‘Ndrangheta in Lombardia:
via il dott. Dobermann
Dopo la mozione di sfiducia votata martedì scorso in Consiglio Regionale, il neodirettore della Asl Milano 1, Pietrogino Pezzano ha presentato nella giornata di ieri le sue dimissioni irrevocabili con una lettera inviata al presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni e agli assessori Bresciani e Boscagli. Sembra giunto così al capolinea l’affaire che ha infiammato la politica lombarda in questi ultimi quattro mesi: stiamo parlando della nomina a guida della Asl più importante d’Italia di uno dei manager pubblici più chiacchierati per le sue relazioni pericolose con gli esponenti delle cosche calabresi presenti sul territorio.
Battaglia in aula
Prima è arrivata la sfiducia e poi le dimissioni, con un gesto di dignità estrema che non cancella però i fatti e le polemiche, da cui Pezzano sembra voler prendere le distanze nella sua lettera: «Non sono mai stato soggetto di alcun procedimento penale nell’ambito delle indagini oggetto dell’attenzione mediatica, così come pubblicamente affermato dal Ministero dell’Interno in sede parlamentare».
La mozione del centrosinistra è approvata martedì sera in un’aula che si va lentamente svuotando dal versante della maggioranza, tanto da costringere Paolo Valentini, capogruppo del PdL a chiedere la verifica del numero legale. Il tentativo di far saltare la seduta per mancanza del numero legale però naufraga perché la verifica fatta dal presidente leghista Davide Boni offre riscontri positivi, con il raggiungimento della soglia prevista di 38 consiglieri. Tra le proteste che si levano dai banchi del centrodestra, si arriva così alla votazione palese con l’approvazione della censura nei confronti del manager pubblico. A votare con le opposizioni anche l’assessore Colucci, anche se il consigliere dell’IdV Giulio Cavalli dice che il suo è stato un errore dettato dalla mancata comprensione di quanto stava avvenendo, e i consiglieri del PdL Riparbelli e Rinaldin.
Pezzano era finito negli atti dell’operazione Crimine-Infinito, perché fotografato nel luglio 2009 a Desio, in compagnia dei boss Polimeni e Moscato, che sono poi finiti in manette un anno dopo e che tra un mese compariranno davanti al tribunale per rispondere delle accuse mosse loro dai magistrati della DDA milanese. Nelle intercettazioni dell’inchiesta, infatti, vi sono più passaggi dai quali si evince una familiarità eccessiva del manager pubblico, all’epoca dei fatti alla guida della Asl Monza e Brianza, con i mafiosi che a lui si rivolgono non solo per questioni di business ma anche per motivi più prosaici, quali appunto le prestazioni mediche.
Le indagini nei confronti del dott. Dobermann – è questo il soprannome di Pezzano, amante dei cani da guardia più pericolosi in circolazione – si chiudono a dicembre dello scorso anno, senza che sia preso alcun tipo di provvedimento.
Le relazioni pericolose
Nella recente operazione Redux Caposaldo il suo nome torna alla ribalta: risultano infatti agli atti telefonate intercorse tra Pezzano e Paolo Martino, altro uomo di fiducia delle cosche e trait d’union per loro con il mondo dei “colletti bianchi”.
Restano quindi molte ombre a suo carico, in ragione della inopportuna confidenza che Pezzano sembra intrattenere con soggetti dai quali sarebbe meglio tenersi distanti, tanto più se si hanno cariche pubbliche in settori delicati quali la sanità. In una delle intercettazioni, l’avvocato Pino Neri lo inquadra in termini a dir poco lusinghieri, richiamando le sue amicizie altolocate: «è uno che fa favori a tutti. Si muove bene, con Abelli sono grandi amici». Gianfranco Abelli è deputato del PdL e da sempre è molto vicino al presidente Berlusconi, oltre che al governatore Formigoni. Di Abelli e della moglie Rosanna Gariboldi si potrebbero scrivere pagine e pagine, visti i tanti interessi coltivati in politica e negli affari e i molti scandali relativi al mondo della sanità lombarda nei quali sono stati coinvolti in anni lontani e recenti.
Un comparto, quello sanitario, in cui le cosche calabresi hanno dimostrato di sapersi introdurre, tanto da inquinarlo pesantemente. È il caso della Asl di Pavia, il cui massimo responsabile Antonio Chiriaco finisce in manette per la sua organicità alla ‘ndrangheta.
Ombre e polemiche non erano state un alibi sufficiente al governatore Formigoni per soprassedere alla nomina di Pezzano a capo della Asl Milano 1, la più importante non solo in regione ma nel Paese. Una nomina contestata e arrivata alla vigilia di Natale 2010.
Il marito del prefetto
Pezzano prende quindi possesso del nuovo incarico e dimostra di volerlo esercitare senza curarsi del clima pesante che si crea intorno a lui. I sindaci dei comuni ricadenti nel comprensorio della Asl Milano 1 fondano un comitato per chiederne l’allontanamento ma lui non batte ciglio anzi. Finisce nuovamente nella bufera quando nomina direttore sanitario Giovanni Materia, ex direttore del policlinico di Messina e marito del prefetto di Lodi, Peg Strano.
Prefetto che nelle stesse ore sarebbe sotto esame per la relazione inoltrata al ministro degli Interni Maroni circa l’insussistenza di un pericolo attuale per Giulio Cavalli, autore e attore teatrale, oltre che consigliere regionale per l’IdV. Una relazione che sarebbe alla base della decisione di revocare la scorta a Cavalli. Tutto rientra però appena la notizia si diffonde.
Lo stesso Materia si vede costretto alle repentine dimissioni il giorno stesso, per il rinvio a giudizio per abuso d’ufficio commesso proprio quando era a capo del policlinico messinese.
Insomma, una scelta, quella di Pezzano, fonte di forti tensioni nella maggioranza, con espressioni di aperto dissenso soprattutto da parte della Lega Nord, tanto che ieri l’assessore regionale Luciano Bresciani ha rilasciato ancora una dichiarazione che lascia trasparire le difficoltà interne: «Non l’ho indicato io nel rapporto fiduciario. Però non potevo avere nessun atteggiamento ostativo nell’espressione fiduciaria dell’alleato, sulla base del diritto, figlio della democrazia, che chiede che il cittadino sia innocente fino a prova contraria».
La palla torna quindi nella metà campo di Formigoni, che in mattinata annuncia di aver accettato le dimissioni di Pezzano, non senza scagliarsi contro l’opposizione, accusata di “deriva giustizialista”: «Viene condannata con rito sommario davanti alla pubblica opinione una persona che non ha neppure ricevuto un avviso di garanzia. Il tutto in assenza di qualunque avvio di procedimento dell’autorità giudiziaria». E al manager dimissionario il governatore riserva il ringraziamento per il lavoro svolto e la sensibilità istituzionale dimostrata.
Pezzano incassa e torna da oggi ad occuparsi a tempo pieno dei suoi amati dobermann.
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