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Le mani dei clan sulla filiera alimentare

Di no.fe. il . Lazio

Tutelare la salute e l’ambiente dalle illegalità, dalle frodi e anche dagli interessi della criminalità organizzata sulla filiera alimentare. Questa mattina è stato presentato a Roma dal Corpo Forestale dello Stato il rapporto annuale sulla sicurezza agroalimentare nel nostro Paese. I numeri delle illegalità sono da capogiro ma anche quelle delle operazioni messe in atto per individuare e contrastare il fenomeno. Intanto uno: il lavoro di squadra fra le varie forze che si occupano di questo tema ha prodotto risultati in crescita rispetto allo scorso anno.  Nel 2010 i reati accertati dal Corpo forestale dello Stato nel settore della sicurezza ambientale ed agroalimentare sono stati 102 rispetto ai 75 del 2009. In aumento anche le persone segalate che passano dalle 64 del 2009 alle 120 dell’anno successivo. Gli illeciti amministrativi sono quantificabili in  1 milione e 525 mila euro e sono incrementati canche i controlli effettuati nel settore (5.5056 per il 2010). Reati in aumento, dunque, ma anche controlli rafforzati e nuove strategie di contrasto, in particolare, per un fenomeno che è sempre più diffuso e difficile da rintracciare nella filiera alimentare: la sofisticazione dei cibi, la loro alterazione. 

Un danno diretto alla salute dei cittadini, all’ambiente, all’economia e al Made in Italy. A commentare i risultati del rapporto stamani, a Roma, il Capo del Corpo forestale dello Stato Cesare Patrone, il Presidente della Commissione Parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale Giovani Fava, il Presidente Nazionale Coldiretti Sergio Marini e il Responsabile della Divisione di Sicurezza Agroambientale ed Agroalimentare e del Nucleo Agroalimentare e Forestale, Giuseppe Vadalà. E’ stato proprio Vadalà a porre l’accento sul legame diretto e inequivocabile che c’è fra il rispetto delle norme, la legalità e la qualità dei prodotti, della vita e la salute dell’ambiente in cui viviamo. Un rapporto che deve garantire ai cittadini una sicurezza “dal campo a tavola”. 
La lista delle illegalità ambientali e agroalimentari attraversa tutto lo stivale. Fra le regioni dove sono stati effettuati i maggiori controlli nel settore agroambientale e agroalimentare in testa c’è il Piemonte con 800 controlli, poi a segue la Calabria con più di 600 controlli, la Toscana con 537 e le marche 525 controlli. Quest’ultima regione fa registrare anche una sensibile diminuizione delgi importi comlplessivi relativi alle sanzioni. Un buon dato che fa sperare. Nel rapporto 2010 del Corpo forestale dello Stato emergono altri dati: ammonta a 4 milioni di euro (per 10.653 controlli ) l’importo delle sanzioni amministrative (1.292) nel periodo compreso fra il 2008 e il 2010. Nello stesso biennio le persone segnalatae sono state 226 e 206 i reati accertati. Stamani sono stati, inoltre, presentati alcuni dei risultati più significativi, in termini di inchieste concluse e di illegalità smascherate. Fra i tanti a tutela dei prodotti di qualità certiicata (circa 700 i controlli in questo settore) quella dell’olio deodorato spacciato come extravergine e frutto di una lunga indagine finalizzata a verificare la filiera del prodotto. Dentro l’olio extravergine gli investigatori del Corpo forestale hanno trovato sostanze che non dovevano esserci. Stessa cosa vale anche per altre due operazioni che hanno sventato truffe ai danni della qualità degli alimenti e dei cittadini (anche in termini economici): quella contro una ditta del bresciano che vendeva formaggi di Gorgonzola, Taleggio e Grana Dop, contraffatti e quella   realizzata nel napoletano contro diversi supermercati, ipermeracati e produttori della provincia campana che vendevano prodotti con etichette difformi e false etichettature. Il rapporto  – e anche gli interventi dei relatori di oggi – che mancano ancora due elementi importanti in questa battaglia. Da un lato una normativa che possa meglio venire in contro alle esigenze di trasparenza e sanzione nei casi di reati agroalimentari (in particolare rinforzare l’art. 434 del codice penale) e dall’altro un intervento di tipo culturale sui produttori, coloro che hanno una parte sostanziale di responsabilità nella filiera alimentare. 
E’  il presidente nazionale di Coldiretti, Sergio Marini, a commentare: «c’è bisogno di una cultura della qualità, di una difesa del “Made in Italy” che più ci contraddistingue al mondo». Lancia un appello anche all’Europa il presidente di Coldiretti  «che – dice – in questa battaglia è ancora assente». Non c’è business nel quale le mafie non abbiano saputo riciclarsi. E anche in questo, quello delle sofisticazioni e alterazioni alimentari, le organizzazioni criminali fanno sentire sempre più il loro peso. Numerose inchieste della magistratura segnalano la loro presenza e il forte rischio che sempre più riescano a condizionare questo mercato. Lo aveva raccontato per tempo il libro – inchiesta di Peppe Ruggiero “L’ultima cena. A tavola con i boss” dedicato proprio al tema dell’ingresso dei tentacoli delle mafie nella catena agroalimentare. Le agromafie e le illegalità di vario genere sono raccontate già in numerose indagini delle forze dell’ordine, sono arrivate sin nel cuore del mercati più importanti del Paese. E’ il caso di Fondi, ad esempio, dove la presenza di un “cartello” criminale formato da casalesi, ‘ndranghetisti, e famiglie dei clan catanesi gestivano parte dell’arrivo e della partenza di queste merci che provenivano da tutta Italia. Non solo cibi ma anche gli ambienti e la gestione del territorio. Da tempo Legambiente denuncia i reati di ecomafie e agromafie sul territorio nonostante la difficoltà nel rintracciare l’orgine e il percorso di questi cibi e accertare le responsaibilità. Un contributo sostanziale – ricordano i rappresentati del Corpo forestale dello Stato – lo danno proprio i funazionari dell’Agenzia delle dogane. E’ sull’import  – export che corre infatti molto spesso il mercato illegale dei cibi alterati. Un sistema che sempre più finisce per entrare in contatto con quello dei traffici illeciti gestiti da organizzazioni, spesso di stampo mafioso. 
Grande assente, stamani, il neoministro delle Politiche Agricole Saverio Romano (“Per impegni politico-istituzionali improrogabili” – fa sapere). 

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