Marche, cessata la quiete nella regione
Le Marche sono una regione tranquilla, apparentemente poco avvezza a fronteggiare fenomeni di stampo mafioso. Il procuratore della Repubblica di Ancona Vincenzo Macrì, a fine gennaio, nel suo intervento alla cerimonia di apertura dell’anno giudiziario ha, però, precisato: «Anche se la regione sembra essersi preservata da fenomeni legati alla criminalità organizzata, occorre tenere alta l’attenzione, intervenire preventivamente e saper cogliere tra i reati-spia segnali di fenomeni più gravi ed inquietanti». Meglio evitare quindi di replicare quanto avvenuto in altre regioni del centro-nord, per troppo tempo considerate immuni da certi problemi. È infatti sufficiente rileggere anche solo la più recente cronaca delle Marche per rintracciare episodi allarmanti.
Il 14 febbraio scorso a Pesaro due persone originarie di Bronte sono state arrestate su ordine del gip di Catania nell’ambito di un’inchiesta per associazione mafiosa, estorsione e traffico di stupefacenti. I loro nomi sono inseriti nella lista di 18 presunti affiliati ad un clan mafioso di Bronte organico alla cosca Santapaola- Ercolano. La coppia si era trasferita nelle Marche a fine novembre. Mentre l’uomo scontava nel pesarese i domiciliari per reati commessi in Sicilia, i due, secondo l’ipotesi dell’accusa, si dedicavano allo spaccio. Il 19 gennaio 2011 un pasticcere palermitano di 36 anni, Antonino Amato, è stato ucciso a Sassofeltrio, in provincia di Pesaro e Urbino, con modalità che ricordano quelle delle esecuzioni mafiose. L’uomo è stato tamponato alle 5.30 del mattino mentre stava andando al lavoro con la sua auto. Gli aggressori lo hanno fatto scendere dalla macchina e colpito alla gola con un coltello. Quindi gli hanno sparato due colpi di pistola, uno alla spalla e l’altro alla nuca. Il corpo dell’uomo, dopo esser stato frettolosamente legato ai piedi, è stato cosparso di benzina e dato alle fiamme.
Le Marche sono state e sono tuttora terreno fertile anche per i reati legati alla contraffazione. A dicembre la Guardia di Finanza di Ancona, in un’inchiesta coordinata dalla Dda, ha scoperto un’organizzazione criminale italo-bulgara specializzata nella contraffazione di false calzature Hogan (gruppo Tod’s). Sono state denunciate 11 persone e sequestrate 1400 paia di calzature finite, 2200 in produzione e altro materiale per il confezionamento. La merce non era destinata al mercato degli ambulanti abusivi ma a quello degli outlet. L’episodio di dicembre non è un caso isolato. Nel 2009, nel solo mese di maggio, sono state effettuate tre operazioni simili tra Ancona, Fermo e Ascoli Piceno. Ad Ancona la Guardia di Finanza ha sequestrato ottomila capi ed accessori con falsi marchi, come Perry, La Martina, Moncler, Calvin Klein, Guess, Burberry e Gucci. Sempre le Fiamme gialle di Ancona, qualche giorno dopo, hanno sequestrato quattromila capi di abbigliamento e accessori conservati in due magazzini insieme al materiale per il confezionamento e tremila etichette con i loghi di ditte famose. La terza operazione, avvenuta in diversi comuni tra Fermo e Ascoli Piceno, ha portato al sequestro di diecimila scarpe false, ancora una volta Hogan.
Ci sono poi i reati legati allo smaltimento di rifiuti. Lo scorso luglio i carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Ancona insieme alla Procura di Napoli hanno bloccato un presunto traffico di rifiuti provenienti da diverse zone tra cui Gela. Un affare da diversi milioni di euro per lo smaltimento di almeno cento mila tonnellate di scarti, fanghi, melme, filtri e ceneri pesanti. Al centro dell’inchiesta la “Eco Service s.r.l.” di Corridonia, in provincia di Macerata, un’azienda specializzata nei processi di inertizzazione di rifiuti pericolosi. A marzo 2010, a Serravalle di Chienti, sempre nel maceratese, la forestale ha trovato rifiuti speciali abbandonati nel piazzale di un cantiere di proprietà di un imprenditore di Reggio Calabria. Lastre di eternit, 16 fusti contenenti rifiuti liquidi e 16 bancali con migliaia di confezioni di carica-telefonini elettrici. Un altro caso importante è quello dell’operazione Appennino a Camerino, ancora una volta in provincia di Macerata. Nel 2009 il Nucleo Operativo Ecologico di Ancona ha smascherato un giro illecito di rifiuti speciali, circa 16mila tonnellate, per un milione di euro. Undici le persone coinvolte nei reati di traffico illecito di rifiuti, malversazione ai danni dello Stato e gestione di allevamento di bovini con modalità illecite.
Ai casi citati si aggiungono poi gli arresti di esponenti mafiosi che cercano rifugio nel dolce verde marchigiano. A maggio 2010 è stato arrestato a Chiaravalle, in provincia di Ancona, il 28enne Luciano Zappalà, esponente del clan catanese Santapaola, accusato dell’omicidio di Francesco Valenti. Nella stessa zona diversi anni prima, nel 2005, era stato arrestato il pregiudicato di Gela, Enrico Maganuco, esponente della cosca della “Stidda” su cui pendeva un ordine di custodia cautelare emesso dal tribunale di Caltanissetta per estorsione. Oltre ai fatti citati, non mancano piccoli casi di sequestri di droga, usura, prostituzione, reati ai danni del patrimonio e traffici internazionali. Tutti reati che non bastano a definire le Marche una regione ad alta esposizione mafiosa ma che sono sufficienti ad affermare l’importanza di monitorare il fenomeno. Facendo leva, magari, anche su un tessuto sociale, vigile e consapevole, fondamentale nel segnalare concretamente episodi e intrecci sospetti.
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