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Salento: i beni del boss ora sono dello Stato

Di Antonio Nicola Pezzuto il . Puglia

Diventano proprietà dello Stato i nove terreni di Giovanni Tredici, 41 anni, di Copertino, già sottoposti a sequestro. Il provvedimento di confisca è stato emesso dalla prima sezione penale presieduta dal giudice Stefano Sernia (a latere Silvia Minerva e Sergio Tosi) al fine di recuperare i 150.000 euro ricavati dalla vendita delle angurie vendute dal Tredici nonostante fossero state coltivate su dei fondi già sottoposti a sequestro nel giugno dello scorso anno. L’amministratore giudiziario, dopo l’esecuzione del sequestro della scorsa estate, si pose il problema dell’esecuzione di alcuni contratti di vendita di prodotti agricoli (per lo più angurie) coltivati sui campi oggetto di misura patrimoniale. Occorreva prendere una decisione rapidamente in quanto il raccolto rischiava di andare perso, con il conseguente rischio di responsabilità civili a carico dell’Amministrazione per l’inadempimento del contratto di vendita la cui legittimità era fuori discussione. Si decise, quindi, di autorizzare l’esecuzione del contratto, invitando però l’amministratore a farsi consegnare dal Tredici copia delle fatture relative alla vendita degli ortaggi.

Dalla relazione depositata in data 17 gennaio 2011 dall’amministratore giudiziario, si evinceva che dalla vendita dei suddetti ortaggi il Tredici ricavò ben 173.000 euro complessivi, Iva compresa. Il Pm chiese quindi di procedere al sequestro di tali somme ai fini della loro successiva confisca. La richiesta fu accolta dal Tribunale in quanto anche il ricavato della vendita dei frutti coltivati su quei terreni doveva considerarsi come risultato del reimpiego di proventi illeciti. Fu così disposta, da parte del Tribunale, una delega di indagini alla Dia allo scopo di individuare i c/c bancari  o gli altri strumenti finanziari su cui la somma oggetto di indagini fosse stata depositata. Nel caso in cui non si fosse centrato l’obiettivo, la Dia era stata incaricata di accertare se il Tredici fosse in possesso, magari anche indirettamente, di altre disponibilità economiche, suscettibili di sequestro per equivalente.

Gli uomini della Dia esaminarono, così, le fatture emesse dal Tredici per la vendita delle angurie e procedettero ad effettuare i relativi accertamenti bancari allo scopo di individuare dove tali somme fossero state depositate. Si appurò che 25.000 euro erano stati versati su un conto corrente il 15 giugno 2010. Tale conto corrente, il 17 giugno 2010, veniva sequestrato e le somme quindi venivano recuperate. I rimanenti 148.000 euro, invece, erano stati depositati  su un altro conto corrente in date successive a quella della confisca del giugno scorso e risultava estinto in data 1 settembre 2010. Come si può osservare, il problema era recuperare la parte più consistente dei capitali sottoposti a sequestro. Così furono effettuati ulteriori accertamenti patrimoniali per individuare eventuali beni immobili del pregiudicato da sottoporre a sequestro per equivalente fino all’importo di 148.000 euro. Le indagini permisero di individuare 11 beni, di questi 9 furono  sottoposti a sequestro. Ben sette degli undici beni immobili in questione erano stati acquistati in date successive alla vendita delle angurie il cui valore è pressoché corrispondente a quello delle disponibilità economiche suscettibili di sequestro e confisca. Ora questi nove terreni sono stati definitivamente confiscati.

Il provvedimento è stato eseguito dal personale della Dia coordinato e diretto dal maggiore Francesco Mazzotta. La stessa Dia ha dimostrato la sproporzione fra i redditi dichiarati dal Tredici (98 mila euro in 17 anni) con la formazione di un patrimonio costituito da otto immobili, 42 ettari di terreno divisi in 40 appezzamenti e due conti correnti bancari. Il sequestro prima e la confisca poi di questi beni, sono il risultato della proposta del direttore della Dia, il generale dei carabinieri Antonio Girone, in applicazione della legge sull’aggressione dei patrimoni delle persone condannate per mafia o solo in odor di mafia.

Giovanni Tredici nell’agosto del 2000 venne ammanettato e successivamente condannato per associazione a delinquere semplice, estorsione e furto, a 10 anni di reclusione, scontati in 5 anni e 8 mesi. Parecchi dei reati commessi furono scoperti grazie all’operazione di polizia denominata “Due vie” che demolì un clan di stampo mafioso, che agiva a Copertino, la cui specialità era quella del “cavallo di ritorno”, vale a dire il furto di veicoli con successiva estorsione di denaro ai legittimi proprietari. Il Tredici è attualmente indiziato di appartenere ad un’associazione per delinquere di stampo mafioso. Tanto basta, considerata anche la sproporzione fra i redditi dichiarati e i beni posseduti, per procedere alla confisca definitiva dei suoi terreni che finiscono nelle mani dello Stato.

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