NEWS

Alveare, la ‘ndrangheta al nord

Di Lorenzo Frigerio il . Recensioni

Senza dover scomodare “Gomorra” di Roberto Saviano, occorre però dichiarare fin da subito come il romanzo di Giuseppe Catozzella, “Alveare” abbia la stessa capacità d’impatto sul lettore, una potenza evocativa che viene dal racconto spietato e lucido dei meccanismi di riproduzione mafiosa nel nord del nostro paese, fino ad oggi stoltamente ritenuto immune dal contagio. “Alveare”, infatti, non è solo un bel romanzo, ma anche una documentata inchiesta sulla “colonizzazione” – per utilizzare il termine contenuto nell’ultima relazione della DNA per descrivere i contorni del fenomeno mafioso in Lombardia – che la ‘ndrangheta ha realizzato nel corso dei decenni al nord del Paese, mettendo i suoi artigli su persone, affari e futuro di queste terre. Più di due anni ci sono voluti all’autore per ricostruire, carte alla mano, il dominio delle cosche calabresi. Fin dalla pagina iniziale, l’utilizzo della metafora dell’alveare per descrivere il silenzioso ingresso dei mafiosi nel tessuto sociale ed economico di Milano e della Lombardia colpisce immediata mente allo stomaco, senza tralasciare di mettere in movimento i neuroni: «Le api arrivano, importano il loro mercato, i loro metodi, lo fanno ovunque trovino silenzio. La ‘ndrangheta, una delle organizzazioni militari più efficienti mai esistite, assimilata ad al-Qaeda dall’FBI, fa lo stesso. È per questo che la mafia più potente e ricca del mondo, assai diversa nel suo operare dal chiasso della camorra e dall’onore chiacchierato di Cosa Nostra, ha preso casa in Lombardia. L’ha trovata un luogo adatto per nidificare. La globalizzazione l’ha mossa lei, l’ha tessuta nel silenzio dell’operosità, prima ancora che si cominciasse anche solo a parlarne, che un economista le desse il nome, che un giornalista la battezzasse su un quotidiano. È lei che, da quarant’anni, decide oggi quello che tu farai domani». Questo ragionamento sulla ineludibilità dei meccanismi criminali, ci porta subito a misurare la forza della presenza mafiosa nella vita quotidiana dei protagonisti del romanzo di Catozzella. Incontriamo così una dolente galleria di vincitori e vinti che, sullo sfondo di una città a volte assente e spesso troppo invadente, cercano di dare un senso alla loro esistenza, finendo per incrociare, anche non volendolo, le fitte trame criminali, tanto da esserne schiacciati il più delle volte. Il protagonista è lo stesso autore che passa dal dramma familiare della perdita del padre al dramma collettivo rappresentato dalle tante storie che animano una periferia sporca e desolata che pur appartiene a quella che, in anni non troppo lontani, era chiamata la “Milano da bere”. E come le siano bevuta fino in fondo proprio i mafiosi viene descritto in pagine che grondano sangue e lacrime. Pagine che raccontano omicidi, faide, traffici, storie finite nei faldoni dei processi o nella discarica abbandonata di quella memoria collettiva che dovrebbe, invece, essere il primo e più serio anticorpo immediataall’oppressione mafiosa. Non ci sono però solo le case popolari o l’hinterland dei quartieri dormitori che premono sul cuore pulsante di Milano nel libro di Catozzella, ma anche le discoteche e i luoghi della movida milanese, dove la cocaina scorre a fiumi e passa di mano in mano, tanto da essere oggetto di utilizzo comune. I meccanismi perversi dell’economia mafiosa sono contenuti nella descrizione di quello che avviene all’Ortomercato di Milano, il più grande d’Italia, che vede lo sfruttamento di una folla silente di immigrati in cerca di un lavoro pagato una miseria; e poi con la ricostruzione delle procedure delle opere pubbliche, dove le cosche a partire dal movimento terra hanno messo solide radici, grazie alle compiacenti collusioni di burocrati e politici. Quello che l’autore non spiega, ma offre all’ulteriore ragionamento dei suoi lettori, è la ragione di una rimozione collettiva di tutto questo. Scoprire la realtà dei fatti, grazie anche all’azione dei magistrati milanesi con l’operazione “Infinito”, è stato come perdere la verginità, finire di colpo contro un muro e, da parte di troppi – forse la maggior parte ancora oggi – si coltiva ingenuamente l’idea che la città, la regione, l’opinione pubblica milanese e lombarda siano “altro” da tutto questo, siano “fuori” da ogni possibile rapporto con la parte infettata dell’organismo sociale. Mentre, invece, è proprio questa sciagurata rimozione – perlomeno colpevole, per tralasciare il dolo di consapevoli “colletti bianchi” – la causa prima di quello che viene definito nel libro di Catozzella «il dominio invisibile e spietato della ‘ndrangheta al nord». L’urlo finale del protagonista, che si va ad issare sulle guglie del Duomo per gridare la sua disperazione, è la sfida finale che viene lanciata contro il potere della violenza. Una sfida che deve essere raccolta, nel segno della corresponsabilità: in caso contrario, a vincere sarà ancora una volta l’alveare.

Giuseppe Catozzella

ALVEARE

Rizzoli, Milano 2011

pp. 252 € 17,50

Trackback dal tuo sito.

Premio Morrione

Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

leggi

LaViaLibera

logo Un nuovo progetto editoriale e un bimestrale di Libera e Gruppo Abele, LaViaLibera eredita l'esperienza del mensile Narcomafie, fondato nel 1993 dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio.

Vai

Articolo 21

Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

Vai

I link