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Presunte torture in carcere al boss Condello

Di Anna Foti il . Calabria, Emilia-Romagna

Le accuse sono gravissime e arrivano a colpire lo stato di Diritto, il rispetto della dignità dell’uomo. Presunte torture attraverso scariche elettrice nei confronti di un uomo in uno dei luoghi più a rischio di emarginazione ed esclusione, il carcere. Torture attraverso scariche elettriche, seppur a basso potenziale, nei confronti di un uomo, Pasquale Condello, 60 anni, detto il Supremo arrestato a Reggio Calabria nel 2008 dopo diciotto anni di latitanza, ritenuto il numero uno della ‘ndrangheta dopo l’arresto di Giuseppe Morabito ‘U Tiradrittu’ e detenuto presso il carcere di Parma in regime di 41 bis. Ritenuto il mandante dell’assassinio di Lodovico Ligato, ex presidente delle Ferrovie dello Stato, avvenuto dell’agosto del 1989, Condello è stato condannato a 4 ergastoli e 22 anni di reclusione, e dal 1993 era ricercato in campo internazionale.

Il suo fu un arresto eccellente per il ruolo rivestito all’interno delle guerre di ndrangheta ma di cui ha risposto e risponde nelle sedi opportune e che per nulla deve incidere, e guai se fosse il contrario, sui trattamenti da riservare in stato di detenzione. Depositato, invece, dal suo difensore Francesco Calabrese nell’ambito del processo ‘Vertice’ incardinato presso la Corte di Appello di Reggio Calabria, un diario clinico agghiacciante per analizzare il quale la Procura, nella persona del Sostituto Francesco Mollace ha chiesto un termine, e che riferisce di una presunta sottoposizione nella stessa cella a un flusso di corrente continua notte e giorno che procurerebbe a Pasquale Condello malessere generale, disturbi della vista e dell’udito. Lui stesso afferma di essere “bombardato” da onde elettromagnetiche che avrebbe accertato con l’esperimento dell’ago da cucito avvicinato al capo. Questa sarebbe la prova che la sua cella è attraversata da flussi di corrente, scariche elettriche e magnetismo che ‘gli procurano – si legge nel diario – malessere e disagio vissuti come senso di tortura nei suoi riguardi”.

Al momento presentati gli esposti alle Procure di Reggio e Parma, oltre che all’amministrazione Penitenziaria e al Ministero di Giustizia. Intanto il segretario generale del sindacato Autonomo della Polizia Penitenziaria, Giovanni Battista Durante interviene per fugare ogni dubbio e invocare verifiche da parte degli organi competenti. ‘Nessuna tortura e nessun trattamento disumano sono mai stati praticati nel carcere di Parma come in ogni carcere italiana’, ha dichiarato Giovanni Battista Durante, segretario Generale del Sappa, sindacato autonomo della Polizia Penitenziaria Fuori la verità, incalza il Sappe che nega ogni responsabilità degli agenti penitenziari, impegnati costantemente nella salvaguardia dell’incolumità e della dignità dei detenuti. ‘Siamo noi i primi a pretendere verifiche e accertamenti, affinchè questa accuse vengano destituite di fondamento e la collettività nutra fiducia in noi’.  La civiltà di una comunità si misura proprio negli angoli più nascosti della società, quelli più distanti dalle ribalte. Il carcere è tra questi, dunque luce sia fatta al più presto.

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