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Processo Rostagno – la diretta

Di redazione il . Progetti e iniziative

Il 2 febbraio scorso ha avuto inizio il processo a carico degli
assassini di Mauro Rostagno, sociologo – giornalista ucciso a Trapani il
26 settembre del 1988. Questo spazio è dedicato alla cronaca in
diretta, realizzata a cura di Rino Giacalone e della rete di Libera
informazione a Trapani, per raccontare 22 anni dopo circostanze, fatti,
memorie e responsabilità in merito al  delitto Rostagno.

In allegato in una nota, la richiesta della costituzione parte civile al processo da parte di Libera informazione. 

I video delle udienze a cura di Salvatore Modica

Le foto delle udienze a cura di Nicola Pollina

L’audio delle udienze del processo (a cura di Radio Radicale)

E’ possibile seguire la cronaca in diretta dal tribunale e consultare materiale inerente a Mauro Rostagno e al caso giudiziario anche sulla pagina Facebook dedicata al processo, continuamente aggiornata da molti volontari, amici e familiari di Mauro Rostagno. La pagina ha raggiunto in un anno più di 4000 utenti. Clicca qui per iscriverti e seguirla.


Una scheda su Mauro Rostagno 
(curata dal giornalista Rino Giacalone)


Mauro Rostagno. Mauro Rostagno nasce a Torino il 6 marzo 1942 da una famiglia umile piemontese e cresce nel quartiere popolare di Corso Dante; suo padre è un operaio della Fiat e sua madre una casalinga. Dopo la maturità scientifica va a lavorare in fabbrica e nel 1960, a soli 19 anni, sposa una ragazza di poco più giovane dalla quale avrà una bambina, Monica. Pochi mesi dopo il matrimonio, lascia la moglie e si trasferisce prima in Germania poi in Inghilterra, dove si mantiene con lavori umili. Si sposta ancora una volta in Francia, dove convive con una donna parigina, ma nel corso di una manifestazione viene arrestato e rimpatriato. Decide di stabilirsi a Trento, e si iscrive alla facoltà di Sociologia.  Negli anni della contestazione studentesca si afferma presto come leader del movimento giovanile, e in quel contesto conosce Adriano Sofri, Marco Boato e Renato Curcio con i quali dà vita al movimento politico “Lotta Continua”, nel 1969. L’anno successivo si laurea con una tesi su “Partiti, sindacati e movimenti di massa in Germania”, ottenendo il massimo dei voti. Viene nominato segretario regionale di Lotta Continua per la Sicilia, e avvia una serie di viaggi per la regione in cerca di consensi, prendendo parte attiva alle lotte dei senza casa. Nel 1977 conosce Chicca Roveri, con la quale rimarrà per 17 anni. Dalla loro unione nasce Maddalena.  Lo stesso anno, in seguito alle scissione interne, esce dal gruppo di Lotta Continua e si trasferisce a Milano, dove dà vita all’esperimento di “Macondo”, centro culturale antiproibizionista, che nel 1978 finisce al centro delle indagini della polizia per spaccio di stupefacenti, e viene chiuso. Rostagno viene arrestato, e rimarrà in carcere per un mese. Rimesso in libertà, parte per l’India con la compagna e l’amico Francesco Cardella, dove si unirà al gruppo degli “Arancioni” del guru Osho, e dove resterà per due anni con il nuovo nome di Anad Sanatano. Nel 1981 rientra il Italia, e con Chicca e Francesco si stabilisce a Trapani, dove fonda la comunità “Saman”, inizialmente centro di meditazione poi comunità di recupero per tossicodipendenti.  Nel 1986 viene chiamato a lavorare presso l’emittente “Radio Tele Cine” insieme ad alcuni ragazzi del suo centro, dalla quale animerà telegiornali di forte accusa contro la mafia locale, gli intrecci massonici e politici, gli affari sporchi della regione. Nell’estate del 1988 riceve una comunicazione giudiziaria in merito all’omicidio del commissario Luigi Calabresi nel quale sono coinvolti alcuni ex militanti di Lotta Continua. Memorabile resta un suo intervento in tv durante il quale dichiarando che le accuse erano infondate e che la colpevolizzazione era frutto di una campagna di stampa, concludeva chiedendo di venire subito sentito dal magistrato inquirente. Non farà in tempo a deporre, perché il 26 settembre 1988, mentre sta tornando a casa da lavoro, un commando lo raggiunge alla guida della sua auto e lo uccide in contrada Lenzi, dove ha sede la comunità “Saman”. Quando viene assassinato, Mauro Rostagno ha 46 anni. I pentiti anni dopo racconteranno di lui in questa maniera, “era na camurria”, una scocciatura da eliminare col piombo.

L’omicidio e le indagini. Il delitto mafioso fu la pista percorsa immediatamente dagli inquirenti in particolare dalla Polizia. Ma successivamente presero piede ipotesi sostenute dai carabinieri che portavano lontano dalla mafia. Non considerata per anni è rimasta la circostanza del delitto, otto mesi dopo quello di Rostagno, del cadavere di un tecnico dell’Enel, Vincenzo Mastrantoni: costui era l’autista del boss mafioso Vincenzo Virga. Mastrantoni aveva tolto l’energia elettrica nella zona, la sera del delitto.

L’omicidio e le indagini. Di fatto non c’è mai stata una iniziativa giudiziaria ferma e decisa. Per anni solo voci si sono agitate attorno al delitto, come quelle sulle connessioni col delitto del commissario Luigi Calabresi come se Rostagno fosse custode di segreti ed era intenzionato a denunciare gli ex compagni. Ma queste voci sono risultate infondate e spesso alimentate per mera strumentalizzazione non solo politica. La procura di Trapani, nel 1996, ipotizzò, ottenendo dal gip una ordinanza di misura cautelare, che il delitto potesse essere maturato all’interno di Saman, per contrasti interni, suscitando forti polemiche. Inviò mandati di cattura ad alcuni ospiti della comunità, individuati come esecutori materiali del delitto, a Cardella come mandante (che si rifugiò in Nicaragua) e ad essere arrestata fu anche Chicca Roveri, compagna di Rostagno, accusata di favoreggiamento. Una indagine che è stata completamente archiviata. Soprattutto quando cominciarono ad emergere sul finire degli anni ’90 alcune dichiarazioni di collaboratori di giustizia sulla matrice mafiosa del delitto. Oggi c’è un processo in corso dinanzi la Corte di Assise di Trapani con imputati due conclamati mafiosi, Vincenzo Virga, come mandante, e Vito Mazzara come esecutore. Un’altra indagine è in corso presso la Dda di Palermo sugli scenari del delitto, sul movente. C’è l’ipotesi che Rostagno potesse avere scoperto un traffico di armi, o ancora la forte presenza della massoneria deviata nel territorio trapanese e siciliano, con frequenti passaggi del gran maestro della P2 Licio Gelli. Scenari che raccontati anche da alcuni cronisti, vedono forti connessioni tra mafia, massoneria, settori istituzionali come i servizi segreti, scenari che fanno da comune denominatore sia alle ipotesi del traffico di armi sia alle articolazioni della massoneria. Ipotesi che vertono si fatti veri e accertati, come la presenza non di routine della base di Gladio a Trapani. L’ipotesi di un traffico di armi coperto dai servizi segreti compiuto negli anni 80 sembra coincidere con gli affari e gli scambi scoperti in Somalia dalla giornalista Ilaria Alpi. Uno dei personaggi di questa storia si chiamava Vincenzo Li Causi, era lui il capo della struttura Sismi Gladio a Trapani, anche lui verrà ucciso in Somalia. Altro soggetto rimasto avvolto dal giallo è Guseppe Cammisa, ospite della Saman, originario di Campobello di Mazara, imparentato con boss mafiosi, braccio destro dell’ex guru della Saman Francesco Cardella, Cammisa è stato anche lui in Somalia per conto di Cardella e in periodo successivo al delitto Rostagno, una inchiesta giornalistica lo indica anche come uomo di Gladio. Struttura di Gladio che a Trapani avrebbe usato come basi logistiche due dismessi aeroporti militari. Ma forte e concreta sembra l’ipotesi che l’azione di denuncia antimafia di Rostagno potesse dare fastidio alla trasformazione della mafia in quegli anni che si apprestava a diventare sempre più impresa. Che è lo scenari
o di oggi dove la mafia non spara più, si è sommersa, come si dice, e controlla diverse società dell’economia e dell’impresa, come testimoniano alcuni cospicui sequestri e confische. Ma il tratto più marcato che spiega il delitto è quello relativo alle cronache giornalistiche fatte da Rostagno. I riflettori erano puntati sui boss, sul capo mafia di Mazara Mariano Agate, su delitti eccellenti come quello del sindaco di Castelvetrano Vito Lipari, estate 1980. Secondo la Procura di Palermo, per le testimonianze di alcuni pentiti, l’ordine di morte arrivò a Virga da Castelvetrano, da Francesco Messina Denaro, morto nel 1998, padre dell’attuale super latitante Matteo Messina Denaro che non è escluso che possa avere parte all’agguato, lui che con Vito Mazzara imbracciò la lupara per uccidere nemici interni a Cosa nostra.

Il processo. Il processo è in corso dal 2 febbraio dell’anno scorso. Ad oggi si sono svolte meno di 30 udienze, attualmente sono le difese a citare i testimoni, i pm hanno completato i loro esami testimoniali. Una fase che ha visto in particolare l’audizione di numerosi pentiti, e le ripetute testimonianze di ufficiali e sottufficiali dei carabinieri, Dalle loro testimonianze sono emerse lacune e contraddizioni che hanno comportato anche la citazione più volte di alcuni testi. Incredibilmente si è scoperto che personaggi che Rostagno considerava comne fonti per la sua attività giornalistica avrebbero avuto il compito di marcare Rostagno per acquisirne notizie. Incredibilmente si è scoperto che le testimonianze rese da Rostagno a proposito di massoneria deviata e presenza di Licio Gelli nel trapanese sono rimaste non considerate per la conduzione delle indagini. Addirittura due confronti il maresciallo dei carabinieri Cannas ha dovuto sostenere con Chicca Roveri e Carla Rostagno, occasioni nelle quali il sottufficiale ha smentito le confidenze sul delitto. Scene che hanno lasciato senza parole molti di quelli che seguono il dibattimento; esaltanti sono rimaste invece le testimonianze di due dirigenti di polizia, Rino Germanà e Giuseppe Linares a capo, in tempi diversi, della Squadra Mobile. Germanà fu quello che prese con decisione la pista mafiosa e però l’ipotesi fu incredibilmente scartata. Linares ha il merito di avere riaperto nel 2007 le indagini quando queste sembrava stessero per andare in archivio.Scoprì che mai era stata fatta una comparazione dei bossoli trovati sulla scena del delitto con quelli di altri omicidi, antecedenti e successivi, saltarono fuori coincidenze con delitti per i quali era stata condannato all’ergastolo il boss Vito Mazzara. 

Da qui ha preso spunto il dibattimento che oggi è ancora in corso.
A seguire i link alle cronache e gli articoli a cura di Rino Giacalone

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