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118 mld di euro riciclati dalle mafie
Le ‘ndrine “colonizzano” la Lombardia

Di redazione* il . Istituzioni

E’ la ‘ndrangheta ‘ l’organizzazione mafiosa piu’ ricca e interlocutrice di ogni potere, sia politico che amministrativo. Questo uno degli elementi emersi nella relazione annuale presentata dalla Direzione nazionale antimafia guidata da Piero Grasso. Le ‘ndrine sarebbero ancora le più pericolose fra le varie organizzazioni criminali che operano in Italia e all’estero. In particolare, spiega la relazione della Dna in un documento di 1.110 pagine «la ‘ndrangheta ha caratteristiche di organizzazione mafiosa presente su tutto il territorio nazionale, globalizzata ed estremamente potente sul piano economico e militare tanto da potere essere definita presenza istituzionale strutturale nella societa’ calabrese, interlocutore indefettibile di ogni potere politico ed amministrativo, partner necessario di ogni impresa nazionale o multinazionale che abbia ottenuto l’aggiudicazione di lavori pubblici sul territorio regionale». Il riciclaggio complessivo riferibile alle ‘mafie’, secondo il Fondo monetario internazionale, ”ammonterebbe a 118 miliardi di euro” mentre ”il denaro ‘pulito’, al netto del riciclaggio, e’ stimato attorno ai 90 miliardi l’anno di cui 44 sarebbero di spettanza della ‘ndrangheta, la piu’ potente e ricca delle organizzazioni criminali italiane”. Una organizzazione criminale molto forte che fa leva in particolare sulla gestione, come player principale, del narcotraffico che frutta il 62% dei profitti illeciti, e nel quale i clan hanno abbattuto i costi riducendo, per cosi’ dire, della ‘filiera’. Secondo il procuratore antimafia, Giuseppe Pignatone dunque serve un’azione di contrasto che superi le logiche emergenziali per adottare un approccio sempre piu’ sistematico.

Cosa nostra, sopravvive agli arresti e continua ad operare

Se ne parla come di una mafia “sommersa” o “in ginocchio” ma secondo i magistrati della direzione nazionale antimafia continua ad operare ed è ancora una struttura altamente pericolosa. Stiamo parlando di Cosa nostra, la mafia siciliana, a lungo il cuore delle organizzazioni criminali italiane. Nella relazione si legge: «Dalla cattura di Provenzano in poi, “cosa nostra”, superata la fase caratterizzata dalla cosiddetta strategia della “sommersione”, vive una fase di transizione non soltanto sotto il profilo della scelta di una nuova leadership ma anche sotto il profilo della ricerca di nuovi schemi organizzativi e di nuove strategie operative dopo quella ideata e attuata nell’ultimo decennio, definita dell’inabissamento o della sommersione». Ma anche nei momenti di crisi Cosa nostra non rinuncia al controllo del territorio e alla sua organizzazione interna. «Gli indiscutibili successi che anche nell’anno in esame si sono conseguiti nei confronti dell’organizzazione Cosa nostra  – continuano – non devono indurre in errore facendo ritenere che la cattura di esponenti mafiosi di spicco e di numerosi altri associati possa da sola disarticolare in maniera definitiva l’organizzazione. La forza di Cosa nostra sta indubbiamente nei suoi capi, la cui cattura le causa un danno rilevantissimo, ma la mafia è comunque in grado di sopravvivere proprio a causa della sua struttura». Cosa Nostra è dotata di una sorta di costituzione formale e di una costituzione materiale, al pari dello Stato, come lo Stato – scrivono i magistrati della Dna: «In alcuni momenti storici ha contato di più la sua costituzione materiale, nel senso che il governo dell’organizzazione è stato retto secondo le scelte dei capi ed a prescindere dal rispetto delle regole. Nel momento in cui l’azione investigativa dello Stato ha portato alla cattura di tali capi, se la cosiddetta costituzione materiale dell’organizzazione è andata in crisi, la costituzione formale di Cosa Nostra, ha ripreso importanza e tutt’ora consente alla struttura di sopravvivere anche in assenza di importanti capi riconosciuti in stato di libertà.[…] Cosa nostra non è solo palermitana e che attualmente il più pericoloso latitante, che ne costituisce la parte in libertà del vertice conosciuto è riferibile alla provincia di Trapani».


‘Ndrangheta ha “colonizzato” la Lombardia

Le indagini portate avanti dalle Dda di Reggio e Milano hanno fatto emergere «l’esistenza della ‘ndrangheta come organizzazione di tipo mafioso unitaria, insediata sul territorio della provincia di Reggio Calabria; l’esistenza di un organo di vertice che ne governa gli assetti, assumendo o ratificando le decisioni piu’ importanti e l’esistenza di molteplici proiezioni, oltre il territorio calabrese, di cui la piu’ importante e’ la Lombardia, secondo il modello della ‘colonizzazione’, ed i rapporti tra la casa madre e tali proiezioni esterne». Dal territorio calabrese la mafia calabrese si è da tempo lanciata verso verso i mercati del Centro-Nord Italia, verso l’Europa, il Nord America, il Canada, l’Australia. «Piu’ in particolare, in Lombardia la ‘ndrangheta si e’ diffusa non attraverso un modello di imitazione, nel quale gruppi delinquenziali autoctoni riproducono modelli di azione dei gruppi mafiosi, ma attraverso un vero e proprio fenomeno di ‘colonizzazione’, cioe’ di espansione su di un nuovo territorio, organizzandone il controllo e gestendone i traffici illeciti, conducendo alla formazione di uno stabile insediamento mafioso in Lombardia. Qui la ‘ndrangheta ha ‘messo radici’, divenendo col tempo un’associazione dotata di un certo grado di indipendenza dalla ‘casa madre’, con la quale pero’ comunque continua ad intrattenere rapporti molto stretti e dalla quale dipende per le piu’ rilevanti scelte strategiche». Nella copiosa relazione della Dna  viene evidenziato, inoltre, un avvertimento importante per tutto il centro – nord. Lo sganciamento della componente territoriale per quel che riguarda le mafie tradizionali ha portato all’aumento del rischio di infiltrazioni mafiose nelle pubbliche amministrazioni del centro – nord Italia. «C’e’ il rischio che si crei una schiera di ‘invisibili’ che, germinata dalle cellule silenti delle mafie al Centro-nord – scrivono i magistrati –  penetri in modo silente ma insidioso il tessuto politico, istituzionale ed economico delle regioni oggetto dell’espansione mafiosa».

Camorra sempre più frammentata e “versatile”

Una sorta di modello orizzontale sarebbe sempre più quello operativo nell’organizzazione criminale campana. Seguendo una inclinazione tipica di questa struttura la Dna rintraccia elementi ulteriori di frammentazione dei gruppi criminali sul territorio campano. «Questo – scrivono i magistrati – favorisce la formazione di aggregazioni criminali  di particolare fluidita’, in grado di controllare capillarmente ambiti territoriali, i quali, pur essendo poco estesi, si caratterizzano per un elevato numero di micro-insediamenti produttivi e di micro-attivita’ economiche: e’ allora evidente che i mercati legali vengono inevitabilmente e progressivamente ad essere condizionati dai metodi di tipo mafioso propri di tali sodalizi criminali». Questo avrebbe indebolito leadership individuali a favore di una gestione maggiormente in mano ai singoli clan.

La quarta mafia in Puglia

Nella regione da anni si parla di un calo delle attività criminali dopo la “sconfitta” della Sacra corona unita ma le attività illegali continuano con ritmi crescenti. Gli elementi che fanno parlare di un ritorno ad alti livelli della criminalità pugliese, anche. La cosiddetta quarta mafia viene analizzata nella relazione della Dna ed emergono alcuni nuovi aspetti che la caratterizzano rispetto agli anni ’90. In particolare si legge nel documento: «possiamo parlare di una mafia compiuta che ha dismesso il ruolo di soggetto
del terziario mafioso (come efficacemente descritto dagli studiosi negli anni scorsi) incaricato di fornire consulenza su come introdurre sul territorio pugliese prodotti illeciti – dal tabacco alla droga, dalle armi ai clandestini – su come e dove nasconderli, su come trasportarli verso i mercati di destinazione; un ‘terziario’ della malavita che, in cambio di alloggi, coperture, manodopera, basisti, autisti, si accontenta di una partecipazione agli utili o di una percentuale sui proventi illeciti’». Ad oggi  – proseguono «ha acquisito consapevolezza dei propri mezzi, delle capacita’ operative e strategiche conseguite, del vantaggio competitivo di cui dispone rispetto ad altre organizzazioni mafiose in relazione ai contatti con i gruppi criminali balcanici. Agisce, percio’, in prima persona e non piu’ in conto terzi; pretende il governo degli affari illeciti e non e’ piu’ disposta ad accettare ruoli ausiliari e serventi». Inoltre – concludono: «emergono interessi sempre piu’ spiccati verso nuovi mercati: si fanno concreti i coinvolgimenti di ceti professionali nell’azione criminale (i cosiddetti ‘colletti bianchi’, in grado di offrire ai clan servizi raffinati ed entrature negli ambienti politici e amministrativi); il reinvestimento e il riciclaggio dei proventi illeciti e l’acquisizione di spazi sempre piu’ ampi nell’economia legale divengono una costante dei clan».

Mafie straniere

Cresce il volume di affari delle organizzazioni criminali straniere. Narcotraffico, tratta degli esseri umani, riduzione in schiavitù, prostituzione. Questi i business criminali sempre più attivi nel nostro Paese e all’estero. Aumentano i reati di natura informatica e la contraffazione delle merci. Il riciclaggio di denaro sporco segue molto spesso – secondo la relazione – i canali della criminalità internazionale. Molti i provvedimenti adottati a dieci anni dalla Convenzione di Palermo ma tanti ancora i limiti da superare per uniformare gli strumenti legislativi e di contrasto. Le mafie cinesi, in particolare, evidenziano specificità e silenziosità nell’operare in varie regioni nel Paese, mettendo in circolo denaro contante e imprese che rilevano attività in piena crisi economica italiane.

* a seguire nei prossimi giorni approfondimenti tematici su Libera informazione.org

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