Corte dei Conti: «Intercettazioni importanti per contrastare la corruzione»
La corruzione nel nostro Paese è ormai dilagante, endemica. Un cancro che l’Italia non può permettersi di ignorare. Mancano, tuttavia, gli strumenti adeguati per contrastarla. O meglio, gli strumenti ci sono, ma rischiano di essere indeboliti da alcune iniziative legislative. Prima fra tutte il ddl intercettazioni, la famosa legge “bavaglio”, posta nuovamente al centro del dibattito politico dall’esecutivo. Il monito arriva dalla Corte dei Conti nel corso della cerimonia di apertura dell’anno giudiziario. Per il Procuratore generale della Corte, Mario Ristuccia, le intercettazioni sono: «Uno dei più importanti strumenti investigativi» per contrastare la corruzione.
Il ddl riproposto dal Governo: «Non appare indirizzato ad una vera e propria lotta alla corruzione». Andrebbe ad aggravare una situazioni già difficile. Per la magistratura contabile, infatti, il contrasto a frodi, malaffare e ruberie varie rischia di essere vanificato da leggi come la Cirielli. Questa, dimezzando i termini di prescrizione, ha prodotto il risultato che: «molti dei relativi processi si estingueranno poco prima della sentenza finale, sebbene preceduta da una o due sentenze di condanna». Quanto al processo breve, la Corte auspica che: «Non costituisca un ulteriore ostacolo alla lotta alla corruzione».
Sono quattro i pilastri nella lotta alla corruzione indicati da Luigi Giampaolino, Presidente della Corte dei Conti: «L’etica; la trasparenza attraverso l’uso dell’ICT; la semplificazione; il controllo». Nel sottolineare l’incremento degli interventi della Corte in ambiti sempre più ampi, Giampaolino non ha tralasciato la questione “Grandi eventi”. Ovvero l’intervento sempre più vasto della Protezione civile in ambiti diversi da quelli previsti dalla legge. Una situazione, questa, che ha alimentato un forte e strutturato sistema di corruttele poi sfociato nelle inchieste sulle “cricche”. «La Corte – sottolinea Giampaolinio – ha limitato il perimetro dell’ampia normazione d’emergenza, specificando che non vi rientra qualsiasi “grande evento”, ma solo quegli eventi che, pur se diversi da calamità naturali e catastrofi, determinano situazioni di grave rischio per l’integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell’ambiente dai danni o dal pericolo di danni ».
Le critiche sollevate dai magistrati contabili riflettono una realtà permeata dalla “cultura” della corruzione. Ma anche l’incapacità, o la mancata volontà, della politica a fare la sua parte. Il ddl sulla corruzione, presentato nel marzo del 2010, è scomparso dall’agenda; i trattati internazionali non sono stati ancora ratificati. Intanto, la corruzione continua a “bruciare” decine di miliardi di euro l’anno, alimentando truffatori e mafiosi.
Ai vuoti e ai silenzi della politica risponde, tuttavia, la società responsabile. Lo scorso dicembre Libera e Avviso Pubblico hanno lanciato la campagna “Corrotti”. Una mobilitazione nazionale per chiedere, tra l’altro, che il Parlamento ratifichi i trattati internazionale in materia di contrasto alla corruzione e applichi la norma, inserita nella Finanziaria del 2007, che prevede la confisca dei beni ai corrotti. Obiettivo: un milione di firme per far recuperare allo Stato 50 miliardi di euro l’anno.
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