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Omicidio Fortugno, la Corte d’Appello di Reggio Calabria conferma 4 ergastoli

Di Gaetano Liardo il . Calabria

Quattro ergastoli per l’omicidio del vice – presidente del Consiglio regionale calabrese Francesco Fortugno. Il pronunciamento della Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria conferma le condanne nei confronti di Salvatore Ritorto, considerato l’esecutore materiale dell’omicidio, e di Alessandro e Giuseppe Marcianò e Domenico Audino. Assolti dall’accusa di associazione mafiosa, invece, Vincenzo Cordì e Carmelo Dessì, condannati in primo grado rispettivamente a 12 anni, il primo, e a  quattro anni il secondo. Pena ridotta, infine, per Antonio Dessì, dagli 8 anni della sentenza di primo grado, a 5 anni e otto mesi. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro 90 giorni.

Un passo importante per la verità sull’omicidio del politico calabrese avvenuto a Locri il 16 ottobre del 2005. Esecuzione in pieno giorno mentre Fortugno si stava recando a votare nei seggi allestiti per le primarie dell’Unione. Un delitto eccellente che ha scosso le coscienze di molti calabresi. Dalla reazione dei giovani di Locri è nato il movimento “Adesso ammazzateci tutti”, una rete di resistenza civile contro la violenza della ‘ndrangheta. Soddisfazione è stata espressa dal Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso che ha dichiarato alla stampa come: «Ancora una volta è stato riconosciuto il valore dell’impianto accusatorio che la Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria ha condotto unitamente alle forze dell’ordine».

Soddisfatta anche la vedova Fortugno, Maria Grazia Laganà che, tuttavia, ha invitato gli inquirenti ad indirizzare le indagini verso il “terzo livello”, ovvero la pista politico – mafiosa che ha fatto da apripista al delitto. Una pista sicuramente difficile da seguire in una regione, la Calabria, dove il livello di collusione tra politica e crimine organizzato è particolarmente profondo. Nonostante negli ultimi mesi le indagini della magistratura sono state concentrate sulla zona grigia di complicità e connivenze, c’è ancora molto lavoro da fare. Sono ancora fresche le intercettazioni ambientali che riprendevano politici in pellegrinaggio nella casa del boss di San Luca Giuseppe Pelle. Voti di scambio e reciproci favori. 

La ‘ndrangheta dimostra la sua capacità di influenzare direttamente una parte della classe politica calabrese. Condiziona le elezioni, sceglie i suoi rappresentati e ottiene quanto chiesto in cambio: appalti e coperture. Come nel caso della sanità pubblica della Calabria. Una realtà resa fatiscente dagli sperperi di risorse: corruzione, tangenti, appalti pilotati o truccati, assunzioni facili. Un settore di potere: chi controlla la sanità controlla anche un rilevante bacino elettorale. E’ stato il caso, ad esempio, di Domenico Crea, subentrato in Consiglio regionale proprio al posto di Francesco Fortugno. Crea, arrestato nel 2008 nel corso dell’operazione “Onorata sanità”, è stato recentemente condannato a 11 anni e 3 mesi di reclusione per il reato, tra gli altri, di associazione mafiosa. Crea, secondo i giudici che lo hanno condannato, si sarebbe accreditato come referente dei boss per la sanità pubblica, nell’allora scenario politico gestito dal centro – sinistra.

L’invito della vedova di Francesco Fortugno, Maria Grazia Laganà, è quindi quello di continuare ad indagare sulle collusioni. Sulla zona torbida che sorregge e tutela i boss della ‘ndrangheta. Quella che dal 3 gennaio del 2010 ha imboccato la via dello scontro duro contro la Procura di Reggio Calabria. Minacce ed intimidazioni dirette a quei magistrati che continuano, nonostante i rischi e le difficoltà, ad far luce sui misteri di Calabria.

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