Don Luigi Ciotti: «Renata Fonte uccisa perchè era una donna giusta»
Visita nel Salento di Don Luigi Ciotti per ricordare e onorare la memoria di Renata Fonte, l’assessore di Nardò barbaramente uccisa a soli 33 anni perché si opponeva a un progetto di speculazione edilizia nella splendida area di Porto Selvaggio. Eletta nelle file del Partito Repubblicano nel 1982, ricopriva la carica di assessore alla Cultura e alla Pubblica Istruzione quando la sera del 31 marzo 1984 pagava con la vita il suo no alla corruzione e al malaffare. Come ogni anno, Don Luigi onora della sua presenza la famiglia di Renata e tutti i salentini orgogliosi di questa donna così generosa. Quest’anno l’incontro è stato organizzato nella Masseria Torre Nova situata nell’incantevole area di Porto Selvaggio, rimasta incontaminata grazie all’estremo sacrificio di Renata.
E’ la prima volta che posso raccogliere direttamente le testimonianze di Don Luigi e, devo dire, nascondo dentro di me una forte emozione. Quando lo vedo arrivare più determinato che mai mi avvicino insieme ad altri giornalisti. E’ un fiume in piena, un piacere ascoltarlo in quanto ti trasmette una carica unica. Alle prime domande su Renata Fonte irrompe così: «E’ stata una donna giusta. I familiari delle vittime di mafia non vogliono più sentire parlare delle loro persone care come eroi o come vittime. Io credo che il miglior modo per ricordare è questo impegno della quotidianità fatta di passione e di coraggio. Lei si è battuta contro la speculazione, ha tutelato l’ambiente e la natura. Se oggi Porto Selvaggio è rimasto selvaggio e lo possiamo vivere in tutta la sua forza, intensità e bellezza lo si deve a Renata Fonte, alla sua passione, al suo impegno politico. Era una donna giusta. Oggi nell’altra estremità di questa regione si ricorda Francesco Morcone ucciso anni fa perché era un uomo giusto. Questa mattina noi l’abbiamo ricordato, uomo giusto che faceva bene il suo mestiere nella sua quotidianità. Il miglior modo di fare memoria di chi non c’è più è proprio quello di impegnarsi, di fare la nostra parte, di sentirci corresponsabili del cambiamento. Il cambiamento che sognamo ha bisogno del contributo di ciascuno di noi, quindi chiediamo allo Stato, alle istituzioni che facciano la loro parte, ma noi facciamo la nostra parte, anche nelle piccole cose.
Oggi si è in tanti qui a fare memoria di Renata Fonte donna giusta impegnata nella politica e madre di due stupende ragazze che ha perso la vita per la sua determinazione, la sua fermezza e il suo coraggio. Oggi è anche una giornata molto triste perché qualcuno cerca di ostacolare la ricerca di verità per ottenere con il processo breve l’impunità. Noi siamo qui oggi per fare memoria di Renata Fonte e di Francesco Morcone e dobbiamo chiedere giustizia e verità. Il 70% dei familiari delle vittime di mafia non conosce la verità e chiedono giustizia e verità. Da un’altra parte c’è chi, per la propria impunità, sta facendo di tutto per ostacolare la ricerca della verità».
A Don Luigi viene chiesto se il governo sta facendo la sua parte.
«Devo dire – riprende con maggior vigore Don Luigi – che, rispetto alla confisca dei beni, i provvedimenti presi, come la creazione dell’Agenzia, sono stati determinanti. E questo bisogna sottolinearlo con estrema forza. Anche in questa meravigliosa terra di Puglia si stanno moltiplicando le cooperative di lavoro con bando pubblico di giovani sui beni confiscati alle mafie, in questo caso Sacra Corona Unita, e ciò mi sembra un segno di grande importanza e di grande positività».
A chi gli chiede dell’ uso inflazionato della parola legalità Don Luigi risponde così: «Molti parlano di legalità. Io preferisco parlare di educazione alla responsabilità. La legalità è una bandiera che molti calpestano tutti i giorni. Oggi c’è troppa legalità malleabile. Se mi conviene rispetto le regole, se non mi conviene non le rispetto. Meglio parlare di responsabilità, di corresponsabilità, di educazione alla responsabilità. Solo così parliamo di legalità. Perché la legalità è la saldatura tra la responsabilità nostra e la giustizia. Ma il vero cancro del nostro Paese resta la corruzione. Lo dice un organo dello Stato, ogni anno lo dice la Corte dei Conti. L’anno scorso 60 miliardi di euro sono finiti nelle mani del malaffare, eppoi non ci sono i soldi per le fasce deboli, per gli anziani, per i servizi. L’ Italia dal 1999 non ratifica la Convenzione di Strasburgo, la Convenzione Europea che ci chiede di inserire nel Codice Penale i reati di corruzione. Noi nel frattempo abbiamo depenalizzato reati che evidenziano la corruzione come il falso in bilancio. L’Italia è inadempiente da questo punto di vista, allora quando ci dicono che non ci sono soldi io credo che sia onesto per amore della verità anche educarci a scendere in profondità per dire la verità. I soldi li dobbiamo prendere dove c’è quel tipo di violenza, dove c’è la corruzione, dove c’è l’illegalità; 60 miliardi di euro dice la Corte dei Conti».
Decisa la risposta a chi chiede perché sul monumento che ricorda Renata non c’è scritto vittima di mafia. «Non importa – risponde Don Luigi – noi sappiamo, una parte della verità si conosce, non tutta, una cosa è certa, era una donna giusta. Una donna che amava la sua terra, che rispettava l’ambiente, che ha lottato con tutte le sue forze perché non venisse distrutto con la cementificazione Porto Selvaggio. Non dimentichiamo che l’anno scorso i reati contro l’ambiente accertati sono stati oltre 28500 e non sono puniti. In Italia sono 17 anni che le associazioni, Legambiente in testa, chiedono che i reati contro l’ambiente entrino nel Codice Penale. Anche questo non c’è nel nostro Paese».
Per quanto riguarda il comportamento del governo sulla gestione degli immigrati il presidente di Libera afferma: «Non è semplice, non è facile, l’Europa deve interrogarsi, mettersi in gioco, essere disponibile. E’ una profonda ferita vedere quello che succede a Ventimiglia dove la Francia respinge. Noi abbiamo il dovere di accogliere le persone, chiedere all’Europa che faccia la sua parte, come abbiamo la responsabilità di dare una mano a quelle popolazioni che cercano la libertà e di poter affermare i propri diritti, la democrazia. E’ grave che gli Stati europei nella gestione della situazione hanno cercato il consenso. La ricerca del consenso non deve intaccare la libertà delle persone. In altri secoli sono state le nostre popolazioni ad andare a cercare fortuna e dignità in altri paesi. L’Europa deve fermarsi a riflettere, non può scaricare solo sull’Italia, che è la prima barriera insieme a Malta dove le persone arrivano. L’Italia sta facendo in questo momento la sua parte, una parte generosa, che però non può essere delegata solo a qualcuno e dentro all’Italia solo a qualche regione. Bisogna che l’Europa se ne faccia fortemente carico».
Sulle dimissioni di Mantovano e del sindaco di Manduria Don Luigi è assai esplicito. «Un atto di grande dignità, grande generosità, un atto di una grande coerenza. Una persona che dice “benissimo io faccio la mia parte fino in fondo, però chiedo che ci sia la corresponsabilità nelle scelte, nei percorsi”, quindi io apprezzo quest’atto di coerenza».
Sul ruolo nel panorama internazionale di Libera: «Sì, Libera è anche in trenta nazioni europee. Si globalizza la criminalità e la mafia e quindi si sono coinvolte università, scuole, associazioni. E’ una meraviglia vedere questi ragazzi in tutta Europa, che veramente sentono voglia di un cambiamento, vogliono una società più pulita, più trasparente, vogliono essere anche loro protagonisti di una trasformazione, di un cambiamento e noi chiediamo loro questa corresponsabilità. Siamo presenti anche in America Latina. L’anno scorso sono stato in Messico due volte lì dove ci sono stati novemila morti per narcotraffico e 750 sequestri in un anno. Abbiamo il dove
re di condividere nel rispetto delle realtà locali che ci chiedono una mano nella costruzione di una rete più attenta. Le mafie si globalizzano e bisogna globalizzare la società con il suo ruolo di responsabilità. Una società che non può dirsi civile se non si sente più responsabile».
Sul ruolo delle donne nella società Don Luigi si esprime così: «Importante è stata la manifestazione che c’è stata a febbraio con le donne scese in piazza contro la mercificazione, contro le facili etichette, sull’eco di vicende che riguardano alcune persone nel nostro Paese. Io mi sono commosso nel vedere la forza, la passione, il grido di bisogno di riaffermare la propria dignità, la propria grandezza. Le donne sono la forza trascinante. Devo dire che una donna mi ha dato una mano per cominciare l’avventura di Libera, Saveria Antiochia, mamma di un agente di polizia che, nonostante fosse in ferie e già trasferito di fatto a Roma, volle volontariamente e generosamente scortare il suo commissario Ninni Cassarà quella mattina del 6 agosto 1985. Questa donna che ora non c’è più un giorno ci disse “Quando ti uccidono un figlio sparano anche su di te”. Roberto Antiochia è stato eliminato con 71 colpi di mitraglietta.
Questa donna diceva che quando sparano a una persona con quei proiettili, li sparano anche su di noi. Ricordare le vittime di mafia vuol dire non dimenticare che quei proiettili li dobbiamo sentire un po’ nella nostra carne, sennò si cade nella retorica, nelle passerelle. La vera memoria è questa forza e questo impegno. La figlia di Renata Fonte è una di quelle grandi protagoniste che han trasformato il dolore in impegno e penso a Margherita Asta che perse nella strage di Pizzolungo la mamma e i due fratelli gemelli. Si sposerà tra pochi giorni. Non avendo più il papà mi ha chiesto se l’accompagnavo io all’altare. L’accompagnerò, poi metterò gli abiti sacerdotali, i paramenti per celebrare il matrimonio. Questa ragazza che è rimasta sola, adesso sposa un ragazzo della provincia di Parma, è un’altra di quelle grandi, stupende donne coraggiose».
Don Luigi si sofferma anche su quelli che possono essere i suoi stati d’animo nella lotta quotidiana. «Alcune volte provo preoccupazione e anche rabbia. Sant’Agostino diceva secoli fa che la speranza ha due figli: la rabbia e il coraggio. La rabbia nel vedere come vanno le cose, ma anche il coraggio di vedere come potrebbero andare. Avere coraggio vuol dire avere cuore. Si possono attraversare momenti di smarrimento, di fatica, ma poi passano in fretta. Il bisogno di essere al fianco degli altri, insieme agli altri per costruire dei percorsi che diano un po’ di speranza. La speranza ha bisogno che ciascuno di noi si dia da fare. La speranza e la libertà han bisogno di impegno».
Non poteva mancare un pensiero sui giovani: «I giovani ci sono. Anche in altre realtà dove si è fatta la giornata della memoria e dell’impegno che non è solo il 21, non è solo Potenza. Sabato ero a Lentini con un migliaio di ragazzi e poi in altre parti d’Italia. L’altra sera a Legnano, e siamo nel Nord Italia, la gente non riusciva ad entrare. Questa mattina a ricordare Francesco Morcone a Foggia c’erano tanti giovani. Sono belli da vedere. Abbiamo una grande responsabilità verso questi ragazzi. Le nostre parole, i nostri gesti, le nostre scelte. Dobbiamo avere bene in mente che il primo testo antimafia in Italia è la Costituzione e bisogna fare in modo che non venga scalfita e demolita come sta avvenendo».
E qui l’intervento di Don Luigi rivolto anche ai numerosissimi ragazzi presenti si fa ancora più incisivo e toccante nel ricordare la figura di Renata Fonte.
«Renata Fonte, donna giusta, ha messo in gioco la sua vita perché amava il suo impegno politico, la sua famiglia e i suoi figli, amava suo marito, amava Sabrina e Viviana, amava la sua terra e quando ha visto che qualcuno voleva usurparla lei si è messa contro. Un atto d’amore, che dobbiamo sentire tutti nel rispettare l’ambiente, i beni comuni come l’acqua, per lottare contro la corruzione che ci impoverisce tutti. Ringraziare Renata, ricordarla, vuol dire continuare a batterci anche noi, per l’ambiente, contro la corruzione perché trionfi la legalità nel nostro Paese. L’ acqua che scorre sulla tomba di Renata ci ricorda proprio che non è possibile privatizzarla perché è alla base della vita di tutte le persone. Ci sono 3 milioni di persone sulla faccia della terra che non hanno servizi igienici. L’anno scorso sono morti 11 milioni di bambini al di sotto dei 5 anni perché non avevano accesso all’ acqua. Quando manca l’acqua crescono a dismisura i rischi di malattia per mancanza di igiene. Per noi questi numeri sono nomi, volti, storie di persone. Renata ha perso la vita per questa passione, per quella politica alta, per amore della sua terra. Dobbiamo ribellarci tutti all’ impotenza, a fare in modo che a diventare normale non sia la corruzione, non siano le mafie, non sia l’illegalità diffusa, non siano le ruberie ma a diventare normale deve essere l’onestà, la trasparenza, il rispetto delle regole per tutti.
Dobbiamo ribellarci all’impotenza. Nessuno deve dire che non è possibile voltare pagina. Non è vero. Se uniamo le nostre forze – sale alto il grido di speranza di Don Luigi – se non ci piangiamo addosso, se non deleghiamo agli altri di fare sempre le cose ma cominciamo a fare come molti di noi stanno già facendo, come voi con le vostre scuole state già facendo. Se uniamo di più le nostre forze, cominciando dalle piccole cose, dalla quotidianità. Vi prego di credere che sarà possibile».
La voce di Don Luigi tuona forte e sale alta quasi a toccare il cielo, a spargersi nella natura incontaminata, luminosa e ricca di colori di Porto Selvaggio in queste prime giornate di primavera, così come l’ha lasciata Renata con il suo sacrificio, ma soprattutto entra forte nei cuori di chi ha ascoltato le parole di questo monumento vivente, di quest’uomo esempio per tutti. A noi la forza e il coraggio di metterle in pratica, senza compromessi, nella vita di tutti i giorni.
Per Renata e per tutti coloro che hanno sacrificato la loro vita semplicemente perché uomini e donne giusti.
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