I signori del narcotraffico
Anabel Hernandez è una giornalista, un mestiere che in Messico può essere molto pericoloso. E’ stata minacciata di morte a causa di un libro sui rapporti tra i narcotrafficanti e la politica del suo paese. Ha rischiato grosso. Ha denunciato che le minacce contro la sua vita, e quella dei suoi familiari provenivano dal Governo messicano. Una denuncia coraggiosa che ha messo in moto la macchina della solidarietà internazionale. Libera, che da anni lavora per realizzare una rete di associazioni latino-americane contro il narcotraffico, è scesa in campo. Un appello all’ambasciata del Messico in Italia, sottoscritto da migliaia di persone, ha aiutato, non poco, Anabel.
La situazione, adesso, è migliorata? «Credo di si – commenta Anabel, in visita in Roma – grazie alle decine di lettere arrivate all’ambasciata messicana in Italia c’è stata una distensione della situazione. Non si può dire però che è migliorata, è ancora tutto in sospeso». Anabel Hernandez è una giornalista con la passione di raccontare notizie su cui nessuno vuol scrivere. «A dicembre ho pubblicato un libro “I Signori del narcotraffico”, il risultato di cinque anni di ricerche. Ho parlato con la polizia, con i militari, con i funzionari Usa e con gli stessi narcos di tutti i gruppi che operano in Messico, perché volevo capire cosa stesse succedendo in Messico, quale fosse la ragione di fondo del caos».
Un compito certamente non facile: «La mia inchiesta è stata silenziosa, segreta. Ho fatto molte domande, sono andata in zone del paese dove non c’è più sicurezza». Il libro è diventato un successo editoriale, è stato il volume più venduto nel 2010. Tra gennaio e febbraio di quest’anno sono state vendute 74 mila copie. «So che le minacce sono state causate dal libro che ho scritto, dai narcotrafficanti che lavorano nello Stato – i funzionari pubblici organici al mondo dei narcos – i cui nomi sono denunciati nel libro». Una ricerca, quindi, piena di fatti e documenti dettagliati, che ha dato molti fastidi a chi governa il paese.
La situazione in Messico è realmente così grave come viene descritta dai media internazionali? «La situazione è peggiore – sospira Anabel – perchè ci sono molte cellule criminali che non dipendono dai grandi gruppi di narcotrafficanti. C’è il caos delle organizzazioni autonome. I grandi cartelli hanno regole, strutture, loro no. Ci sono gruppi di piccoli spacciatori armati di bazooka. La situazione è molto pericolosa». «Abbiamo un governo inutile e infiltrato, la polizia è infiltrata, e ciò che è peggio abbiamo una società indifferente».
Disinteressata nei confronti di un paese di fatto nelle mani del crimine organizzato. Una descrizione troppo dura? «Negli ultimi dieci anni il governo messicano ha appoggiato un solo cartello, quello di Sinaloa, combattendo tutti gli altri, facendo in modo che si trasformi nel cartello monopolista». Uno strano modo di combattere i signori della droga…«Questa non è una guerra contro i narcos, è una guerra tra narcos»
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