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Fava, il siciliano

Di Lorenzo Frigerio il . Recensioni

Un antieroe
per eccellenza, eppure un uomo dotato di uno straordinario coraggio
che è andato incontro alla morte, amando profondamente la vita:
«Era anche un uomo molto attratto dai piaceri terreni, come il cibo,
le donne, lo sport, il mare. Aveva un’adesione piena, carnale alla
vita e non era disposto a separarsene tanto facilmente». Il bel ritratto
di Giuseppe Fava, per tutti Pippo Fava, che ci viene regalato da Massimo
Gamba nel suo libro “Il siciliano”, ci restituisce a tutto tondo
la storia di un italiano di quelli che hanno fatto i 150 anni di storia
patria, uno di quelli per cui andare fieri di essere nati in Italia,
proprio quando l’immagine del nostro paese è ai minimi storici nel
resto del mondo. Poco incline a prendere sul serio sé stesso e gli
altri, Fava era però affascinato dal genere umano e nei suoi complessi
affreschi caratteriali, che fossero destinati alla carta stampata o
alla rappresentazione teatrale, vi era sempre e comunque un grande rispetto
per ogni persona, fosse anche quella più abbietta o il peggior criminale.
Uomo di cultura a 360° – i suoi interessi e le sue fatiche spaziavano
dalla pittura al teatro, dal cinema alla radio, tutte attività connotate
dall’amore per la scrittura – Fava era, soprattutto, un giornalista
animato dal sacro fuoco della verità e mosso da una non comune passione
civile: . Il libro di Gamba ricostruisce pertanto meritoriamente l’ultimo
periodo della vita del giornalista e drammaturgo ucciso da un commando
di killer la sera del 5 gennaio 1984, davanti al Teatro Stabile di Catania,
dove Fava si stava recando per vedere la piccola nipotina Francesca,
impegnata nella messa in scena di una commedia di Pirandello. All’appuntamento
con la morte, Fava arriva dopo gli ultimi quattro anni, spesi a denunciare
un complesso blocco di potere che aveva il pieno dominio di Catania,
sua città di adozione. Un sistema criminale composto da mafiosi, burocrati,
politici e imprenditori che mal tollerava le critiche e i racconti delle
proprie scorribande. E Fava, con il suo manipolo agguerrito di carusi,
prima nel periodo trascorso alla guida  del “Giornale del Sud”
per arrivare poi al lancio della straordinaria avventura de “I Siciliani”,
era stato una fastidiosa spina nel fianco dei potenti di quella città,
quelli da lui soprannominati “i quattro cavalieri dell’apocalisse
mafiosa”: Costanzo, Finocchiaro, Graci, Rendo. L’anomalia di Fava,
in un contesto del tutto narcotizzato da una sintomatica rassegnazione
e caratterizzato da una cronica connivenza, risiedeva tutto nel suo
“concetto etico del giornalismo”, come ebbe a ricordare in uno dei
suoi più famosi editoriali: «Un giornalismo fatto di verità impedisce
molte corruzioni, frena la violenza, la criminalità, accelera le opere
pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali,
tiene continuamente allerta le forze dell’ordine, sollecita la costante
attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo. Se un
giornale non è capace di questo, si fa carico anche di vite umane».
Il blocco di potere allora imperante in città tenta di blandirlo, di
comprarlo e tutta l’operazione che lo porta a guidare il “Giornale
del Sud” nell’intenzione degli editori noti e di quelli occulti
è volta a tarparne per sempre ogni afflato di verità e di libertà.
Quando Fava se ne accorge reagisce e rilancia, dando vita ad una delle
più belle pagine del giornalismo, non solo italiano: “I siciliani”.
Proprio nella ricostruzione di quella disperata corsa contro tutti e
contro tutto, rivive grazie alle parole e ai ricordi dei tanti che la
vissero con lui – dal figlio Claudio a Riccardo Orioles, da Michele
Gambino a Antonio Roccuzzo – la lucida determinazione che guidava
Fava nel racconto degli affari e delle oscenità del potere a Catania
e nello scovare la mafia che non c’era all’epoca, secondo la vulgata
ufficiale, ma che in realtà da Catania muoveva alla conquista di spazi
sul proscenio palermitano e nazionale. Fava capisce come il prefetto
dalla Chiesa questa terribile verità e paga anche per questo con la
vita. Il commosso ricordo dei figli Claudio ed Elena impreziosisce la
narrazione appassionata di una vita, quella di Fava, spesa nel cercare
di dare senso e dignità alle miserie e alle nobiltà del genere umano.

Massimo Gamba

IL SICILIANO

Sperling &
Kupfer, Milano 2010

pp. 262 €
17,00

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