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Libera Terra arriva anche a Crotone

Di Gaetano Liardo il . Calabria

Innovazione, sperimentazione e volontà di cambiamento. Sono questi gli ingredienti che contraddistinguono quello che è stato definito il “Modello Crotone”. Una progettualità condivis e partecipata per l’utilizzo dei beni confiscati ai boss. Nei 115 ettari di terreno appartenenti al clan Arena, divisi tra Isola di Capo Rizzuto e Cirò, nascerà la seconda cooperativa di Libera Terra in Calabria. «Il “modello Crotone” è la sperimentazione di modi nuovi per arrivare alla costituzione della cooperativa». A parlarne è Antonio Tata, coordinatore di Libera a Crotone. «Abbiamo costituito un’Associazione temporanea di scopo (Ats) per fare da battistrada alla nascente cooperativa, evitando l’abbandono di terreni attualmente coltivati, con il coinvolgimento di tutte le associazioni di categoria locali».

«Diversamente dalle altre realtà dove sono nate le cooperative di Libera Terra, infatti, a Isola e Cirò i terreni sono coltivati», così – sottolinea Tata: «Abbiamo messo insieme le associazioni di agricoltori, la Camera di commercio di Crotone, Libera Terra Mediterraneo, Alce Nero, la Confederazione nazionale agricoltori e numerose altre associazioni per evitarne l’abbandono o la devastazione». «Con la costituzione dell’Ats – sottolinea Tata – abbiamo invertito l’iter con cui si provvedeva a far nascere le cooperative di Libera Terra». «Se nelle esperienze precedenti – aggiunge – si partiva con la costituzione della cooperativa e successivamente con la formazione dei soci, a Crotone abbiamo fatto l’inverso». Si inizierà con la formazione dei possibili soci, percorso sottoscritto recentemente con la Prefettura di Crotone e con l’Agenzia nazionale dei beni confiscati, e successivamente nascerà la cooperativa che gestirà i terreni degli Arena.

«Un modus operandi innovativo che – commenta Tata – ha fatto sperimentare nuove strade per l’assegnazione dei beni sottratti ai boss». Tuttavia, il percorso non è stato facile, e non sono mancati scontri e polemiche. La nascita della cooperativa in provincia di Crotone è stata travagliata. Nonostante l’impegno delle amministrazioni di Isola e Cirò, la cooperativa è vista da parte della popolazione come un tentativo di “colonizzazione”. «La cooperativa – commenta Tata – è vista da alcune realtà del posto come un’imposizione dall’alto. Non tutti hanno colto il fatto che a lavorarci ci saranno giovani del posto. Per alcuni questa reazione è frutto di una cattiva informazione, per altri di malafede».

«Una cooperativa – continua – che nasce in modo trasparente, dove chi ci lavorerà avrà un contratto regolare e diritti garantiti è un fenomeno “estraneo”, una piccola rivoluzione che mette in discussione lo status quo nel mondo del lavoro». Un modello funzionale e innovativo, sicuramente esportabile in altre zone della Calabria, ma anche a livello nazionale. Una strategia partecipativa che, ancora una volta, mette in evidenza la presenza di una sorta di “doppio – binario” nell’affrontare i temi della legalità in Calabria. Da un lato, infatti, c’è un crescente e sempre più coinvolgente movimento antimafia che nasce dalla società responsabile calabrese.

Un binario che vede in prima linea il mondo dell’associazionismo e quello dell’informazione, ma anche settori dell’imprenditoria. Che viaggia spedito come nel caso di  Crotone. A Reggio Calabria c’è la rete di commercianti e imprenditori di “Reggioliberareggio”, che si oppone al racket e che recentemente ha subito l’attacco dei boss con l’agguato nei confronti di Tiberio Bentivoglio.  C’è una nuova generazione di giornalisti calabresi che sta rivoluzionando il modo di fare informazione, e per questo sta pagando un duro prezzo in termini di minacce e intimidazioni. C’è una forte spinta da parte della magistratura e delle forze dell’ordine nel contrasto alle ‘ndrine, a Reggio così come a Crotone, a Catanzaro e nelle altre procure calabresi. Il secondo binario, invece, è quello politico che, salvo poche ma significative eccezioni, o è indifferente o è colluso con il crimine organizzato. Una grande zona d’ombra che è difficile, ma non impossibile, scalfire.  

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