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Milano, se il lavoro non è un diritto

Di Lorenzo Frigerio il . Lombardia

Alle quattro
del mattino, nel buio ancora della notte che non vuole finire, la tangenziale
est di Milano non è quel girone infernale in cui si trasforma durante
il resto della giornata. Ecco perché ci vogliono solo poche decine
di minuti per andare da un capo all’altro della città. L’appuntamento
è nei pressi di piazzale Lotto, dove si ritrovano i furgoni della carovana
antimafia e i rappresentanti delle associazioni e dei sindacati che
organizzano le tappe in Lombardia. Dopo sei anni, si ritorna nelle piazze
di Milano dove, proprio in occasione di una precedente edizione di Carovana,
era stato denunciato il moderno caporalato che, nella metropoli milanese,
gestiva l’antico mercato delle braccia, riproducendo le condizioni
di una nuova schiavitù nei cantieri della città e della regione.  

Da piazzale
Lotto a piazza Maciachini

Una prima ricognizione
fatta da una sola auto misura il vuoto in piazzale Lotto, forse perché
nei paraggi si aggira una macchina della guardia di finanza o forse
solo perché è ancora presto. Nei pressi del consolato della Romania,
due piccoli gruppi di persone si trovano a sostare, ma non si capisce
se siano alla ricerca di permessi fuori orario – gli uffici sono stranamente
illuminati a quando non sono ancora le cinque e mezzo si intravede dalle
finestre aperte sulla strada del personale che si muove nelle stanze
– oppure se attendano di essere caricati dai caporali che arrivano
con auto e furgoni per portarli nei cantieri di destinazione. Dopo un
poco, forse intimoriti dal via vai, spariscono definitivamente dalla
nostra vista.

Dopo più 
di mezz’ora di attesa, di fronte all’assenza di movimenti sospetti
e al passaggio in piazza di un paio di volanti della polizia – forse
proprio in funzione deterrente per i caporali, ma non ci è dato di
saperlo – viene deciso di cambiare destinazione e il grosso della
carovana si mette in movimento. Nel frattempo è arrivata anche la troupe
del TG Rai regionale e proprio una delle ultime auto, con a bordo alcuni
degli organizzatori e il collega della Rai, nello spostarsi incrocia
proprio a piazzale Lotto un furgone blu che carica in fretta tre persone,
ripartendo a tutta velocità. A nulla serve il tentativo di bloccare
il veicolo per parlare con loro e quindi si raggiungono auto e furgoni
per arrivare insieme a piazzale Maciachini. È qui che si trova un bar,
dove, a detta dei sindacalisti della Cisl e della Cgil, si danno appuntamento
i moderni schiavi. Appena arrivati in piazza, sembra che tutto sia tranquillo.
Qualche avventore per il primo caffè della giornata, due senza tetto
che dormono ancora nei pressi dell’ingresso della metropolitana, ma
è calma apparente. Nel giro di un quarto d’ora arrivano alla spicciolata
diverse persone, per lo più di etnia nord africana o asiatica. Alcuni
sembrano essere lì per caso, ma li tradisce lo zainetto o la più comune
borsa di plastica nella quale custodiscono il pranzo della giornata.  

Libera la
tua libertà

Mentre alcuni
di loro iniziano a rispondere alle domande dei giornalisti e dei carovanieri,
aiutati da un bravo sindacalista di origine egiziana, parte anche il
volantinaggio tra i presenti e i passanti: è stato predisposto, infatti,
un volantino che offre informazioni utili ai lavoratori in nero che
volessero denunciare gli abusi subiti. Si legge, tra l’altro, nel
testo distribuito: «Il lavoro nero, il lavoro senza diritti, senza
tutele, senza protezione sociale non solo è da contrastare perché
è illegale ed eticamente non corretto, ma a volte è lo strumento per
riciclare denaro sporco, per svolgere attività illecite ed è lo strumento
usato dalle imprese malavitose per prosperare. Talvolta è anche lo
strumento che permette di praticare l’estorsione che è l’ingiusto
profitto con altrui danno. Le forme illecite di comportamento costituiscono
soprusi a cui le persone più deboli devono sottostare». Da qui l’invito
a reagire alle prevaricazioni, al mancato riconoscimento dei diritti:
«C’è sempre una linea sottile tra il tacere ed il subire. Rivolgiti
a chi ti tutela, non subire». A seguire gli indirizzi delle sedi Fillea
Cgil, Filca Cisl e Arci, alle quali poter accedere per avere un supporto
e anche l’indicazione dello Sportello SOS Giustizia, aperto da Libera
Milano proprio per venire incontro alle nuove domande di giustizia.
«Libera la tua libertà. Denuncia chi te la toglie»: è questo lo
slogan scelto per la campagna di sensibilizzazione e informazione. Un
equipe di esperti volontari è già all’opera dall’inizio dell’anno
per risolvere problemi piccoli e grandi che nascono dall’incontro
con il complesso mondo della giustizia. 

Le cifre
della vergogna

Prima timidamente
e poi con maggior convinzione, alcuni dei lavoratori che attendono,
fuori dal bar di questa piazza centrale di Milano, di essere portati
a destinazione, raccontano la loro storia. Nei loro racconti imbarazzati,
alcuni sono elementi costanti e altri invece sono delle particolarità:
il quadro umano che ne esce è però sconvolgente. Il lavoro è scarsamente
retribuito: dai 3 ai 5 euro all’ora, a fronte dei 9, 10 previsti dai
contratti collettivi. La chiamata al cantiere per il giorno dopo ormai
viene fatta via sms nel pomeriggio precedente e chi non si adegua è
fuori. Ci sono mesi in cui si riesce a lavorare anche venti giorni
e mesi in cui i giorni lavorati sono al massimo dieci, questo soprattutto
in inverno. Inutile lamentarsi per la mancata osservanza della normativa
antiinfortunistica o per il rispetto delle scadenze per i pagamenti:
essere lavoratori in nero significa essere stranieri nella terra dei
diritti, come ripete spesso Don Luigi Ciotti. Il cantiere non è mai
lo stesso, se non per pochi giorni. Oggi Milano, domani Como o Varese.
Chi si lamenta non verrà più chiamato per qualche giorno, fino a quando
non sarà ridotto dalla fame e dal bisogno a più miti consigli. Allora
il caporale sarà certo di aver vinto le ultime resistenze.

La maggior
parte di loro sono stranieri – non manca qualche italiano che si tiene
prudentemente alla larga dall’assembramento che si è creato nel frattempo
– e alcuni anche clandestini. Per loro la mancanza di fiducia nei
confronti degli italiani è purtroppo la regola, viste le tante umiliazioni
e minacce che hanno dovuto subire proprio dai nostri connazionali.

Quando inizia
a fare giorno, alcuni di loro se ne vanno a bordo delle auto e dei furgoni
che accostano velocemente, per poi ripartire subito, vista l’ingombrante
e imprevista presenza della carovana antimafia. Alcuni dei caporali
nemmeno si fermano quando vedono le telecamere e i volantini; rallentano
e vista la situazione ripartono all’istante. E quelli che dovevano
essere prelevati da loro si allontanano di corsa per non vedere la giornata
di lavoro andare in fumo. Uno di loro, a telecamere spente, ammette
di aver pagato 5.000 euro per un permesso di soggiorno. 

E poi la
Fiera 

Ultima tappa
della mattinata per i carovanieri sono i terreni in cui sorgeranno i
padiglioni dell’Expo, nei pressi della fiera di Rho. Lo scenario,
alle sette e mezza del mattino, è completamente cambiato, sembra più
consono alla proverbiale laboriosità meneghina: macchine in colonna,
arterie stradali intasate e clacson che suonano all’impazzata.

Quando si arriva
davanti alla fiera, in uno dei parcheggi lateral, troviamo casualmente
un gruppo di lavoratori in nero che attende ancora l’arrivo del caporale.
Quest’ultimo è ancora in ritardo e loro sono ancora lì, casualmente
appunto. Parlando con loro, infatti, viene alla luce un’ulteriore
dipendenza che hanno nei confronti di chi li sfrutta quotidianamente
sul cantiere: è un altro diritto, quello alla casa che diventa oggetto
di contrattazione. Uno di loro, infatti, confessa di versare ogni mese
al suo caporale 250 euro per l’affitto di un monolocale che divide
con altri. Se non avesse il suo sfruttatore, non saprebbe a chi rivolgersi
per avere un tetto sotto cui riposare, seppure in qualche modo.

Un colpo di
clacson annuncia l’arrivo del furgone; l’uomo alla guida, anche
lui straniero, rifiuta il volantino e, dopo aver caricato i quattro
uomini, parte lanciando qualche imprecazione. La giornata per lui non
è partita bene.

Sono ormai
le otto e mezza di una mattina qualunque alla fiera di Rho e arrivano
gli espositori con i primi visitatori che, senza troppa convinzione,
ritirano il volantino consegnato loro dai sindacati e dalle associazioni.

Forse loro
non sono costretti a mendicare ogni giorno il lavoro come favore, sono
abituati ad esercitare il proprio diritto ad averlo.

Forse loro
non sono mai stati in piazza alle cinque del mattino, in attesa che
ti carichi un furgone per portarti dove non vuoi, a lavorare come non
avresti mai pensato di fare. A lavorare, con un peso nel cuore per la
lontananza dalla tua terra e al collo le catene di una moderna schiavitù,
che per quanto siano metaforiche, ti soffocano comunque l’esistenza. 

Link:

http://europeancaravanforlegality.eu/

http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/4497

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