Aiutò l’imprenditore mafioso,condannato consigliere provinciale di Trapani
Quando si dice che la mafia in fin dei conti non è poi così distante da noi. Può essere vicina e può essere ancora più vicina se può contare su certe amicizie. Il Tribunale di Trapani ha condannato a sei anni un consigliere provinciale, Pietro Pellerito, che pur non avendo avuta applicata l’aggravante di avere favorito la mafia, ha sempre reso un favore ad un imprenditore che faceva il mafioso, e non lo nascondeva in giro, andando per le strade del suo paese, Alcamo. Sei anni per soppressione di documento e falso. Questa la pena inflitta ieri dal Tribunale a Pellerito che nel frattempo, con le indagini e processo in corso la “politica” ha promosso a presidente della commissione lavori pubblici. Consigliere e presidente nonostante due precedenti per furto, proprio questi precedenti hanno provocato l’aumento di pena rispetto alla richiesta fatta dal pm della Dda, Paolo Guido. Ai sei anni i giudici sono giunti applicando la pena minima (tre anni) per il reato più grave, quello della soppressione di documenti.
La condanna è stata pronunciata nell’ambito del troncone di un processo scaturito da una operazione antimafia, «Abele», con Pellerito è stato condannato, riconosciuto quale capo mafia, l’alcamese Diego Melodia, 20 anni di reclusione. Assoluzione per il reato di intestazione fittizia di beni per un altro alcamese, Gaspare Baglio. Il nome di Pellerito da oltre 20 anni gira dentro e attorno le inchieste antimafia, una prima volta fu arrestato perchè sospettato di avere aperto la porta dell’ospedale di Alcamo, dove continua a lavorare, ai killer che andarono ad uccidere un «mafioso» ricoverato, Rosolino Filippi, ma successivamente è stato assolto, in tempi recenti è stato coinvolto in due operazioni antimafia, per l’ultima, «Dioscuri» ha ottenuto l’archiviazione, ma per «Abele» è arrivata la condanna. Nel frattempo nei suoi confronti è stata anche attivata la procedura per l’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale, nonostante tutto questo, nonostante le indagini in corso, non ha interrotto la carriera politica, passando dall’Udc al gruppo Alleanza per la Sicilia, partito nato da quella costola dell’Mpa chiamata in un primo momento «Alleati per il Sud», e finendo anche con l’essere eletto presidente della commissione consiliare lavori pubblici.
I fatti contestati a Pellerito e ritenuti fondati dai giudici riguardano la sostituzione di un certificato rilasciato dal pronto soccorso dell’ospedale di Alcamo San Vito e Santo Spirito per un operaio rimasto ferito sul lavoro. A Pellerito si rivolse l’imprenditore Liborio “Popò” Pirrone: era accaduto che un operaio di questi si era ferito in cantiere e al pronto soccorso dove era andato a farsi medicare aveva fatto scrivere nel referto l’esatta causa dell’infortunio, rischiando di mettere nei guai Pirrone perchè in quel momento l’operaio risultava «licenziato» sebbene era rimasto a lavoro. E quindi Pirrone volendo far cambiare quel certificato chiese l’aiuto di Pirrone: i due andarono in ospedale e il medico di turno, lo stesso che aveva fatto il precedente certificato, Angelo Calandra, che ha patteggiato la relativa pena in sede di indagini preliminari, non fece altro che stracciare quel certificato, facendone un altro, dove risultava che le ferite erano dovute al fatto che l’operaio era scivolato per strada.
Pellerito ai giudici aveva detto che aveva solo messo in contatto Pirrone col medico, “vedi di cosa ha bisogno Pirrone”, ha detto di avere detto al medico, e di non sapere nulla di tutto il resto, di non essere stato presente al momento della soppressione del documento e del falso. Inoltre aveva cercato una giustificazione sostenendo che in ogni caso quello non era il primo certificato che veniva modificato. Come se la prassi fosse quella di «violare» la legge. Peraltro durante il processo è emerso che il software installato per la realizzazione di questi documenti potrebbe prevedere l’impossibilità a riscrivere sugli stessi, ma all’ospedale di Alcamo questa previsione non è stata installata. I certificati possono essere stracciati e riscritti rispettando lo stesso numero cronologico e di protocollo. E la mafia eventualmente ringrazia.
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