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L’Aquila, dopo il sisma ancora tante crepe nella ricostruzione

Di Libera.it il . Abruzzo

L’articolo 4 della Costituzione  parla del dovere di tutti i cittadini di svolgere azioni per il bene comune e la ricerca della verità. Come Libera sin dalle prime ore del post terremoto stiamo facendo proprio questo. Nulla di più. Vogliamo una ricostruzione pulita e lo dobbiamo a quanti sono rimasti sotto a edifici costruiti con sabbia di mare o con cemento scadente. L’Abruzzo è una terra stupenda, forte e generosa, anche se ora con tante ferite, ed ha tutti gli anticorpi possibili per reagire. Deve prevalere l’idea del noi e del rispetto della dignità dei cittadini.

 
I numeri della ricostruzione

 
A due anni dal terremoto di magnitudo 6.3 che alle 3.32 del 6 aprile devastò L’Aquila e provincia, provocando 309 morti, circa 2.000 feriti e la distruzione di un ingente patrimonio architettonico, la ricostruzione sembra procedere a rilento e, soprattutto, mancano certezze su “quando” la situazione tornerà normale. Nel secondo anniversario della tragedia, gli aquilani ricorderanno le vittime con alcune manifestazioni: spiccano la fiaccolata, in partenza dalle 23 del 5 aprile dalla Fontana Luminosa per arrivare in Piazza Duomo alle 3.15 del 6 e, nella serata del 6, il concerto dei giovani musicisti del conservatorio. Sarà presente in visita ufficiale il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

 
Sono ancora 37.733  le persone assistite nel Comune dell’Aquila e nei 56 del cratere sismico, secondo i dati recenti della Struttura per la Gestione dell’Emergenza (Sge). Di queste, poco meno di 23 mila risiedono in alloggi a carico dello Stato; circa 13 mila sono beneficiarie del contributo di autonoma sistemazione (200 euro a persona ogni mese) e 1.328 sono ancora in strutture ricettive abruzzesi e nelle caserme. A far discutere ci sono anche le macerie, la cui stima precisa è difficile elaborare: milioni di tonnellate di materiali derivanti dai crolli e dalle demolizioni. Migliaia di aquilani vivono in 19 “new town”, ma ciò che risulta difficile è ricostruire il tessuto sociale. Conferma questa situazione la ricerca “Microdis-L’Aquila”, degli atenei di Firenze, Marche e L’Aquila, condotta su 15 mila terremotati. Dallo studio – secondo cui la ricostruzione è «più lenta che in Indonesia» – emerge la mancanza di luoghi di ritrovo per una “comunità” morta assieme al sisma. Tutto ciò ha portato ad un aumento dei casi di ansia e depressione che, per il locale Dipartimento di Salute Mentale, sono causati non solo dal terremoto in sé, ma anche dal venir meno della rete sociale.

 
Terremoto giudiziario, a rischio prescrizione


A due anni dal terremoto la Procura della Repubblica de L’Aquila,  ha pressoché concluso il corposo lavoro di indagine che ruota intorno ai crolli del terremoto che hanno causato la morte di 309 persone. Quella che è stata definita ben presto la maxi-inchiesta sul terremoto ha portato all’apertura di circa 215 fascicoli: di questi 15, tra cui quello sul crollo della casa dello studente, uno dei simboli più commoventi del sisma, sono procedimenti in corso che in andranno a processo. La restante parte – circa 200 – o è stata archiviata oppure è oggetto di istanze di archiviazione. Accanto alla maxi-inchiesta sul terremoto, viaggia l’inchiesta sulla commissione Grandi Rischi, per la quale i pm aquilani hanno iscritto sul registro degli indagati sette persone, tra cui vertici della Protezione civile nazionale e dell’istituto nazionale di geofisica e Vulcanologia (Ingv) che parteciparono a L’Aquila alla riunione del 31 marzo 2009, cinque giorni prima del sisma, al termine della quale – secondo l’accusa – furono lanciati messaggi rassicuranti che non fecero attivare precauzioni in grado di salvare vite umane.

leggi il dossier di Libera sul terremoto

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