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Italia e Regno Unito, alleate per confiscare proventi illeciti dei boss

Di Anna Foti* il . Calabria, Progetti e iniziative

L’aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati è diventato uno strumento di contrasto al crimine mafioso, ideato e sperimentato nell’ordinamento italiano, ma ormai degno di internazionalizzazione. Ecco perché proprio a Reggio Calabria si svolge un Seminario bilaterale anglo-italiano dal titolo “Sequestro e confisca dei proventi del crimine organizzato”. In realtà un percorso avviato che ha già fatto tappa a Roma e Napoli.

Il Regno Unito lavora infatti di anticipo e si informa, si confronta, stringe contatti con i massimi rappresentanti istituzionali di magistratura e forze dell’Ordine italiani impegnati quotidianamente sul fronte del crimine organizzato mafioso che, al di là della Manica, non è pervasivo come in altre regioni d’Europa e in altri continenti, ma di cui si conosce, evidentemente, il potere di infiltrazione. Nato ad un’intesa tra la Prefettura della provincia Reggio Calabria, il Consolato britannico di Napoli e il Dipartimento per la Pubblica Accusa per Inghilterra e Galles (Crown Prosecution Service, CPS), in collaborazione con l’Agenzia per la criminalità organizzata (Serious Organised Crime Agency, SOCA ), l’incontro è stato riservato a magistrati, tra cui il procuratore capo della Repubblica di Reggio Giuseppe Pignatone, e ai massimi rappresentanti delle Forze di polizia dei due Paesi.

L’incontro si è incentrato sui profili applicativi della normativa riguardante il sequestro e la confisca dei beni alle organizzazioni di stampo mafioso allo scopo di promuovere la cooperazione tra Italia e Regno Unito in materia. La delegazione italiana reggina guidata dal prefetto Luigi Varratta, composta dai Presidenti delle Sezioni misure di prevenzione dei Tribunali di Reggio Calabria e Catanzaro nonchè dai Procuratori e Procuratori Aggiunti della Repubblica, della Dda presso gli stessi Tribunali, oltre che dai  vertici regionali e provinciali delle Forze di polizia, si sta incontrando con la delegazione britannica guidata dal Console del Regno Unito per l’Italia meridionale, Michael Burgoyne e composta dai dirigenti della Divisione internazionale della Unità proventi di reato del Crown Prosecution Service.

Sequestro e confisca di beni nel contesto di cooperazione internazionale e procedure seguite nel Regno Unito per il sequestro di beni non basato su sentenza di condanna, questi i temi trattati. Tanti i punti di contatto tra i due ordinamenti, profondamente diversi (l’uno ispirato ai principi del Common Law e l’altro di ispirazione romanistica di Civil Law), tra cui l’indipendenza del processo di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale rispetto al processo penale e la sua disposizione da parte del giudice anche in presenza di un sospetto di illecita provenienza. Ma esistono anche delle differenze, e sostanziali, che attengono al sistema giustizia che nel Regno Unito ha la matrice di Common Law e non patisce la rigidità della previsione normativa e codicistica, potendo puntare su un’elasticità che garantisce l’efficacia e l’efficienza del sistema complessivo di applicazione delle misure e di certezza delle stesse, sacrificando tuttavia il rigore del diritto scritto e codificato.

Dunque, per esemplificare, pur non essendo codificato il reato di crimine mafioso o di associazione a questo fine, esistendo delle analogie con altri reati come la Cospiracy o ancora il riciclaggio, ciò permette il perseguimento di quel comportamento criminoso e fonda la legittimità della confisca. Inoltre vi è da evidenziare che il Regno Unito non patisce la carenza di risorse, il sovraccarico, il peso dell’arretrato e dunque le lungaggini dei processi anche in ragione dell’assenza del crimine mafioso nei loro territori e dunque dell’impegno che ciò comporta per giudici e forze dell’ordine. Non vi sono, come ha dichiarato il Console del Regno Unito per l’Italia meridionale, Michael Burgoyne, soffermatosi con i giornalisti al termine del seminario, al momento segnali di presenza della ‘ndrangheta al di là della Manica. L’unico ambito di contatto sarebbe quello del traffico internazionale i stupefacenti, oltre ad alcuni episodi relativi alla Camorra, ma a quanto pare, perfettamente gestiti e circoscritti.
 
Lo stesso console Burgoyne ha confermato che già vi sono esperienze di applicazione del diritto inglese contro fenomeni criminali per così dire “importati”, con la suddetta formula di interpretazione analogica, ma ha confermato anche che i giudici britannici sono stati anche pronti a dare esecuzione, dunque a riconoscere validità, a sentenze straniere in questo senso nei loro distretti di competenza.

D’altronde l’impegno e la cooperazione con l’Italia su questi fronti non è nuovo per il Regno Unito come confermato dall’accordo italo-britannico del 1990, coevo alla fase conclusiva delle negoziazioni di Strasburgo finalizzate alla stipula della Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato in tema di mutua assistenza in materia di traffico di stupefacenti e di sequestro e confisca dei relativi proventi. Insomma una giornata di confronto e di scambio di prassi, nell’ambito della più ampia sfida della cooperazione in materia di contrasto al crimine mafioso attraverso l’aggressione ai patrimoni e di armonizzazione europea delle normative.

*da Reggiotv.it

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