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Delitto Rostagno, un traffico di armi firmato dalla mafia

Di Rino Giacalone il . Sicilia

Tutto quello che si è sentito ieri per una intera giornata nell’aula «Falcone» del Palazzo di Giustizia di Trapani, davanti alla Corte di Assise che sta processando per il delitto di Mauro Rostagno i due conclamati mafiosi, Vincenzo Virga e Vito Mazzara, servirebbe certamente come materiale per un convegno documentato e approfondito sui tanti «misteri» che ruotano ancora attorno alla città, a proposito di commistioni tra mafia, massoneria, servizi segreti, deviati e non deviati, traffici di armi e droga con coperture eccezionali, Gladio che a fine anni ’80 si impianta qui perchè il Governo dell’epoca individuò nella Libia il «nuovo» pericolo, dopo che Gladio era nata per combattere una eventuale invasione comunista. Gladio che come unica informativa produsse un rapporto su un ipotetico spaccio di droga dentro la Comunità Saman.  La deposizione del vice questore Giovanni Pampillonia, ex capo della Digos di Trapani, quindi sotto il profilo documentaristico è stata interessante e magari chi pensa che la mafia trapanese sia stata fatta da “quaquaraqua” deve rivedere questo pensiero. E quindi non è inverosimile che Rostagno sia stato ucciso da una «mafia» che si è sentita fin troppo scoperta.  E che la deduzione (che non è solo tale) arriva dalla testimonianza dell’investigatore che nella scorsa udienza aveva detto che nelle indagini sul delitto Rostagno di mafia non si era interessato, è certamente rilevante, considerato che adesso, nell’udienza di ieri, ha risposto alle domande delle difese degli imputati. 

I risvolti di quella indagine operazione «Codice Rosso» (l’inchiesta che colpì come presunti mandanti ed esecutori, e favoreggiatori del delitto Rostagno, membri della comunità da lui fondata) sono clamorosi: dopo i primi arresti (la cosidetta pista interna Saman), il prosieguo dell’inchiesta cominciò a toccare un sistema di connessioni «pesanti». Escono fuori antichi verbali, mai opportunamente considerati (agli atti mancano anche informative della Digos), su traffici di armi e droga con «coperture» militari fatte a Birgi, l’autorità aeronautica che disconosce l’esistenza del vecchio aeroporto di Kinisia (quello oggi usato come campo di accoglienza per i profughi arrivati a Lampedusa), il segreto di stato che impedisce di conoscere il lavoro di alcuni generali e alti ufficiali a Trapani (Emilio Battiati, Emilio Migliozzi, Giuseppe Grignoco, Ezio Pagani, Carlo Blandini, Vittorio Zardo, Enzo, Massenta).  Cosa c’entra tutto questo con Rostagno? Che lui questo traffico a Kinisia lo avrebbe scoperto per caso, una sera appartandosi con la moglie di un alto ufficiale, il generale Angelo Chizzoni, nei pressi di Kinisia, in un boschetto. almeno questo vennero a dire due testi, il giornalista Di Cori e (sul traffico) il faccendiere dei servizi segreti Elmo.  I vecchi verbali raccontano di traffici di droga e di armi gestiti dalla potente mafia trapanese, un investigatore ha firmato un verbale dove parla di interessi della cosca Trapanese, il pentito di Mazara, Sinacori, racconta che di un paio di questi traffici ha avuto precisa contezza, ma la cosa clamorosa è che negli anni ’80 sarebbero stati militari in servizio a Birgi a coprire questi affari. E negli anni di Rostagno? Il traffico avrebbe avuto coperture più importanti, politicamente targati, Partito Socialista in particolare, “non quello di oggi – dice un investigatore – ma quello dell’epoca, molto potente in Italia”. E come nel gioco delle casualità che tanto casuali non sono spunta fuori il maggiore dei referenti del Garofano che c’era a Trapani.

L’uomo più vicino a Bettino Craxi leader maximo dei socialisti italiani era proprio Francesco Cardella, il guru della Saman e nella sua testimonianza il vice questore Pampillonia ha fatto cenno al ruolo che avrebbe avuto Francesco Cardella: avrebbe utilizzato “le  scatole vuote della struttura, per gestire traffici di armi con la Somalia, dove il guru avrebbe inviato un suo emissario, ufficialmente, per realizzare un ospedale mai però  costruito”. Il nome è quello di Giuseppe Cammisa detto Jupiter, l’uomo più intimo con Cardella, imparentato con l’avv. Antonio Messina, boss del narcotraffico di Campobello di Mazara, Cammisa in Somalia fu l’ultimo a incontrare la giornalista Rai Ilaria Alpi prima che questa fosse uccisa. In quelle stesse strade somale al tempo girava anche il maresciallo del Sismi, l’allora servizio segreto militare, Vincenzo Li Causi, guarda caso il capo centro di Gladio a Trapani, ucciso a Mogadiscio dal cosidetto fuoco amico. Sullo sfondo del delitto  Rostagno, ci sarebbe “un intreccio tra mafia, massoneria, servizi segreti e traffico di armi”. Il vice questore Pampillonia ha parlato per più di 8 ore: rispondendo alle domande della difesa, ha ricostruito i riscontri incrociati ottenuti durante le indagini coordinate dal procuratore di Trapani dell’epoca Gianfranco Garofalo. Il teste, riferendosi alla base militare in disuso di Kinisia ha ricordato di aver  eseguito dei sopralluoghi assieme a Sergio Di Cori, un giornalista, amico di Rostagno, che avrebbe ricevuto da  quest’ultimo confidenze su un traffico di armi tra l’Italia e la Somalia, filmato con una videocamera proprio in quei luoghi.  Nell’udienza di ieri è saltato fuori anche il famoso fax mandato da Cardella a Rostagno, dove lo definiva «pericoloso» e lo cacciava via dalla residenza dei dirigenti della comunità. Non è vero che Chicca Roveri lo fece distruggere, questo fax risulta già agli atti d’indagine negli anni ’90, ne parlò dapprima Cardella e poi la Roveri, l’ordine, eventuale, di distruzione, dato a metà degli anni ’90 da Chicca Roveri sarebbe stato inutile. 

Ultima annotazione. Pampillonia ha parlato dell’interrogatorio dell’ex capo terrorista Renato Curcio, due volte fu sentito dai magistrati, ma a verbale non fece mai mettere notizie rilevanti se non negare alcun contatto con i mafiosi in carcere a proposito del delitto Rostagno. Fuori verbale invece disse ai magistrati di Trapani che erano andati ad interrogarlo che aveva fatto un sogno, un traffico di armi e nascondigli che c’erano sparsi nel trapanese. Solo un sogno?  Alla prossima udienza, 13 aprile, sul pretorio salirà Chicca Roveri, la compagna di Rostagno, spesso tuirata in ballo in queste udienze, ma lei è parte offesa, non imputata come forse a qualcuno avrebbe fatto piacere avere, anche solo per allontanare lontano dal movente la presenza di Cosa nostra e dei suoi complici insospettabili.

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