Mafie al Nord, Grasso minimizza l’allarme
Come era facile prevedere l’onda lunga delle polemiche in merito alla presenza delle mafie al nord e, in particolare, in Lombardia, non offre momenti di pausa, né accenna a smorzarsi anche perché si alimenta di continue dichiarazioni. L’ultima in ordine di tempo è quella del procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso che interviene nel dibattito per ridimensionare i contorni della presenza delle cosche nelle regioni settentrionali. «Non sta in cielo né in terra – dichiara da Ascoli Piceno il magistrato – dire che il nord Italia sia diventato mafioso, mentre è più corretto dire che ci sono presenze a macchia di leopardo, in una società che cerca comunque di contrastare questi fenomeni».
Del resto è stata proprio la relazione annuale della Dna firmata da Grasso a parlare di “colonizzazione” e non più di presenze e infiltrazioni. Grasso quindi riprende solo in parte l’allarme lanciato dalle pagine del Corriere della Sera dal procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, anche per definirne meglio i contenuti, tanto da smentire il collega per quanto riguarda l’inerzia della società civile nel contrasto al crimine organizzato.
Ricordiamo che proprio a partire dalla lettera di Pignatone era nato un confronto serrato, con tanto di insulti a corredo, tra Nichi Vendola e Roberto Formigoni.
All’indomani della polemica tra i due, in questi giorni il governatore della Lombardia è sembrato voler chiudere la polemica, invitando all’unità nella lotta alla mafia. Nelle dichiarazioni successive allo scontro con Vendola, dopo che quest’ultimo ha ricordato di non aver mai voluto accusare Formigoni, anche l’esponente del Pdl ha smorzato i toni: «Basta con le liti tra noi, la mafia è un nemico di tutti, lavoriamo insieme per combatterla. Lo dico a me stesso, a tutti, e se lo vuole anche a Vendola».
Seppure a denti stretti, Formigoni è stato costretto, finalmente, ad ammettere che la regione che governa ininterrottamente da ormai sedici anni qualche problema con le cosche lo deve pur avere, in ragione della grande attrattiva esercitata dalle enormi possibilità di riciclare gli immensi proventi dei business illeciti. A fronte del pericolo rappresentato dalle mafie, le scelte della sua amministrazione, secondo il governatore, sono funzionali al contrasto sul piano delle infiltrazioni negli appalti e nei contratti di fornitura pubblica.
Formigoni invece ha glissato, in tutte le dichiarazioni rilasciate, sulle nomine in ambito sanitario e negli organismi di controllo: una profonda amnesia sembra interessarlo quando si evocano i nomi di Pezzano – finito nelle intercettazioni dell’operazione Infinito e oggi alla guida della Asl Milano 1 su indicazione della sua giunta – e di Mori e De Donno – gli ex ufficiali del Ros dei carabinieri sotto processo a Palermo – inseriti nel comitato di vigilanza sui lavori di Expo 2015. Da segnalare, sempre nelle stesse ore, le esternazioni in merito del sindaco di Milano, Letizia Moratti, che si sta avvicinando ad una campagna elettorale al calor bianco, proprio su questi temi, per una volta tanto finiti nell’agenda politica della città.
A seguito della lettera di Pignatone, il primo cittadino del capoluogo lombardo, ha chiesto diritto di replica al Corriere della Sera che l’ha ospitata nella pagina interna domenicale dedicata alle lettere, anziché rilanciarla in prima pagina come era stato fatto per Pignatone. Il sindaco ha rivendicato innanzitutto orgogliosamente alcuni meriti: il “patto d’integrità” pensato per escludere dagli appalti i fenomeni di corruzione e le infiltrazioni criminali; il riconoscimento di Transparency International all’operato della giunta meneghina; la richiesta di estendere l’obbligo delle verifiche antimafia per appalti pari o superiori a tre milioni di euro; l’istanza per una banca dati nazionale per le aziende in odore di mafia; la proposta di un gruppo interforze per l’Expo – il cosiddetto Gicex – e l’istituzione di una “white list” delle imprese.
Esaurito il lungo elenco, la Moratti però ha espresso la sua preoccupazione per gli allarmi ripetuti e anche questo è una novità, viste le continue negazioni del problema fin qui esplicitate: «Per troppi anni il Nord ricco e operoso ha creduto di avere in sé gli antidoti naturali ai fenomeni mafiosi: se c’è lavoro, se c’è mercato non c’è spazio per criminalità che ingrassano là dove il contesto socioeconomico è fragile». Il sindaco di Milano si è accorta solo ora che le condizioni dei mercati, mutate per la crisi internazionale, insieme alle capacità imprenditoriali delle cosche costituiscono una miscela esplosiva. Da qui il richiamo a essere «innovativi nell’immaginare nuovi strumenti di prevenzione e contrasto». Quali siano questi strumenti resta però tutto da capire…
La lettera al Corsera si è chiusa con la dichiarata disponibilità a collaborare con le altre istituzioni di governo del territorio, con un richiamo all’unità delle forze politiche per contrastare insieme questi fenomeni, salvo smentirsi subito dopo, nonostante la concordia proclamata, con una frecciata polemica all’indirizzo di Vendola: «Chiedo a chi lancia accuse pretestuose e infamanti contro la Lombardia solo per ragioni elettorali di fare un passo indietro».
Insomma la politica fatica ancora a prendere le giuste misure e il dibattito si avvolge su sé stesso, mentre le cosche continuano indisturbate a riorganizzare le propria fila, dopo le recenti batoste subite ad opera della Dda di Milano.
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