L’onda nera
Come accadde l’11 Settembre 2001, quando due jet si scagliarono contro
il WTC di New York distruggendone le due celebri torri e provocando una
scena apocalittica molto simile a tante altre, già viste al cinema.
Così, anche con il tremendo terremoto giapponese del 2011, le immagini –
spaventose – hanno subìto un confronto percettivo immediato con quanto
s’era già sedimentato nelle nostre menti di spettatori cinematografici e
televisivi. Con quell’irresistibile effetto di banalizzazione che ormai è ben noto, e
che non allarma meno dei dati drammatici provenienti dalla realtà
fenomenica.
Le spaventose oscillazioni dei grattacieli di Tokyo –
capaci di resistere all’inusitato sisma – sono state testimoniate da
centinaia di video girati e “postati” in tempo reale: gli stessi
protagonisti (e vittime potenziali del sisma) hanno vissuto
un’esperienza che sintetizza in una forma estrema lo sdoppiamento, la
dicotomia interiore, la schizofrenia della nostra era. I giapponesi,
abituati moralmente e socialmente addestrati ai capricci di Madre Terra,
hanno mostrato di saper vivere il dramma con rassegnazione passiva e
partecipazione attiva, salvo poi ritrovarsi sommersi dall’oceano, del
tutto inermi.
Infatti, alla prova di straordinaria efficienza fornita dalle
strutture della capitale è seguita l’onda nera dello tsunami. Anche qui
abbiamo visto persone affacciate ai balconi, uno smartphone in mano, che
assistevano alla tragedia e riprendevano l’onda che minacciava la loro
stessa vita: uomini, donne, case e automobili; infrastrutture, strade e
ponti; capannoni e barche di ogni dimensione; una massa crescente di
detriti di ogni tipo che trascinava via tutto come un ammasso di
giocattoli abbandonati in una discarica; l’impetuosa ondata di acqua
scura sommergeva, inesorabile, ogni cosa: anche questo abbiamo visto,
grazie alla tecnologia telematica. E tutto il pianeta è rabbrividito.
Eppure l’effetto “deja vu” – ancora una volta – è stato fortissimo.
La devastazione è un tema abituale; è divenuto da decenni, un vero e
proprio topos. Forse la fantasia (morbosa?) della specie umana ha un
carattere autodistruttivo più potente e irrefrenabile di quanto vogliamo
ammettere o siamo capaci di sopportare. Anche la vicenda dei reattori
nucleari di Fukushima, danneggiati e resi pericolosissimi con danni la
cui gravità viene oscurata da una fitta cortina di affarismo e
irresponsabilità, sembra confermare che il ‘cupio dissolvi’ è lo sport
più amato e praticato: a Hollywood, nel Mediterraneo, nel lontano
Pacifico.
L’avevamo visto al cinema, lo tsunami, poco tempo fa: nelle scene
inziali del suo “Hereafter”, Clint Eastwood aveva ricostruito il
disastro del 2004, in Indonesia, con brutale e magnifico realismo. In
quelle scene tremende e tragiche brillava il sole tropicale, e il muro
d’acqua era verdeazzurro, come il mare che conosciamo. Nella realtà,
invece, l’onda è nera e, come in una visione infernale, divora ogni
traccia dell’uomo sulla terra.
Riferimenti visivi
FICTION
Knowing: destruction scene (Ita: “Segnali dal futuro”)
http://www.youtube.com/watch?
Indipendence day
http://www.youtube.com/watch?
(ripresa domestica da tv casalingo SONY !!!)
Hereafter (Scena dello tsunami)
http://www.youtube.com/watch?
The day after tomorrow
http://www.youtube.com/watch?
http://www.youtube.com/watch?
Tsunami (2005)
http://www.youtube.com/watch?
Krakatoa – The last days
http://www.youtube.com/watch?
DOCUMENTARI
http://www.youtube.com/watch?
(History Channel)
NON FICTION
Giappone
Tsunami 19 http://www.youtube.com/watch?
Tsunami 23 http://www.youtube.com/watch?
Tsunami 20 http://www.youtube.com/watch?
California
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