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Reggio Calabria, nell’affaire Zappalà spunta il nome di “u Presidenti”

Di Gianluca Ursini il . Calabria

Un magistrato che è stato a capo del Tribunale di Reggio Calabria; che ora si trova in pensione, ma negli ultimi 5 anni di carriera ha rivestito un ruolo apicale per la magistratura, una delle massime aspirazioni di ogni toga: presidente di Sezione (ha sempre amministrato nel Civile la giustizia) presso la Corte di Cassazione in Roma, l’ultima istanza di giudizio di tutto il nostro ordinamento. Franco Pontorieri era un nome che in Calabria andava molto oltre il rispetto per un cittadino che aveva onorato la toga di magistrato; sulla città dello Stretto doveva molta notorietà ai legami di un suo figlio (purtroppo mancato prematuramente, appena trentenne, per un malore sul campo di calcetto) con la nipote di una figura carismatica nella città nera, più nera che ci sia al meridione. Nientemeno che in persona Ciccio Franco, il carismatico leader sindacale Cisnal che in poche settimane diventò capopopolo dei Moti reggini tra il ’70 e il ’71 e fece virare definitivamente all’ultradestra una città già nostalgica dei tempi in cui c’era “lui”.

Ora si fa il nome di Franco Pontorieri come “U Presidenti” amico del politico e da lui invocato nei colloqui con i suoi familiari come l’uomo che lo può “cacciare”, cioè in vernacolo, “cavare” di galera; tra le scartoffie e i fascicoli degli uffici giudiziari reggini, dove già l’Unità aveva segnalato lo scorso marzo la presenza di infiltrati in aiuto all’arrestato eccellente del centrodestra in Regione: Santi Zappalà, ai ceppi dallo scorso 21 dicembre. L’ex sindaco di Bagnara, ex recordman di preferenze per il Pdl alle ultime regionali, come riportato in esclusiva dall’Unità, in una informativa del Reparto anticrimine dei Ros di Reggio capitanati da Stefano Russo (tra i 5 maggiori d’Italia con Palermo, Roma, Napoli e Milano), veniva intercettato a  brigare dal giorno del suo arresto per ritrovare la libertà e liberarsi dall’accusa infamante di aver scambiato il favore elettorale della ‘ndrangheta.

Accordi siglati in alcuni colloqui nella villa nella Locride dove il boss Giuseppe Pelle trascorreva i domiciliari, promettendo in cambio di appoggiare le strategie mafiose prima in Consiglio regionale e in un futuro, chissà, in Parlamento. Nei colloqui presso il carcere di Nuoro che i militari del Ros (Reparti speciali operativi) hanno registrato tra l’ex sindaco e i suoi familiari, si fanno riferimento a 4 diverse figure: una è “Antonello”, cugino, avvocato in aspettativa e funzionario presso la Corte d’Appello reggina. Il cugino Agatino Guglielmo telefonava negli uffici del Giudice indagini preliminari a ogni richiesta di scarcerazione del sindaco, e informava la famiglia dell’esito delle richieste. La prima, positiva, fu in febbraio, con la decadenza dell’accusa di associazione mafiosa. Poi il 12 febbraio tutta la famiglia Zappalà va a Nuoro, sicura di riportare a casa l’ex politico (che aveva promesso di non ricandidarsi mai più in una lettera ai giudici, in cambio dei domiciliari); ma rimarranno delusi.

I Zappalà si chiedono se stiano funzionando i loro contatti con un anonimo “cancelliere” che dovrebbe dare loro notizie di prima mano e un misterioso “Presidenti” che dovrebbe esercitare influenza sui membri togati che presso l’ufficio del Gip e al Tribunale della Libertà, decidono degli eventuali domiciliari e misure alternative. L’ex sindaco mima 5 volte nei colloqui in carcere l’importanza di “u Presidenti” gonfiando il petto e inarcando le braccia, per tutta la sua stazza. Un particolare che aveva sviato gli investigatori, visto che l’ex cassazionista Pontorieri è ora un mite vecchietto in pensione, curvo sui suoi anni. Pensarono alla Procura di Giuseppe Pignatone al Presidente di sezione civile in corte d’appello Gambadoro*, di Bagnara, ex amico del politico Zappalà; ma il presidente Gambadoro replicò stizzito ai colleghi di aver ricevuto “abboccamenti” dalla famiglia Zappalà e di averli rispediti al mittente senza nemmeno stare a sentire. Rimaneva l’ex presidente Pontorieri, uno che ha una parola per tutti, uno a cui in città, misteriosamente, tutti chiedono aiuti per assunzioni negli enti più disparati. Un lobbista in odore di grembiule e goniometro, un uomo del quale si dice con ammirazione che può spostare valanghe di voti, a destra, come a sinistra, per essersi tenuto in bilico tra Dc e destra per 40 anni.

Esattamente dieci giorni or sono Pontorieri è stato convocato da Pignatone in Procura per una chiacchierata. “Procuratore, cosa vuole, conosco Zappalà e suo cugino Gugliemo da anni, mi sembravano brave persone. Per aiutare un bravo ragazzo in ambascie – questo il succo dell’autodifesa del giudice in pensione – ho suggerito loro quale fosse la condotta migliore da tenere: dare le dimissioni da consigliere regionale, promettere di rinunciare alla vita politica, attendere che decadesse l’aggravante mafiosa e infine attendere che il Gip, convinto del cambio di vita, accordasse i domiciliari”, in quanto decaduto ogni pericolo di reiterazione del reato.

Pontorieri, insomma, si discolpa da ogni aiuto fattivo negli uffici del giudice preliminare e del Tribunale Libertà; ma tutte le sue mosse, tranne in ultimo a marzo, la concessione dei domiciliari, si rivelarono sempre azzeccate. Così come negli anni passati i voti previsti dal giudice Pontorieri, nelle urne, si rivelavano esatti al minimo decimale, cabale perfette, disegnate al compasso. Un uomo dalle mille risorse di lobbying, il giudice Pontorieri.

* Il presidente Gambadoro ci tiene a precisare di non aver mai ricevuto “abboccamenti” per le sorti del sindaco Zappalà, nè da parte di membri della di lui famiglia, nè da altre persone. Inoltre, a seguito ulteriori verifiche, il presidente Gambadoro ha voluto anche ribadire e sottolineare di non aver mai parlato della vicenda, né formalmente né informalmente, con alcuno dei suoi colleghi della Procura. Da quanto da noi riportato, d’altronde, mai in nessun caso, il cognome del giudice Gambadoro veniva accostato a dei colleghi giudici della Procura antimafia

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