Libia nel caos, continua la mattanza di Gheddafi
La violenza sembra non avere fine in Libia. La tv Al Arabiya su twitter parla di 10 mila morti e 50 mila feriti. Numeri che fanno rabbrividire e che danno l’idea del massacro che si sta consumando nella sponda sud del Mediterraneo. Gheddafi non ha intenzione di lasciare la Libia, come ha ribadito nel video trasmesso ieri e ripreso dai network televisivi internazionali. Anzi, la violenza degli scontri perpetuati da mercenari assoldati dal Raìs, o dall’esercito regolare, dimostrano il contrario. Il leader della Jamahiriya cerca di affogare nel sangue la rivolta. Nonostante l’uso massiccio della forza, il regime sembra sfaldarsi. La Cirenaica, regione orientale della Libia, è in mano ai ribelli, a cui si sono uniti anche settori dell’esercito. Bengasi ha pagato un prezzo altissimo in termini di vite umane, ma è riuscita a liberarsi dal controllo di Gheddafi.
Il tentativo di bombardare la città prima via mare, e successivamente con i caccia, sembra a tutt’ora essere fallito. E’ di alcune ore fa la notizia di due piloti che hanno abbandonato un areo diretto a Bengasi, facendolo schiantare. Ammutinamento. Come nel caso dei caccia riparati a Malta o della fregata ritiratasi al largo del Mediterraneo. La situazione incandescente rischia di provocare altre vittime, oltre che danni ingenti alle infrastrutture libiche. Prime fra tutti quelle che garantiscono le forniture di petrolio e gas naturale all’Europa e all’Italia. Roma, dopo i distinguo e i tentennamenti dimostrati nel condannare la mattanza libica, si è allineata alle posizione dell’Ue: stop alle violenze. Berlusconi, che sul rapporto con Gheddafi puntava di ottenere un successo diplomatico internazionale, ha dovuto cambiare marcia.
Il Raìs, pilastro della politica dei respingimenti del Governo, minaccia di far partire più di 300 mila migranti dalle coste libiche. Un disastro umanitario, ma anche una sfida insostenibile per l’Italia. Il regime di Tripoli, come già successo in passato, potrebbe minacciare direttamente il nostro Paese. Nel 1986, per ritorsione al bombardamento americano del suo bunker, a cui Gheddafi sopravvisse avvertito tempestivamente da Bettino Craxi, fece lanciare dei missili che si schiantarono al largo di Lampedusa. Le forze armate italiane, quindi, hanno innalzato lo stato di allerta, pronte ad intervenire per neutralizzare eventuali attacchi libici. Gli aeroporti militari di Trapani e di Gioia del Colle sono in fibrillazione, mentre tre fregate della marina militare si stanno spostando al largo della Sicilia.
Scenari da guerra nel Mediterraneo infuocato dalle rivolte per la libertà. La rivoluzione dei gelsomini ha incendiato la Tunisia di Ben Ali e l’Egitto di Mubarak. Proteste si susseguono in Algeria, Marocco, Bahrein e in molti paesi del mondo arabo. Tuttavia solo nella Libia di Gheddafi la repressione è stata così violenta e sanguinaria. Il regime libico è ormai allo sfacelo, ma il livello dello scontro è talmente alto che si teme per altri bagni di sangue. Il Raìs non è intenzionato a mollare. I libici non vogliono più essere governati da Gheddafi. La rivolta in Libia si sta trasformando in una guerra civile.
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