L’archivio scomparso di Peppino Impastato
Cinisi, provincia di Palermo. E’ la notte fra l’8 e il 9 maggio del 1978 quando Cosa nostra uccide Peppino Impastato, giovane militante di Democrazia proletaria, animatore di Radio Aut. Un attentato dinamitardo sui binari della ferrovia che collega il paesino con il capoluogo siciliano mette a tacere l’impegno politico del giovane esponente della sinistra siciliana e animatore di trasmissioni radiofoniche che irridevano mafiosi e collusi. A 33 anni dall’omicidio di Impastato riemergono dalla procura di Palermo, dai faldoni ingialliti e impolverati, frammenti di un archivio che all’epoca dei fatti venne sequestrato per accertamenti, dagli investigatori. Per l’omicidio del giovane di Dp il 5 marzo del 2001 la Corte d’assise ha condannato i responsabili del delitto, Vito Palazzolo (condannato a trent’anni di reclusione) e Gaetano Badalamenti (all’ergastolo).
Le indagini sull’omicidio del giovane militante furono oggetto di rallentamenti ma anche di depistaggi. Una Commissione parlamentare nel 1998 costituì al suo interno un Comitato che indagò proprio sul caso Impastato e il 6 dicembre 2000 approvò una relazione sul delitto. Ora, molti anni dopo quel rapporto, dai sotterranei del Palazzo di giustizia di Palermo riemergono alcuni fogli scritti da Peppino: le lettere, la lista della spesa per la festa di Radio Aut, le tessere Arci. Sono documenti che appartengono a quei “sacchi” pieni di carte che i carabinieri portarono via dall’abitazione di Peppino, conferma il fratello Giovanni Impastato. Un primo elemento che racconta di questi depistaggi è contenuto proprio nella relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta (relatore Giovanni Russo Spena) nella quale a pagina 106 si legge: «nell’ambito dell’attività preparatoria all’elaborazione di questa relazione – è stato possibile individuare un cospicuo elenco di materiali e documenti di pertinenza dell’Impastato, oggetto di un SEQUESTRO INFORMALE , nonché ulteriore corrispondenza fra comandi dipendenti dal gruppo di Palermo relativa a questa documentazione». Informale, ovvero illegale. «Così, con una nota del 1 giugno 1978, a firma del maggiore Enrico Frasca, il nucleo informativo del gruppo di Palermo scriveva alle stazioni di Cinisi e Terrasini e al comando della compagnia di Partinico – continuano i componenti della Commissione d’inchiesta nel documento – trasmettendo un “elenco, sequestrato informalmente nella abitazione di Giuseppe Impastato nel corso delle indagini relative al suo decesso” e richiedendo l’identificazione delle “ persone in esso indicate”. La relazione continua spiegando come dei tentativi di recupero del materiale furono fatti ma caddero nel vuoto e in merito all’atto informale all’epoca fatto affermano: «La macroscopica violazione della legge processuale costituisce una anomalia di intrinseca e indiscutibile gravita’». Il fratello e i compagni di Peppino ricordano di alcuni sacchi portati via con dentro delle carte, non solo i pochi fogli ritrovati in procura. Così il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia e il sostituto Francesco del Bene hanno aperto un fascicolo di accertamenti preliminari su eventuali responsabilità per la scomparsa di questo archivio.
Il fratello Giovanni Impastato riconosce la scrittura di Peppino e afferma: «Mi emoziona sfogliare queste carte. Sono convinto che c´è dell´altro, non so dove». Salvo Vitale, amico e compagno di Peppino Impastato, afferma «Peppino scrisse molte pagine autobiografiche e politiche, una buona parte di queste è custodita nell’archivio di Casa Memoria, qui a Cinisi. Per uno come Peppino è plausibile pensare che avesse scritto ancora di più di quello che è attualmente in nostro possesso».
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