cuffaro, per rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento personale, con l’aggravante di aver favorito l’intera organizzazione mafiosa di Cosa Nostra. Il verdetto sulla posizione di Cuffaro si compone di circa 80 pagine di motivazione, mentre l’intera sentenza – n.15583 della seconda sezione penale – si estende per 215 pagine e comprende anche le posizioni degli altri 10 coindagati.

I supremi giudici sottolineano che, in maniera del tutto corretta, argomentata e riscontrata, i giudici della corte di appello di Palermo – con la sentenza emessa il 23 gennaio 2010, che ha innalzato da cinque a sette anni la condanna a Cuffaro con l’accusa di mafia – hanno provato l’esistenza dell’accordo «politico mafioso» tra «il capomandamento Guttadauro Giuseppe e l’uomo politico Cuffaro Salvatore e la consapevolezza di quest’ultimo di agevolare l’associazione mafiosa, inserendo nella lista elettorale per le elezioni siciliane del 2001 persone gradite ai boss e rivelando, in più occasioni, a personaggi mafiosi l’esistenza di indagini in corso nei loro confronti. La Cassazione ricorda che Guttadauro stringe l’accordo con il Cuffaro, mediato dal portavoce Miceli, »proponendo all’uomo politico, che accetta (e inserisce nella lista) la candidatura alle elezioni regionali del Miceli, mobilitando l’intera famiglia mafiosa per le consultazioni, al fine di ottenere il sostegno per un ridimensionamento del regime carcerario del 41 bis, per il controllo dei flussi della spesa pubblica e per il condizionamento delle attività economiche sul territorio, tutti interessi dell’associazione mafiosa che Miceli si era impegnato a realizzare».

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