Libia: intervenire è difficile, non impossibile
La violenza che il regime di Gheddafi sta usando e minaccia di usare
per reprimere la rivolta iniziata il 15 febbraio scorso ripropone la
spinosa questione dell’intervento internazionale, di cosa può fare la
comunità internazionale per scongiurare un nuovo bagno di sangue e per
sostenere i diritti e la sicurezza dei libici. Per alcuni la
soluzione è una sola, come in ogni altra crisi: l’intervento militare.
E’ la sola cosa che riescono a concepire, specialmente quando c’è di
mezzo, come in questo caso, il petrolio. In realtà, la comunità
internazionale non dispone di veri e propri strumenti di intervento. E’
una triste, amara e sconfortante realtà.
Per essere efficace,
l’intervento dovrebbe essere gestito da una autorità sopranazionale
superpartes credibile. Chi interviene non deve avere secondi fini (tipo
garantirsi il controllo delle risorse naturali di un paese) ma un solo
obiettivo: proteggere la popolazione, difendere i diritti umani,
impedire il massacro di civili innocenti. A questo scopo è stata
costituita sessantasei anni fa l’Organizzazione delle Nazioni Unite.
Per
intervenire l’Onu dovrebbe poter disporre di adeguati strumenti e
risorse. Ma i governi degli stati membri non hanno mai consentito
all’Onu di adempiere al proprio mandato e di organizzarsi di
conseguenza. L’intervento della comunità internazionale in Libia
è indebolito dalla documentata accusa di usare due pesi e due misure.
Il silenzio e la sostanziale inazione della comunità internazionale di
fronte a tante tragedie in corso (come quella della Somalia) o grandi
violazioni dei diritti umani (come quelle perpetrate da oltre
sessant’anni nei confronti del popolo palestinese) rende la comunità
internazionale poco credibile e la espone a pesanti accuse. A questo si
aggiungono anche le ombre lasciate da altri interventi militari
occidentali come in Somalia, Bosnia, Kosovo, Iraq e Afghanistan.
Ciononostante,
non è vero che non si può fare nulla. Nonostante la complessità della
situazione interna della Libia, la comunità internazionale (Onu, Europa,
Lega Araba, Unione Africana,…) deve:
1. agire con
determinazione per raggiungere un cessate il fuoco immediato, fermare
l’escalation della violenza e impedire un nuovo massacro;
2. inviare immediatamente in Libia gli osservatori internazionali dell’Onu;
3. soccorrere le popolazioni bisognose di assistenza umanitaria;
4.
monitorare l’assoluto rispetto da parte degli stati dell’embargo sulle
armi deciso con la Risoluzione 1970 (2011) del Consiglio di Sicurezza
dell’Onu.
Il mondo ha bisogno di un sistema organizzato per gestire le crisi internazionali e prevenire guerre e genocidi. Servono:
(1) un sistema di pre-allarme, di identificazione e monitoraggio dei conflitti più pericolosi prima che possano scoppiare;
(2) uno strumento di mediazione tra le parti;
(3)
una forza di polizia internazionale, una forza militare e civile
dell’Onu, istituita in modo permanente sulla base della Carta delle
Nazioni Unite, pronta ad intervenire quando si deve impedire o fermare
lo scoppio della violenza;
(4) i corpi civili di pace;
(5) il Tribunale Penale Internazionale, uno strumento per processare ogni persona accusata di genocidio o di crimini di guerra.
E’
indispensabile inoltre che l’Unione Europea sappia parlare con una sola
voce sulle questioni di politica internazionale e che s’impegni a
costruire una Comunità del Mediterraneo in grado di sostenere
pacificamente il processo di transizione alla democrazia e di sviluppo
umano dei paesi del nord Africa e del Medio Oriente.
* Tavola della Pace – www.perlapace.it
Trackback dal tuo sito.