“Facevo troppi scoop, non riuscivo a far finta di nulla”
Dapprincipio a spingerlo nell’occhio del ciclone fu l’inchiesta televisiva di “Report”, rimasta celebre, in cui si parlava senza troppa riverenza di Mario Ciancio, il potente editore del quotidiano “La Sicilia”, e degli intrallazzi dei politicanti catanesi. Adesso è “Sud”, il quindicinale che ha fondato e diretto per soli sei mesi, e dal quale si è dimesso in questi giorni, a risucchiare Antonio Condorelli, 30 anni, giornalista, collaboratore anche del “Fatto Quotidiano”, in un vortice di veleni in contrapposizione ai suoi ormai ex editori. Antonio, perché ce l’hanno tanto con te? “Perché non mi sono prestato a una strumentalizzazione politica capeggiata dal legale degli stessi proprietari che ha ritenuto di usare la testata per motivi personali”.
A Catania è una storia che si ripete: sarà una coincidenza, ma in questa città, ogni volta che si costruisce una buona iniziativa giornalistica, ecco che qualcuno (spesso dall’interno) la manda in frantumi. Accadde negli Anni ‘80 con il “Giornale del Sud” diretto da Giuseppe Fava. Si è ripetuto nel 2006 con “Telecolor”. Si replica in queste settimane con questo free press d’inchiesta, molto apprezzato dai lettori. Accade dopo sei mesi di inchieste scottanti e circostanziate pubblicate in esclusiva. Ricordiamo quelle che hanno fatto più scalpore. Quella sul presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, inchiesta che ha indotto il procuratore etneo Vincenzo D’Agata a disporre perfino la perquisizione della redazione di “Sud” alla vigilia del pubblicazione del giornale. L’inchiesta sull’assegnazione dell’appalto regionale di cui è titolare il ginecologo Melchiorre Fidelbo, marito della capogruppo del Pd al Senato, Anna Finocchiaro. Quella che ha chiamato in causa il braccio destro di Gianfranco Fini, Fabio Granata, per la copertura di una piscina e la costruzione di alcuni capannoni vicino al Teatro Greco di Siracusa. Quella sul sindaco di Catania, Raffaele Stancanelli… Insomma, Antonio Condorelli ha fatto un giornale aggressivo, senza peli sulla lingua, a trecentosessanta gradi, che non ha fatto sconti né a destra né a sinistra, ed è stato premiato dai lettori. Ma nel momento di maggior successo, qualcuno ha gettato un pugno di sabbia nel motore e lo ha bloccato.
“Quando gli editori mi proposero di dirigere questa nuova testata – racconta Antonio Condorelli – mi diedero carta bianca. Per me, questi mesi sono stati un periodo di tensioni, ma anche di soddisfazioni. Finché, circa un mese fa, abbiamo fatto dei servizi mettendo nel mirino l’assessore al Turismo del Comune di Catania Rita Cinquegrana, che è contemporaneamente Sovrintendente del Teatro Bellini, ed è la moglie di un magistrato del Tribunale di Catania, il dott. Edoardo Gari. A noi la situazione della Cinquegrana è sembrata molto delicata dal punto di vista della compatibilità ambientale dei suoi incarichi: il magistrato Edoardo Gari infatti è il presidente aggiunto dell’ufficio del GIP, l’ufficio che ha decide se rinviare a giudizio o archiviare le indagini sui componenti dell’Amministrazione comunale: sindaco, assessori e così via. A noi è sembrata una vistosa anomalia e l’abbiamo segnalata. Sul sito del giornale, abbiamo sottoposto un sondaggio ai nostri lettori. La domanda era: ‘Rita Cinquegrana deve dimettersi dalle cariche ricoperte?’. Oltre l’ottanta per cento ha risposto di sì”.
Quindi cosa è successo? “Dall’oggi al domani abbiamo visto entrare in scena un’associazione, ‘Amici di Sud’ che utilizzava il nome e il logo del nostro giornale e l’indirizzo della nostra redazione. Questi ‘Amici di Sud’ hanno presentato in Procura un esposto-denuncia sulla presunta incompatibilità del dott. Gari a Catania. Io ho preso immediatamente le distanze da questa iniziativa di cui non sapevo nulla e ho chiesto una riunione con gli editori, per chiarire la loro posizione. Ho chiesto se avessero autorizzato a mia insaputa l’associazione ad utilizzare il nostro logo. Mi hanno detto di non saperne nulla. Ma la sera stessa, aprendo un file di ‘Amici di Sud’, sono risalito a chi c’era dietro”. E cioè? “L’avv. Antonio Fiumefreddo, il legale degli editori”.
Occorre dire che l’avvocato Fiumefreddo è un personaggio noto alle cronache locali. Fra l’altro, è stato il predecessore della Cinquegrana alla Soprintendenza del Teatro Bellini. Fu nominato dell’ex presidente della Regione, Salvatore Cuffaro, che ora sta scontando in carcere una condanna per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra. Al Bellini ricordano Fiumefreddo non come un Soprintendente qualsiasi, ma come un amministratore che dal 2006 al 2010, secondo una denuncia dei sindacati, ha cumulato un deficit di 2 milioni di euro a fronte di spese definite dai sindacati “assolutamente inutili”. La “stagione di Fiumefreddo” al Bellini si concluse dopo interminabili polemiche, dopo un durissimo scontro del Soprintendente con gli artisti, con le maestranze, i sindacalisti, e con il sindaco Stancanelli, che per protesta si dimise dal Consiglio di amministrazione del Teatro.
Il caso Cinquegrana ha guastato il rapporto fra Antonio e i suoi editori. “Dalle incomprensioni iniziali – racconta – si è passati alle ritorsioni personali contro di me e la mia dignità professionale. Invece di stare dalla mia parte, la società editrice ha fatto quadrato attorno a quell’associazione che, senza che io ne sapessi nulla, utilizzava l’immagine del giornale. Quando ho capito che le cose stavano così, mi sono dimesso con una lettera di motivazione”. Nella lettera inviata da Condorelli ai proprietari si legge: “Una testata giornalistica di inchiesta non può diventare simbolo o strumento di associazioni o politicanti che si ripropongono azioni collaterali allo stesso giornale”.
“Da quel momento – prosegue l’ex direttore di “Sud” – è partita una campagna per delegittimarmi pubblicando notizie squalificanti sul mio conto sul sito del giornale, da dove poi sono spariti, guarda caso, un paio di giorni dopo. Sono rimasti giusto il tempo necessario per seminare dubbi sul mio conto”. Cosa sostengono gli editori? “Dicono di essere stati loro ad allontanarmi e mi rivolgono una serie di accuse campate in aria”. Antonio scorre i comunicati che ha collezionato e li legge: “L’utilizzo personalistico e autoreferenziale degli strumenti messi totalmente ed incondizionatamente a disposizione dell’ex direttore non poteva essere tollerato oltre, senza cedere al sospetto che alcune notizie relative a personaggi pubblici siano state puntualmente omesse, con ciò violando il giuramento di assoluta distanza da qualunque posizione politica pretesa dagli editori”.
E tu, cosa rispondi? “Ci sono cose che non meritano risposta, soprattutto se dette da persone che hanno un chiaro intento politico. Ma questo è solo l’inizio. Man mano che andiamo avanti, la macchina del fango cerca di sporcarmi sempre di più”. In che senso? “Leggi cosa c’è scritto qui: ‘Antonio Condorelli è stato allontanato dalla direzione di Sud per fatti gravissimi’. E poi: “Abbiamo sperato che per pudore Condorelli avrebbe scelto una riservatezza che avremmo rispettato unicamente a sua tutela. Invece ha scelto la demagogia e la calunnia per apparire quale vittima sacrificale”.
Quindi? “Nel comunicato successivo si legge: ‘Sud si è liberato di un rischio pericoloso’. Rischio pericoloso! Ti rendi conto? E ancora: ‘Forse tutto questo ha a che fare con le frequentazioni di Condorelli con ambienti politici a noi estranei e da lui tenacemente tutelati a scapito del giornale e dei suoi lettori?’ E non è tutto: ‘Chi ha voluto utilizzare il nostro lavoro e i nostri soldi? Quali sono le reali fonti che utilizza per i suoi scoop?’. E poi la perla finale: ‘Investigazione o prostituzione?’ ”.
 
;Scusa Antonio, a quali ambienti politici hai fatto riferimento? “A nessuno. Ho sempre denunciato tutti indistintamente, nell’assoluto rispetto dei lettori”. Ma avrai pure delle simpatie politiche… “No, non ne ho. Ma come faccio a dimostrarlo? La delegittimazione fa serpeggiare il dubbio che io abbia agito per conto di chissà chi! Catania è una città particolarmente ricettiva a questo genere di operazioni fatte per togliere credibilità alle persone o per condizionarle. Purtroppo questo metodo funziona sempre, o quasi. Ma io non ci sto”.
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