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Calabria, nell’affaire Zappalà si cerca “u Presidenti”

Di Gianluca Ursini il . Calabria

«Chi e’ Big Jim? E “U Presidenti” che ha detto che ti vuole cacciare di galera? Contro quali ‘’mulini a vento’’ e ‘’cose assai più grosse di noi’’ stanno combattendo i famigli di Santi Zappalà, dal momento in cui l’ex sindaco di Bagnara è finito in galera, lo scorso 21 dicembre?».  Nel processo al politico regionale più votato nelle liste vicine al premier Berlusconi è stato depositato ieri, martedì 15 una informativa redatta dai Reparti Speciali dei Carabinieri, Nucleo Anticrimine di Reggio (uno dei 5 presenti su tutto il territorio nazionale, unitamente a Palermo, Napoli, Roma, e Milano) diretti dal colonnello Stefano Russo, in cui sono registrati i colloqui in carcere tra il politico e i suoi parenti che si stanno interessando alla vicenda del suo, più volte, richiesto scarceramento. Protagonisti della vicenda sono Antonino Zappalà, fratello, Franca Parisi, ex prima cittadina bagnarese, la sorella Rita e moglie di Antonino, e il ‘mitico’ cugino Antonino.

Antonio Agatino Guglielmo, viene chiamato il ‘cugino avvocato’ dal sindaco la mattina del suo arresto, quando Zappalà lo convoca per trattare i termini della carcerazione con i carabinieri. Ma Guglielmo avvocato non è; è però fondamentalmente un funzionario di cancelleria della Corte d’Appello; ma che funzionario. Presso la segreteria elettorale, quella che designa i presidenti di Seggio ad ogni tornata, municipale come nazionale. Tornava utile all’occorrenza. A Bagnara corre voce che i famigliari del Sindaco ai seggi di borgata Marinella (il quartiere dei pescatori) all’uscita del seggio dispensassero le domande: “Tu, hai già votato, te ne puoi andare… Micareddu, dove vai? Non devi più votare, è inutile che entri”. Antonello, come lo chiamano in famiglia, passa notizie di prima mano da dentro gli uffici giudiziari: è il simbolo di come la politica che fa affari con la mafia (Zappalà, ricordiamolo, è quello che andava in ginocchio da Peppe Pelle, figlio di Don ‘Ntoni Gambazza, ai suoi domiciliari in Bovalino, per mettersi “a disposizione” e chiedere voti) ha anche appreso come infiltrarsi nei meccanismi della Giustizia. Guglielmo raccorda la linea difensiva con gli avvocati Tonino Curatola e Francesco Albanese; tanto che i familiari sono fiduciosi: a ridosso delle feste, fratello cognata e moglie vanno a trovare il politico in ceppi a Nuoro, casa circondariale di Badu e Carros, e gli confidano in colloquio: “Abbiamo 90 giorni, Santo, i tuoi termini carcerazione preventiva scadono il 21 marzo, ma noi confidiamo che esci prima, molto prima, Abbiamo scalato una montagna, Santo! E sai comu simu ora, nella discesa! Una montagna abbiamo scalato per te!”.

Intanto il 12 gennaio arriva la prima notizia positiva per la famiglia Zappalà: il tribunale del Riesame accetta di fare decadere dall’accusa la pesante aggravante del concorso esterno in associazione mafiosa; a tale proposito in carcere i familiari vanno a trovare Zappalà e riferiscono di una telefonata ricevuta da Nino Foti, parlamentare, coordinatore provinciale Pdl. “Santi c’era una chiamata di Nino, Nino Foti sul tuo cellulare, che idea ti sei fatto?”; “Avrà chiamato per complimentarsi del coso, del fatto dell’associazione mafiosa,,” ribatte l’ex sindaco.  A questo punto, il 2 febbraio Zappalà tramite gli avvocati Albanese e Curatola, si dimette da ogni carica politica e promette di smettere con le cariche pubbliche in una lettera ai magistrati; si attende in ogni momento la concessione dei domiciliari. Zappalà è impaziente: in un telegramma intima ai legali di “mettere ogni pressione possibile”, come è abituato a fare da quando è politico. Ma la voce giunge al cugino negli uffici giudiziari reggini. Il fratello deve andare in visita a Nuoro a redarguirlo: “Noi stiamo lottando contro i mulini a vento, Santi!” e ancora: “Tu non lo sai con chi ci siamo messi! Gente più grande di noi.. assai più grande..e tu.. tu stai facendo un bordello! Ti devi dare una calmata!” Evidentemente il cugino in Corte d’Appello ha avvisato di come i magistrati siano venuti a sapere di queste esortazioni a ‘’esercitare pressioni’’ e lo ammonisce: “Hai una cazzo di testa.. fai sempre come dici tu! Che voleva dire che gli hai scritto delle pressioni? Non fare bordello! C’è qualcuno a cui non nci calau (non è andato bene) che non hai più l’associazione… statti attento a quello che scrivi.. che qua ci arrestano a tutti… Ndi ttaccunu a tutti, capisciscti? (‘Ci mettono ai ceppi’, tipico reggino per ‘’ci arrestano’’ tutti, ndt).

A questo punto della conversazione, Zappalà compie un gesto che ripeterà almeno altre 5 volte nei colloqui in carcere col fratello: chiede se “è stato avvisato… lui!” con lo stesso tono con cui al primo colloquio aveva chiesto alla moglie: “chi ha parlato con Big Jim?”; e si alza in piedi per mimare con le braccia allargate, una persona molto corpulenta o un fusto. Zappalà si informa se “lui” sia stato informato del fatto che i parenti lo vogliano fare andare ai domiciliari per San Valentino e mima le forme di una persona “grande”: importante, o imponente? Come il metro e 90 e passa del presidente Scopelliti o del vicepresidente regionale Alberto Sarra, che come ha rivelato l’inchiesta ‘Redux’ di Milano, nelle parole del Gip Giuseppe Gennari, è indagato per voto di scambio nell’inchiesta ‘Meta’?  Di sicuro, in febbraio, delusi per non aver ottenuto la scarcerazione, moglie e fratello visitano Zappalà e gli intimano di non prendere più iniziative, perché adesso ha “un nemico potente…non ti dico.. ma molto potente” (Rita) e “uno che fa pressioni… sul tribunale della Libertà”, per il fratello Antonino. “Ma si sa chi è?” chiede il politico, al che il fratello ribatte: “Eh, ma tu devi pensare che a livello di opinione pubblica… sono stati mesi… sulla stampa ti davano tutti del mafioso ti sei fatto dei nemici potenti…tu non hai idea con chi stiamo lottando!”. E in seguito, per dire che Santi Zappalà non deve più prendere iniziative autonome, il fratello rivolge al politico due ammonimenti: “tu fatti i fatti tuoi, perché di là ci stanno facendo un culo tanto, noi abbiamo fatto di tutto”, ma ammoniva a fare attenzione perché “Qua si è saputo qualcosa di quello che ci siamo detti” accennando a amici del cugino, a “quello della cancelleria” che avrebbe riferito alla famiglia del fatto che loro fossero intercettati e registrati durante i colloqui.. e infine Antonino Zappalà ricorda al fratello Santi di “non parlare”; riferisce una raccomandazione del cugino funzionario giudiziario a “non nominare U presidenti”, e soprattutto a non dire mai che “il presidente aveva detto “l’avimu a cacciari”,” ossia “lo dobbiamo togliere”, come a dire ‘dobbiamo levarlo di galera’; questo è il punto focale. I Zappalà, oltre a informare “una persona grossa, importante”, presumibilmente un politico, delle proprie strategie per ottenere i domiciliari, hanno anche un appoggio dentro la magistratura: qualcuno che “avi a cacciari” a togliere di galera il politico sotto indagine.

Ma hanno anche degli amici fidati, in Corte d’Appello, che riferiscono loro di come tutte queste trame vengano scoperte e registrate dai carabinieri, a fare attenzione a non parlarne troppo. La pulizia di Carabinieri e magistratura sembra rivolgersi non solo ai Palazzi della politica, ma anche a quelli dell’ordine giudiziario. 

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